[27/04/2007] Rifiuti

E la Toscana si muove, via alla mappatura

LIVORNO. E´ oggi l´ultimo giorno utile per enti, aziende, agenzie presenti in Toscana entro il quale compilare le schede dell´Arpat per segnalare la presenza di amianto. Anche negli edifici aperti al pubblico. Il progetto, una vera e propria mappatura della presenza di amianto nella nostra regione di cui greenreport ha già parlato, è stato predisposto dall´Arpat e approvato nel giugno scorso dalla Regione Toscana, su iniziativa degli assessorati all´ambiente e alla salute.

Obiettivo generale quello di ricercare i siti caratterizzati dalla presenza di amianto, per poi evidenziare quelli da bonificare. Il progetto prevede fra l´altro anche una mappatura dell´amianto friabile presente in edifici pubblici o aperti al pubblico (ad esempio Regione, province, comuni, provveditorati, aziende sanitarie e ospedaliere, ecc.) che sono proprio quelli che la legge prevede come prioritari.

La natura dei materiali contenenti amianto- spiega l´Arpat - permette una classificazione del rischio di esposizione: l´amianto compatto, reperibile in materiali che possono essere frantumati solo mediante supporto di attrezzi meccanici (pinze o altro), e l´amianto friabile, reperibile in materiali per i quali la semplice pressione delle dita può provocare la liberazione di fibre e polvere nell´aria. Quest´ultima categoria - specifica l´Agenzia - rappresenta ad oggi il principale elemento di rischio per la popolazione.


Nei giorni scorsi sono partite oltre 17.000 lettere contenenti le schede che appunto entro oggi dovranno essere compilate e inviate per posta ordinaria o per e-mail, ovvero compilandole direttamente online all´indirizzo http://www.arpat.toscana.it/amianto.
Insieme ad Arpat il lavoro è stato affidato anche al Sira (Sistema Informativo Ambientale della Toscana) che sta curando la realizzazione della Banca Dati e della relativa georeferenziazione al fine di supportare al meglio le esigenze conoscitive circa la distribuzione territoriale dell´Amianto.

Sono almeno tre - spiega sempre lArpat - i buoni motivi per cui è giusto compilare la scheda: perché la sicurezza sul lavoro deve costituire una delle principali priorità per ciascun lavoratore; il rischio di esposizione ad amianto, in particolare, è esteso anche a tutti i frequentatori dei locali nei quali esso è impiegato; perché gli effetti dell´esposizione ad amianto possono manifestarsi molti anni dopo l´esposizione stessa; conoscere la natura dei materiali e bonificare gli ambienti costituisce pertanto un beneficio non solo per noi, ma anche per le generazioni immediatamente future; perché la conoscenza della distribuzione di amianto nella nostra regione permetterà allo Stato e agli Enti locali interventi mirati alle reali situazioni di rischio, diminuendo i tempi di attesa e diffondendo una più precisa conoscenza dei rischi, spesso sovrastimati o sottostimati. L´instaurarsi di un rapporto collaborativo, inoltre, permette alle strutture preposte di compartecipare le proprie conoscenze tecnico-scientifiche per una gestione più oculata ed economica del problema amianto.

L´iniziativa della Regione è importante in particolare perché ha come fine quello di bonificare intanto le strutture aperte al pubblico.
Ovvero cercare di risolvere il problema alla fonte e non a valle, ovvero a danno fatto con risarcimenti a chi si è ammalato o potrebbe ammalarsi. Solo così si potrà davvero dare un contributo a fermare una striscia di morti il cui numero vale più di tante parole: 619 tra il 2001 e il 2006 (dati Inail).

Come ricordiamo anche nell´articolo precedente, da quando l´amianto è stato messo al bando in Italia (legge del 1992, decreto applicativo nel 1994) quasi tutti i finanziamenti sono stati indirizzati al risarcimento del danno, cosa buona e giusta, ma se accanto non si lavora sulle bonifiche (e sulla corretta ri-collocazione a discarica) il rischio è purtroppo di proseguire chissà per quanti anni a fare la conta dei morti e dei risarcimenti.

Va ricordato come buon esempio nazionale, le bonifiche dei vagoni dei treni fatte e completate a Livorno dalla Seal - in collaborazione con la Regione Toscana e con le Ferrovie - a partire dal 1994. Dopo di che nel 1998 l´Arpat predispose un piano e nel ´99 lo fece la Regione Toscana, ma poi più niente. Solo qualche intervento a spot. Probabilmente proprio per assenza di fondi. Ora finalmente si ricomincia. Ma la strada da fare è tanta.

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