[02/05/2007] Comunicati

Global warming, tra urgenze dell´oggi e soluzioni tecnologiche del dopodomani

LIVORNO. Venerdì dovrà essere approvato a Bangkok il terzo capitolo del rapporto Ippc in cui si andranno a delineare le azioni da mettere in campo per evitare la catastrofe climatica e i costi necessari a sostenerle.
Gli interventi previsti dai 2.500 scienziati riuniti sotto l’egida dell’Onu, necessiteranno di investimenti sino al 3% del pil mondiale, in accordo quindi con quanto già individuato anche nel rapporto Stern, che indicava la cifra dell’1%. Ma la novità è il fatto che tra le azioni di medio periodo indicate dagli scienziati dell’Ipcc, vi siano oltre al gas per il periodo di transizione e alle energie rinnovabili – in particolare le biomasse - anche il nucleare e il carbone con sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 prodotta.

Tecnologia che ancora non è annoverata tra quelle immediatamente disponibile ma in corso di studio, così come il nucleare di quarta generazione, che se va bene potrà essere disponibile non prima del 2030. Quindi molto a ridosso della dead line del 2050, che fa da termine temporale di riferimento per le previsioni sui probabili scenari climatici dovuti al surriscaldamento del pianeta, che gli stessi scienziati ammettono essere già in atto ad oggi. Come a dire si individuano tecnologie non ancora pronte per contrastare un fenomeno di cui ormai si valutano gli effetti.

«Nei prossimi 15 anni dobbiamo trovare delle soluzioni non solo per sostituire il nucleare, che per me è finito, ma anche il petrolio» dice il premio Nobel Carlo Rubbia sul sito del ministro Pecoraro Scanio, sottolineando l’urgenza di trovare soluzioni alternative all’utilizzo di fossili.
Ma non sarà tanto il ricorso al nucleare il vero tema in discussione, quanto -ancora una volta - gli scenari da tenere a riferimento e gli impegni per porvi rimedio.

«L’Ipcc non ha i muscoli - ha detto il presidente del comitato Rajendra Pachauri - possiede solo la materia grigia. I muscoli deve metterceli qualcun altro» alludendo al fatto che la scienza ha svolto i compiti affidatigli e che adesso è la politica a dover intervenire. Ma serviranno comunque i muscoli agli scienziati dell’Ipcc per contrastare il braccio di ferro che già si delinea nella fase di stesura del rapporto, già ampiamente criticato dalla Cina, che ha trovato un facile alleato negli Stati Uniti.

Oggi gli Stati Uniti producono circa un quarto delle emissioni mondiali di anidride carbonica e di altri gas responsabili del riscaldamento globale e le emissioni dei gas a effetto serra cresceranno negli Usa dai 7,7 miliardi tonnellate del 2000 a 9,2 miliardi di tonnellate nel 2020 (+19,5%), secondo un rapporto presentato recentemente al presidente Bush.

E anche la Cina si approssima ad essere ormai tra i maggiori produttori di anidride carbonica, se si considera che - rispetto ai valori del 1990 - le emissioni di CO2 sono cresciute del 33% al 2000, a confronto della crescita del 13% rilevata per gli Usa (dati Wwf ndr), ma non lo è invece se si considera la produzione procapite delle emissioni di gas serra. Il dato relativo alla Cina è infatti di 3,9 tonnellate di Co2/procapite contro le 24 tonnellate di Co2 che spettano ad ogni americano.
Un rapporto abbastanza analogo al pil procapite: fatto 100 il pil di ogni americano espresso in dollari, quello di un cinese è infatti ancora ad 11,4 (tabella relativa al 1998 modificata da Maddison, 2001, ndr).

E quindi se da una parte è concepibile la reticenza espressa dalla Cina nell’impegno a contrastare le emissioni di CO2, per fermare il trend del surriscaldamento del pianeta, dato che ancora è assai distante dal garantire lo sviluppo economico all’intero paese, lo è assai meno da parte degli Usa, dove si tratterebbe al più di rivedere i modelli e gli stili di vita. Un programma nemmeno poi così difficile, considerando anche il fatto che ormai l’82% degli americani crede ai cambiamenti climatici, secondo un sondaggio commissionato e divulgato a gennaio da Fox News, una dei network statunitensi dalle posizioni più conservatrici.

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