[07/05/2007] Consumo

Latouche: Per ridurre i flussi di materia va rivisto l´intero sistema economico

LIVORNO. Da oltre un mese anche l’Italia ha la sua borsa emissioni, frutto di estenuanti battaglie per l´applicazione del protocollo di Kyoto, finalizzato alla diminuzione delle emissioni che creano l´effetto serra. Ma c´è chi storce il naso alludendo alla "mercificazione di beni comuni come l´aria”. Noi siamo partiti da questo dubbio per rivolgere una serie di domande a Serge Latouche (nella foto), professore di Storia del pensiero economico all´Università di Parigi XI. È il teorico della decrescita.
 
«C’è un po’ di malintesi su questo punto – spiega - come si parla di mercato dei diritti  a inquinare, si pensa che equivalga adire trionfo della mercificazione, ma non è totalmente esatto. Per avere un mercato delle emissioni si deve determinare tecnicamente la quantità disponibile e i limiti di emissioni di gas effetto serra, per questo il mercato delle emissioni è solo un meccanismo per rendere più facile la riduzione dell’inquinamento. Casomai si può dire che in Europa hanno determinato una quota troppo alta di emissioni e per questo il prezzo della tonnellata di carbonio è troppo basso. Ma in generale non si deve confondere la mercificazione con l’uso del meccanismo, cioè il Mercato con la M maiuscola con questo meccanismo di mercato con la m minuscola».  
 
Dato che il mercato è una realtà (quale che siano i giudizi su di esso) non ritiene che sia un necessario e inevitabile passaggio quello di "piegarlo" ad azioni di mitigazioni altrimenti impossibili da imporre in altro modo?
«Penso di sì, anche perché questo meccanismo della vendita dei diritti a inquinare introduce il surplus, evitando il ricorso a metodologie più drastiche come la proibizione totale ad inquinare. Inoltre esistono da sempre delle ecotasse e ce ne saranno ancora di più che sono finalizzate proprio all’orientamento del mercato».
 
Sul rapporto tra ambiente ed economia, come legge le richieste di alcune multinazionali americane e non solo, che chiedono ai governi regole certe sul fronte delle emissioni?
«E’ facile pensare che alcune imprese abbiano interesse a non avere limiti e altre invece sì, per esempio le imprese di assicurazioni perché devono pagare sempre di più. Si tratta di imprese che lavorano in settori che sono vittime dei cambiamenti climatici ed è interessante che queste multinazionali chiedano per esempio a Bush di aderire al Protocollo di Kyoto. Non a caso invece tra le più importanti lobbies che tentano di fermare uno sviluppo più sostenibile, ci sono quelle del petrolio e dell’automobile. Per questo non ci si può affidare solo al gioco degli interessi economici».
 
Mentre in tutto il mondo, destra e sinistra si confrontano su come accelerare la crescita economica, lei sostiene la decrescita. Per quali motivi?
«Chi vuole perpetuare la crescita economica fa credere che sarebbe compatibile crescere e contemporaneamente salvare l’ambiente, siamo arrivati a un momento in cui si vede benissimo che è la crescita economica che distrugge l’ambiente e distrugge anche la società».
 
L’argomento utilizzato dai sostenitori ad oltranza della crescita economica illimitata, anche di qualità, è che altrimenti non ci sarebbero risorse da ridistribuire e di ciò ne soffrirebbero i più deboli e i meno abbienti. Lei crede che questo pericolo sia inesistente?
«Questa è una truffa. La crescita dell’Occidente ha distrutto il sud del mondo. Non dico che nei Paesi più poveri prima vivessero benissimo, ma almeno non conoscevano la miseria attuale. Questa crescita fa crescere sempre di più le disuguaglianze ed è una regione di più per uscire da logica della crescita.  Naturalmente decrescita non vuol dire che nel sud non dove crescere la produzione del cibo, ma come sostentamento e non come ingranaggio per una crescita illimitata».
 
Ultimamente una parte della sinistra ha cominciato a mettere in discussione sia il concetto che la prassi della crescita (intesa unicamente come aumento del Pil), e addirittura qualche ambientalista storico giudica fatuo e datato questo dibattito. Almeno da quando gli ambientalisti hanno cercato di introdurre in economia la seconda legge della termodinamica. Lei cosa ne pensa?
«Questa sarebbe una scelta di buon senso. Come ha spiegato Georgescu Roegen l’economia non si svolge in un mondo astratto, ma subisce le leggi della fisica reale e per questo si deve cambiarla. Bisogna fare bioeconomia, cioé introdurre l’economia in un ragionamento di sostenibilità ambientale».
 
Mentre per l´energia, in rapporto al global warming, si va affermando la necessità di politiche (e pratiche) più sostenibili, sul versante della minimizzazione dei flussi di materia siamo quasi all´anno zero. Cosa ne pensa e cosa si può fare per cominciare a ragionare anche di risparmio di materia?
«Non è un caso che si parla solo di energia, perché attraverso il petrolio è oggi l’elemento più strategico. E’ però relativamente facile concepire energie alternative, che consentono comunque di non cambiare il sistema e continuare a produrre e consumare nello stesso modo. Invece se si vuole ragionare di risparmio di materia, bisogna rivedere interamente la logica del sistema che ci obbliga a consumare sempre di più sulla base di tre condizioni: attraverso la pubblicità che spinge a consumare anche di cose di cui non si ha bisogno. Attraverso l’obsolescenza programmata, per cui si butta via i prodotti perché oggi nessuno ripara più, in quanto costa di più dell’oggetto nuovo. Terzo punto, attraverso il credito al consumo, che spinge a spendere e ad indebitarsi sempre di più.
Per ridurre davvero i flussi di materia si dovrebbe internalizzare le diseconomie esterne, cioè far pagare alle imprese produttrici il costo dello smaltimento, così che sarebbero costretti a diminuire l’uso delle materie primarie, nei prodotti, nei processi, negli imballaggi».
 
Da ieri sera Nicolas Sarkozy è il nuovo presidente della Francia, nel suo programma si rilancia il nucleare. Lei che ne pensa?
«Questa vittoria di Sarkozy è una tragedia totale per me, perché dal punto di vista dell’ambiente tutto il suo programma ricalca la logica di quello di Bush: anche se dice di voler introdurre tasse sul carbone, vedremo se lo farà, rilancia il nucleare pensando di risolvere i problemi della crescita ancora una volta con la crescita illimitata».

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