[09/05/2007] Rifiuti

Rifiuti speciali: la Cassazione chiarisce

LIVORNO. La Corte di cassazione con la sentenza n. 10362 del 7 maggio 2007, ha accolto il ricorso di una società che produceva pellicole fotografiche, nei confronti del comune di Martinsicuro, che aveva recuperato il tributo che la società si rifiutava di pagare perché, provvedeva in proprio allo smaltimento, trattandosi di rifiuti industriali.

Il tema è di quelli particolarmente spinosi: si tratta infatti di stabilire se nel caso di rifiuti prodotti in ambito urbano da aziende e, quindi di rifiuti speciali, che spettano come responsabilità di smaltimento ai produttori, il comune possa o meno trattarli come fossero urbani, chiedendo quindi il corrispettivo in termini di tassa (o di tariffa) a chi li ha prodotti. Questo anche se poi nei fatti il comune quei rifiuti non li gestisce e quindi il produttore deve provvedere in proprio al loro smaltimento attraverso contratti con aziende private, pagando quindi due volte.

E il tema si presta anche alla considerazione della opportunità di avvalersi da parte dei comuni della possibilità di assimilare i rifiuti speciali agli urbani, assumendone in questo caso un diritto di privativa per la loro gestione.

«Come va interpretata allora questa sentenza?/b> Lo abbiamo chiesto a Paola Ficco (Nella foto), direttore della rivista Rifiuti e docente di legislazione europea all’Università della Sapienza di Roma

«La sentenza della Cassazione conferma il principio di fondo espresso dal punto 1.1.1. della delibera del 27 luglio 1984, che afferma che i rifiuti prodotti in aree industriali non sono assimilabili agli urbani. La sentenza dimostra che nonostante si facciano le leggi, giuste o sbagliate che siano, purtroppo c’è sempre l’interpretazione personale o addirittura personalistica di chi quella legge non la condivide sino a che non si pronuncia la Cassazione a ripristinare il principio di fondo.
La sentenza dimostra infatti il principio che i rifiuti non sono più assimilati “ope legis” (di diritto ndr) se non c’è delibera comunale e che alcune aree non possono essere soggette a questa procedura, come appunto le aree industriali».

La sentenza può avere anche un valore retroattivo, rispetto a quanto fatto sino ad ora da molti comuni?
«La sentenza della Cassazione è la legge tra le parti. Nel senso che interviene tra le parti in giudizio e non ha efficacia ergo omnes; quindi in termini di risarcimento vale essenzialmente per quanto è stato deciso nel caso specifico. Tuttavia rappresenta un principio giurisprudenziale importantissimo che deve essere tenuto nella debita considerazione dai comuni nel momento in cui formano i ruoli».

Quindi vuol dire che non tutti i soggetti possono rivalersi sui comuni?
«No, questo non è possibile, deve però informare le azioni dei comuni perché sulla base di questo principio, che fa giurisprudenza, possono essere intentati ricorsi. Poi la situazione va vista caso per caso. Dato che non tutte le aree possono essere soggette alla assimilazione e ripeto, le aree industriali non sono soggette alla assimilazione, si può sempre trovare il soggetto privato che si può trovare in disaccordo . Quindi è possibile che vi siano ricorsi, ma va valutato caso per caso».

Ma quindi i comuni che hanno operato avvalendosi della possibilità di assimilare i rifiuti speciali a quelli urbani, assumendo nei fatti un diritto di privativa, possono temere azioni di rivalsa?
«Dipende da come hanno operato sulla assimilazione E’ dal 1984 che i rifiuti prodotti nelle aree industriali non sono assimilabili: nonostante la tariffa operata sul punto dell’assimilazione dalle leggi che ne sono seguite siamo, nei fatti, fermi alla delibera del 27 luglio 1984. Il fatto è che ci sono comuni che non condividendo la legge, l’hanno interpretata a loro piacimento, mentre se un legge non è condivisa può certamente essere cambiata, ma solo con gli strumenti legittimi. La Cassazione non ha fatto altro che applicare la legge».

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