[11/05/2007] Consumo

Neuromarketing e retail design

LIVORNO. L’importante è vendere. La ripresa dei consumi del resto non è interesse solo di chi vende, ma anche di molti politici e opinionisti che vedono in essa una delle leve per rilanciare l’economia. E quindi da più parti si richiama ad esempio la necessità di reinvestire i fondi derivati dall’extragettito fiscale (il cosiddetto tesoretto) in misure atte ad aumentare il potere d’acquisto delle famiglie, proprio per rilanciare i consumi.

Aiutati in questo dal mercato finanziario che da anni opera con offerte di credito che permettono, anche a chi ha problemi ad arrivare a fine mese con lo stipendio, di comprare. Con risultati, dal loro punto di vista, sicuramente soddisfacenti, dato che il credito al consumo continua a crescere ed ha fatto registrare un +11,9 % nel 2006, con una cifra erogata pari a 52,8 miliardi di euro.

Da parte del mondo imprenditoriale d’altronde, non è una novità il fatto che il settore marketing si adoperi per far sì che i consumatori siano sempre più invogliati a comprare. Di tutto.

E per farlo si usano tecniche sempre più sofisticate che si avvalgono non solo delle scienze classiche del marketing - ovvero il design industriale, la pubblicità, le ricerche di mercato e la sociologia - ma adesso anche della psicologia, impiegata adesso per invogliare allo shopping. Da un servizio pubblicato su Mente & cervello di questo mese, si evidenzia infatti che le tecniche da applicare a supermarket e concept store stanno sviluppando e dilatando le tecniche della psicologia. Retail design si chiama questa materia che partire dalla psicologia del consumatore si occupa di ridisegnare i punti vendita: dalle luci, agli odori e alla musica diffusi, dalla disposizione dei prodotti, al packaging, all’architettura del percorso all’interno del negozio. Neuromarketing si chiamano queste tecniche di vendita.

I punti vendita di marchi famosi, ma anche i classici supermercati, si stanno quindi trasformando in luoghi dove si entra non tanto per l’esigenza di fare un determinato acquisto, ma come luoghi dove si va apparentemente a fare altro, salvo poi uscire con lo shopper pieno.

L’obiettivo è infatti quello di far acquistare, anche se non se ne ha reale necessità. E nonostante il moltiplicarsi degli impegni ( come abbiamo scritto anche ieri) ad implementare nelle merci la cifra della sostenibilità e quindi a ricercare tecnologie per innovare in questa chiave prodotti, merci e processi, la progressione dei volumi di materie prime immesse al consumo ha come conseguenza (non come contraddizione) una aumento finale di materia scartata. Con buona pace delle invettive, degli auspici e degli annunci.

Torna all'archivio