[21/05/2007] Rifiuti

Rifiuti, Facchi: in Campania, senza il ritorno della politica, non se ne viene fuori

LIVORNO. Quasi una burla il fatto che ieri a Napoli fosse una domenica ecologica! Con 3mila tonnellate di rifiuti sparsi per le strade, un rogo che viene appiccato ogni dieci minuti e che costringe le squadre dei vigili del fuoco ad intervenire per evitare il peggio, ma che non riesce ad evitare che i fumi pestilenziali di gas nocivi (compresa la diossina in quantitativi difficilmente misurabili) si liberino per l’aria.

Ma oltre ai sacchetti di immondizia, ad essere infuocato è anche il clima: quello politico, con il continuo equlibrismo all’interno del governo tra Prodi e Pecoraro e con le dimissioni di Bertolaso più volte inoltrate (e respinte anche oggi dal premier Romano Prodi); quello istituzionale, con molti sindaci che dichiarano di voler rimettere il loro mandato nelle mani del presidente della Repubblica; quello civile, con intere popolazioni in rivolta che si danno il testimone man mano che vengono annunciati possibili siti di smaltimento e che hanno ricevuto ieri la solidarietà dell’intera rete nazionale dei comitati rifiuti zero, e che in 6mila hanno sfilato per le strade di Napoli con Oreste Scalzone in testa; quello religioso, con vescovi come Nogaro e il padre comboniano Zanotelli, che ha vissuto anni in missione tra i diseredati di Nairobi e che da mesi guida la protesta dei campani. Tutti in rivolta contro tutti e nella piena incapacità di poter garantire l’organizzazione dello svolgimento dei servizi primari, qual è quello della raccolta dei rifiuti dalle strade, garantendone, almeno, una loro corretta e controllata collocazione in discarica.

Un´enorme confusione da girone d’inferno dantesco da cui sembra sempre più lontana la possibilità di una soluzione e che, al di la del merito del problema, allude ad un vero e proprio spappolamento dei poteri dello stato e delle sue articolazioni così come ad una incapacità assoluta, da parte dei movimenti di cittadini, ad andare al di la della denuncia ed affermare un briciolo di capacità di proposte alternative quanto cogenti.

Ne abbiamo parlato con Giulio Facchi, che è stato uno dei protagonisti del commissariamento della Campania, come subcommissario a fianco di Bassolino dal 2000 al marzo 2004.

Facchi, non le sembra che le connotazioni che sta assumendo questa vicenda siano più da studi sociologici che da tecnici della gestione dei rifiuti?
«L’ho sempre detto e sostenuto che fosse necessario fare una analisi anche dei caratteri sociali del contesto. L’ho sempre ritenuto e l’ho anche scritto nella relazione che mandammo a Berlusconi dopo le dimissioni di Bassolino. L’emergenza in Campania ha delle ragioni che sono strutturali e che rendono l’emergenza all’ordine del giorno. I rifiuti sono, alla fine, la risultanza delle caratteristiche di una società sia come qualità che come quantità. Ma quello che è stato fatto in questi anni è stato di banalizzare sul fatto che il problema fosse solo quello di prendere provvedimenti, senza cercare di lavorare anche sugli aspetti sociali e da lì è nata, secondo me, anche la sconfitta della politica. Catenacci prima e Bertolaso poi hanno fatto credere che l’accentramento dei poteri fosse la soluzione in un sistema che coinvolge il cittadino come primo anello di una catena industriale che è quella della gestione dei rifiuti, del loro riciclaggio ecc. Pensare di applicare una normativa con l’uso dei poteri forti è folle. Serve consenso e partecipazione».

Ma adesso la società civile sembra impossibile da coinvolgere.
«Che è una situazione folle e schizofrenica è evidente. Nel 2001, 2002 la Regione ha vissuto un emergenza che nei numeri era anche più forte di quella di adesso: ci siamo trovati a dover gestire 650.000 tonnellate di rifiuti senza soluzioni di fronte. Questo perché avevano sequestrate le vecchie discariche e non c’erano ancora nuovi impianti pronti. Abbiamo gestito tra il 2001 e il 2003 2,5 milioni di tonnellate, in tutti modi: con stoccaggi, fuori regione, in Germania . Ma il rapporto con i cittadini era diverso, c’erano ugualmente disagi ma c’era anche comprensione. C’era una maggiore coscienza che si stava andando verso un sistema diverso da quello solito e poi la gestione dell’emergenza era fatta in modo che fosse il meno visibile possibile, per tentare di sdrammatizzarla. Invece da un po’ di tempo a questa parte partendo dal fatto che più sei in emergenza , più hai più poteri, se ne fa una gestione mediatica. E a questo punto chi sta giocando questa guerra ha bisogno di un emergenza sempre più esplosiva per avere più poteri».

C’è comunque anche il fatto che dopo anni di pazienza tra i cittadini sarà cresciuta anche la sfiducia e l’esasperazione, no?
«Sì, c’è naturalmente anche il fatto che quando agli inizi del 2004 si è scoperto che quello sforzo era stato inutile, si è andata accrescendo una demoralizzazione. Perché si è scoperto che gli impianti che erano considerati risolutivi in realtà, per tutti i problemi che sono sorti nella gestione di Fibe, risolutivi non lo erano affatto. L’elemento più grave, che è stato un errore politico- e l’ho ripetutamente detto a Bassolino è che in quegli anni fu anche demonizzata la discarica in modo incredibile. Dopo che ai cittadini hai detto che discarica è il diavolo e gli hai lasciato i rifiuti in strada per fare impianti, adesso come fai a dirgli che gli mandi l’esercito per fare discariche. E poi c’è stato in questi anni un atteggiamento della politica e dei media nell’affrontare il problema rifiuti più scandalistico che sostanziale, che ha fatto sì che la società civile si staccasse ancora di più dalle istituzioni».

Se non vi fossero anche delle esperienze positive che si sono realizzate in Campania, verrebbe da dire che in quella regione è impossibile gestire i rifiuti e che quindi andrebbero portati, per assurdo, da qualche altra parte.
«Infatti non è vero che sia impossibile, ci sono anche realtà che hanno impostato raccolte differenziate molto bene, con ottimi risultati e che hanno capito che nella gestione dei rifiuti le raccolte differenziate da sole non bastano e che servono impianti. Adesso pesano molto gli errori fatti nel passato. E poi è ora di finirla di dire che è la camorra che non vuole impianti. C’è la conferma negli atti del provvedimento giudiziario in corso, che una serie di denunce che io e Legambiente abbiamo fatto erano centrate. E confermano che ogni qualvolta ci sono investimenti la camorra è pronta ad entrare».

Ma secondo lei come se ne esce?
«Se non si ritorna alla politica non se ne viene fuori. È talmente profonda la crisi che anche persone che hanno svolto un ruolo positivo, inserite in un sistema schizofrenico come quello campano e di questa gestione commissariale, non possono che produrre situazioni schizofreniche».

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