[21/05/2007] Parchi

Parchi e pianificazione in Toscana

PISA. Speriamo che con Terrafutura si torni a parlare di pianificazione anche delle aree protette. Sono stati finora troppi i silenzi e troppe anche le semplificazioni sulle quali è il momento di tornare e non solo a proposito di episodi più o meno ‘scandalosi’. Recentemente, tanto per fare un esempio significativo, si è parlato anche sulla stampa nazionale del progetto che riguarda l’erosione costiera nel parco della Maremma. Senza entrare nel merito si può dire che anche interventi che nulla hanno a che fare con la cementificazione pongono delicate questioni anche e soprattutto in aree a forte protezione. Sul sito Eddyburg in questi giorni è stato intervistato Vezio de Lucia a proposito delle note vicende della Val di Cornia.

Ciò che colpisce non è tanto la critica ai progetti previsti quanto il fatto che non ci si è chiesti perché pur in presenza di un’Anpil e di un Parco molto sui generis presentato anche recentemente come un parco ‘super’, quell’area sia oggi così a rischio. Tanto che a Legambiente per contrastare quanto bolle in pentola non è restato che attaccarsi alla presenza di un Sic e ricorrere alla ‘autorità’ di Bruxelles. Verrebbe da dire che in mancanza di meglio ci si attacca al tram (sia pure comunitario). Ora se ci si prendesse la briga come si dovrebbe fare in presenza di situazioni così emblematiche di ‘indagare’ meno frettolosamente scopriremmo senza troppa fatica almeno un paio di cose.

Scopriremmo – anzi dopo Montichiello avremmo la conferma chiara e netta - che le Anpil in molti casi servono più come foglie di fico che altro. Screditando peraltro quelle Anpil che invece fanno bene il loro mestiere dotandosi, ad esempio, di un regolamento che la legge attualmente non prevede. Ecco quindi una buonissima ragione per rivedere un testo che ha più di 10 anni e che dovrebbe favorire la crescita di aree protette – non finte - nella maglia locale. Una crescita che dovrebbe consentire anche ad aree di modesta dimensione di raccordarsi a quel sistema regionale di parchi nazionali e regionali chiamato oggi a nuove impegnative prove e ruoli anche nazionali.

Ma la vicenda della Val di Cornia – come abbiamo accennato - colpisce anche per un altro aspetto. Non si era ancora spenta l’eco delle lodi di quel parco presentato come efficentissimo proprio in quanto estraneo alla normativa impacciante della legge quadro che il mondo gli è cascato addosso mostrandone tutta la fragilità – verrebbe anche qui da dire-l’imbroglio. Si, perché troppe Anpil al pari di parchi piuttosto fasulli mostrano alla prova impegnativa dei fatti che senza disporre di strumenti ‘speciali’ in certe realtà particolarmente pregiate e complicate mal si governa.

Ma qui casca l’asino. Anzi cascò già con la legge n.1 del 2005 sul governo del territorio che sostanzialmente ha ‘ridimensionato’ il ruolo pianificatorio dei parchi. Quel che è seguito con il PIT e il PRAA non ha migliorato sostanzialmente il quadro tanto appare sfuocato e sbiadito –persino a fronte di taluni ‘scandali’ - il ruolo dei parchi e delle aree protette che –tanto per fare un solo esempio -la tutela del paesaggio l’avevano scoperta e soprattutto se ne erano fatte carico già ai tempi di Cederna, molto prima quindi di tanti comitati.

Questo preoccupante appannamento è dovuto – bisogna dirlo e ripeterlo- alla convinzione sbagliatissima che ormai non hanno più giustificazione (ricordo taluni interventi dell’ex assessore Franci) pianificazione ‘speciali’. Argomento che è alla base del resto -tanto per citare un caso- del decreto che ha sconquassato la legge 183 e il ruolo dei piani di bacino. Insomma tutto – o quasi - è riconducibile in buona sostanza all’urbanistica.

Ora qui ci sono due passaggi ugualmente impegnativi e decisivi; la nuova legge nazionale sul governo del territorio e il nuovo codice sulle autonomie. Qui si gioca una partita decisiva anche per i parchi e i bacini idrografici.

Nella primo perché le pianificazioni speciali non sono puramente e semplicemente riconducibili ai piani di settore, ma vanno ad integrare e ‘arricchire’ proprio sotto il profilo ambientale la pianificazione ‘ordinaria’. C’è semmai da superare la norma che prevede per i parchi addirittura due piani che oggi vanno unificati non solo per ragioni di semplificazione ma di sostanza; le tutela della biodiversità e della natura passa oggi principalmente da nuove politiche economiche sia che si tratti della pesca o della forestazione o dell’agricoltura.

Nel secondo caso per evitare veri e propri sconquassi come quello ipotizzato per l’Upi da Cirelli Irelli che pensa di ricondurre i piani dei parchi e di bacino al controllo delle province. Riesce difficile capire come un piano che incrocia e non coincide con nessun confine amministrativo possa essere poi riportato ad ‘unità da un livello istituzionale che non sia la regione. Non si tratta di uno scenario futuribile ma di scadenze politico-istituzionali estremamente ravvicinate alle quali anche la nostra regione deve dare un suo contributo serio. Tanto più nella prospettiva di una nuova Conferenza nazionale sulle aree protette che se non vorrà ridursi ad una inutile passarella dovrà costituire un punto di approdo anche per il nostro impegno a partire appunto dalla discussione sulla revisione della nostra legge regionale sui parchi e le aree protette.

Torna all'archivio