[22/05/2007] Energia

L´autore dell´atlante dell´eolico spiega a greenreport il potenziale italiano

LIVORNO. «Secondo gli studi che abbiamo a disposizione il potenziale eolico della Toscana è meno diffuso rispetto ad altre regioni del centro sud e del sud in particolare, ma per stabilire con certezza se in un’area ben specifica ci sia vento a sufficienza, servono analisi specifiche che di solito vengono presentate dalle stesse imprese che intendono realizzare un impianto».

Parole di Gabriele Botta, ricercatore del Cesi, research leader del progetto “Energie Rinnovabili” e autore (insieme a Corrado Ratto del’Università degli Studi di Genova dipartimento di Fisica) dell’Atlante eolico dell’Italia. L’Atlante è stato citato in questi giorni dal comitato per un eolico sostenibile che sta raccogliendo le firme nella zona della Valdicecina con l’obiettivo, dicono, «di sollecitarne una regolarizzazione» degli impianti stessi. Da qui lo spunto per approfondire la questione con Gabriele Botta, che abbiamo intervistato.

Botta, qual è il potenziale eolico della Toscana?
«E’ meno diffuso di quanto non sia al sud. Vado a memoria ma ritengo che le aree più interessanti siano quelle delle creste appenniniche, mentre nelle zone pianeggianti come dicevo il potenziale non è molto alto».

Quale margine di errore c’è nei dati dell’Atlante e come vengono fatte le misurazioni?
«Le misurazioni sono ottenute sulla base di estrapolazioni anemometriche e con modelli matematici. Le stime di incertezza metodologica ci sono, infatti per essere veramente certi della potenzialità di un’area servono studi specifici nell’area stessa. Sull’Atlante ci sono le previsioni, poi può accadere che in un determinato luogo si scopra che c’è più o meno vento di quello appunto previsto. Quando un’impresa intende realizzare un impianto prima fa uno studio specifico sull’area».

Ma secondo lei è possibile che un’impresa voglia fare un impianto dove il vento non c’è o ce ne è poco?
«Evidentemente l’interesse economico-tecnico discende da una valutazione di bilancio tra introiti e costi. Se la producibilità è bassa, i benefici saranno ridotti. Le valutazioni vanno fatte caso per caso. Può darsi che in un’area dove potenzialmente non c’è molto vento ce ne sia però abbastanza per realizzare comunque un impianto».

L’Italia in generale, stando al vostro atlante che ricordiamo è consultabile su www.cesiricerca.it, è tra i paesi con meno potenziale in Europa.
«Il potenziale italiano è abbastanza ricco su alcune creste appenniniche del centro sud e del sud in generale. Dove sono stati installati finora gli impianti stanno dando risultati significativi. In altre parti d’Europa questo potenziale è più alto, penso alle isole britanniche, al mare del nord o in Spagna, dove le correnti atlantiche forniscono condizioni assai buone. Tornando all’Italia, localmente sui rilievi ci possono essere situazioni interessanti. Diciamo che il potenziale italiano è distribuito a macchia di leopardo».

E sulle potenzialità dell’eolico off shore avete lavorato?
«Sì, la mappa completa è sempre sul nostro sito internet, ma c’è da considerare che qui le misurazioni sono ancora più incerte, perché molto più scarse, se non quasi inesistenti, sono le valutazioni fatte. Quelle fatte sono state ottenute in modo indiretto, attraverso satelliti o simili».

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