[24/05/2007] Rifiuti

Cent´anni di plastica, utile e indistruttibile: appunto!

LIVORNO. La plastica compie cent’anni, ma non li dimostra. Perché una delle sue caratteristiche peculiari è proprio quella di essere indistruttibile. Scoperta per sbaglio nel 1907 da un ricercatore americano, prima la bakelite e poi nel proseguo degli anni i diversi polimeri che sempre dalla stessa materia prima, ovvero il petrolio, sono stati man mano derivati, hanno cambiato le abitudini dei cittadini di tutto il mondo.

Nel nostro paese il boom della plastica si può associare al sorriso di Gino Bramieri che in un Carosello, sulla tv ancora in bianco e nero, tesseva le lodi delle bacinelle in materiale sintetico con la battuta “e mò e mò, moplen” parafrasando appunto il nome del materiale moderno con cui erano fatte. Oltre ai vantaggi effettivi e immediati di maggior maneggevolezza, praticità e durevolezza , il successo di questo nuovo materiale genericamente indicato come plastica (anche se in realtà nell’ambito delle plastiche sono tantissimi e diversi i polimeri) era legato proprio al simbolo di modernità che evocava. Erano gli anni del boom economico, gli albori del consumismo. Ma ben presto ai vantaggi della plastica si cominciarono ad associare - seppur all’inizio in maniera piuttosto silenziosa - anche i problemi ad essa legata.

Primo fra tutti la non biodegradabilità e quindi la persistenza nell’ambiente nel quale veniva smaltito per un tempo difficilmente calcolabile. Successivamente, in particolare al Pvc (Pivinilcloruro) che è stato uno dei polimeri di base più utilizzati e che tuttora a livello mondiale supera i 20 milioni di tonnellate di produzione, si associarono anche gravi problemi sanitari, soprattutto a livello dei lavoratori addetti alla produzione. Tanto che sulla base di queste correlazioni è stato costruito uno storico processo per strage ai vertici dell’Enichem (ex Montedison) di Porto Marghera. Che non ha però – almeno per ora, purtroppo – riconosciuto le ragioni degli operai morti per un raro tipo di tumore.

Tornando ai problemi ambientali, se è vero che una delle caratteristiche delle materie plastiche è la loro durevolezza, è anche vero che un ciclo di vita seppur variabile a seconda dei polimeri e dei prodotti finali, ce l’ hanno anche loro.
Per questo e per il fatto che l’utilizzo è stato ampio e versatile, la commissione europea nel 2000 ha messo a punto un libro verde proprio sul pvc. Partendo dalla stima di un ciclo di vita medio superiore ai trenta anni e dal fatto che questi prodotti hanno raggiunto una considerevole quota di mercato negli anni settanta-ottanta, e che il principale impiego (57%) è stato nel settore edilizio, si prevede che intorno al 2010-2020 aumenteranno in maniera significativa le quote dei rifiuti in pvc da smaltire.

La stima del libro verde si basa sui dati di produzione dei rifiuti in pvc a livello europeo nel 1998, pari a circa 5,5 milioni di tonnellate, cui corrispondono 3,6 milioni di tonnellate di rifiuti provenienti dal circuito del post-consumo, 1 milione da quello delle costruzioni e demolizioni e circa altrettanti dal settore imballaggi, e se ne prevede un aumento dell’80% circa attorno al 2020.

Il libro verde individua ed analizza quindi in dettaglio una serie di questioni riguardanti il Pvc e il suo impatto sull´ambiente. In particolare si sofferma sulla gestione dei rifiuti ed emerge che ancora una volta il principale canale di smaltimento è la discarica, una quota minima va a incenerimento e un’altra ancora più residua è destinata al riciclaggio meccanico, dove i bassi costi della materia prima continuano ad essere ancora una volta un forte fattore di competizione. Tanto che nel libro verde si calcola che i potenziali massimi di riciclaggio potranno raggiungere tassi del 18% al 2020, ovvero appena un quinto dei rifiuti a fine ciclo di vita, mentre i sistemi di smaltimento continuerebbero a rivestire un’importanza fondamentale. Con tutti i problemi ad essi connessi.

Torna all'archivio