[24/05/2007] Energia

L´Italia e il nucleare: c´è qualcosa che non torna

LIVORNO. Adesso la notizia è ufficiale. La Gran Bretagna ha rotto gli indugi e ha deciso di riaprire all’energia prodotta dall’atomo. Per far fronte agli impegni di riduzione delle emissioni di Co2 e ad una potenziale crisi energetica dovuta al calo delle scorte di greggio nel mare del Nord.

Nell’allegato al libro bianco sulla futura politica energetica nazionale, che naturalmente prevede anche virtuosi obiettivi per l’utilizzo di energie rinnovabili, il ministro dell’industria Alastair Darling ha infatti dichiarato che il governo ha raggiunto la decisione che "l’energia nucleare è nel pubblico interesse e che si debba permettere alle società energetiche di investire nel settore". Finalmente si svela come la Gran Bretagna pensa di raggiungere non solo la quota della riduzione del 20% delle emissioni, obbligatoria per i paesi europei, ma quell’obiettivo assai ambizioso del 60% dichiarato in modo volontario dal governo Blair.

Del resto a livello europeo si è chiuso l’accordo dei vertici di stato e di governo di marzo, rimettendo alle decisioni dei singoli stati la possibilità o meno di ricorrere a fonti nucleari per produrre energia elettrica senza emissioni di Co2. Già quella scelta pilatesca, ma forse ancor più questa apertura britannica e le già dichiarate intenzioni del nuovo presidente Sarkozy di non perdere quote sul nucleare da parte della Francia (che con il 78% di energia prodotta è ai primi posti a livello europeo)potrebbero rimettere in moto spinte, più o meno latenti, di revisionismo delle scelte fatte negli altri paesi. A partire dalla Germania che aveva scelto, nel primo mandato Schroder, una lenta ma ferma uscita dal nucleare, orientando la propria politica energetica sulle rinnovabili.

Revisionismi che tornano a ritmi costanti anche in Italia, dove da più parti si cerca di rimettere in discussione la scelta referendaria del 1987 che ha portato il nostro paese ad uscire dal nucleare, ma che nei fatti non ha impedito alle aziende italiane di continuare ad investire in quel settore.
Una a caso l’Enel che non potendolo fare a casa propria ed essendo anche sollevata dal peso di dover provvedere al decommissioning delle centrali fermate dal referendum, investe nei paesi dell’Est. In particolare in Slovacchia, dove ha partecipato alla realizzazione della centrale di Mochovce adesso di sua proprietà. In pratica nonostante la scelta di starne fuori il rischio che sembrerebbe delinearsi è quello di non fare ricorso all’energia nucleare in casa, ma di praticarla invece fuori dai confini.

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