[25/05/2007] Comunicati

Il Mediterraneo è malato di petrolio

GENOVA. Legambiente ha presentato il dossier "L´inquinamento da idrocarburi nel Mediterraneo” e il direttore dell’associazione, Francesco Ferrante, ha detto che «il Mediterraneo rappresenta un bene prezioso, ricco di ecosistemi, di storia e di tradizioni, che unisce comunità e Stati, un patrimonio su cui si basa, e sempre più si potrà basare, il futuro di intere comunità, dall´Europa sino all´Africa e al Medio Oriente. E´ fondamentale però un impegno per la salvaguardia dell´ecosistema marino plurale e a tutto campo, dal monitoraggio all´informazione alla popolazione, da provvedimenti legislativi di organismi internazionali alle azioni individuali per sua la tutela, fino ad una sempre più pronta risposta all´intervento tempestivo in caso di incidente in Italia come all´estero. Un´opera di sensibilizzazione e tutela, che evidentemente non può limitarsi ai confini nazionali, ma che deve inserirsi in un contesto di tutto il Mar Mediterraneo».

I numeri forniti da Legambiente sull’impatto dell’uomo nel Mediterraneo sono impressionanti: «584 città, 750 porti turistici e 286 commerciali, 13 impianti di produzione di gas, 180 centrali termoelettriche, 82 porti petroliferi e altrettante raffinerie, le coste del Mar Mediterraneo sono fra le più antropizzate al mondo. Dei 400 milioni di abitanti di venti Stati che si affacciano sul mare nostrum, circa 130 milioni vivono nelle aree costiere. Un´antropizzazione che lascia ferite profonde a un mare unico al mondo, dove esistono circa 150 Aree a Protezione Speciale e 17 Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea, con un´estensione complessiva di 9 milioni di ettari».

Ma il pericolo più grande rimane il 20% del traffico petrolifero mondiale:ogni giorno il Mediterraneo è attraversato da 2.000 traghetti, 1.500 cargo e 2.000 imbarcazioni commerciali, di cui 300 navi cisterna, 340 milioni di tonnellate di greggio all’anno, 8 milioni di barili al giorno, con circa 60 incidenti marittimi all´anno, 15 dei quali con sversamenti di petrolio e di sostanze chimiche.

«Secondo l´Unep Map - dice Legambiente - ogni anno nel mar Mediterraneo finiscono da 100 a 150.000 tonnellate di idrocarburi. Quantità impressionanti che sono purtroppo confermate dalla densità di catrame pelagico riscontrata nel mare, con una media di 38 milligrammi per metro cubo, la più alta del mondo. Le zone più a rischio d´incidente a causa dell´intenso traffico marittimo, sono gli stretti di Gibilterra e di Messina, il canale di Sicilia e gli avvicinamenti allo stretto di Çanakkale, nonché vari porti, tra cui Genova, Livorno, Civitavecchia, Venezia, Trieste, Pireo, Limassol/Larnaka, Beirut ed Alessandria».

L´Italia è la nazione mediterranea con più raffinerie, 17, e di porti petroliferi, 14, da dove transitano e vengono lavorati 2.300.800 barili al giorno, un quarto del greggio di tutto il Bacino.

Per Legambiente bisogna assolutamente fermare «la consueta pratica di scarico delle acque di sentina e di lavaggio delle cisterne anche attraverso l´adozione di misure che rendano più conveniente lo scarico presso i depositi costieri e più rischioso e svantaggioso il lavaggio a mare. Altrettanto importante è poi obbligare le petroliere a dotarsi di equipaggi professionalmente più preparati e imporre il divieto di navigazione alle navi che trasportano sostanze pericolose e inquinanti in condizioni meteo marine particolarmente avverse. Infine è necessario estendere anche al combustibile di bordo la copertura assicurativa in caso di incidenti e imporre un obbligo di adeguamento a livello costruttivo delle cisterne che contengono il bunker».

A Genova è sto anche presentato il nuovo manuale "Il Volontariato di Protezione Civile nella lotta agli inquinamenti accidentali della costa da idrocarburi" «realizzato dai massimi esperti italiani del settore - spiega Simone Andreotti di Legambiente - che sarà tradotto e diffuso in tutto il mondo per esportare l´importante know how della Protezione civile italiana, affinché possa contribuire ad accrescere l´impegno internazionale che da anni si sta compiendo per fronteggiare questo tipo di minacce. Un´attività che non poteva non vedere l´Italia in prima linea, vista anche la significativa quantità di greggio che il nostro Paese importa e i tanti chilometri di costa pregiata e delicata che possiede».

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