[29/05/2007] Aria

Contabilizzazione della vita umana, tumori e costi del risanamento ambientale

LIVORNO. Una inchiesta pubblicata sull’ultimo numero de L’Espresso lascia pochi margini di dubbio: in Italia crescono in maniera strabiliante i casi di tumore, anche tra i bambini, e uno dei fattori che contribuisce almeno per il 50% a questo incremento è senz’altro la contaminazione ambientale diffusa ormai a livello paese. La concentrazione più alta degli aumenti si registra in particolare in 54 aree, in cui insistono ben 311 comuni, ma il dato ormai agghiacciante è che non esistono più zone franche, perché al traffico e all’inquinamento siamo esposti tutti e se a questo si sommano abitudini e stili di vita poco salubri, come il fumo, allora i rischi diventano di centinaia di volte superiori.

Una situazione assolutamente preoccupante, anche alla luce dei fondi necessari per rimuovere le cause di questo problema, cioè quelle ambientali, a partire dalle aree da sottoporre a bonifica. Fondi che, secondo quanto riportato dal settimanale ammonterebbero a ben 25 miliardi di euro.

Ne abbiamo parlato con Roberto Bertollini, direttore dell’ufficio europeo Ambiente e salute dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Una quadro davvero preoccupante quello che emerge della situazione sanitaria del nostro paese in relazione all’inquinamento ambientale, dati che l’Oms conferma?
«Io credo che ovviamente i dati presentati che sono una rivisitazione di studi e ricerche fatte e già note, diano senza dubbio un quadro significativo del fatto che l’inquinamento ambientale, non solo in aree specifiche ma anche ormai in maniera diffusa, è correlato al danno sulla salute. Sarei un po’ cauto sui dati in aumento su casi particolari di tumori e sui tumori del bambino e a partire da questi credo sia necessario fare ulteriori approfondimenti. Ovvero verificare tutte le ipotesi alternative compreso un migliore registrazione e una migliore diagnosi che potrebbero in parte spiegare questo aumento. Ciò non significa che il dato vada sottovalutato ma analizzato con grande cura. E soprattutto che il risanamento non debba esser preso con carattere di urgenza».

Ecco, sul risanamento si parla di cifre stratosferiche per poterlo attuare, ma non sarebbe comunque da interpretare anche come una spesa necessaria per prevenire ulteriori aumenti di patologie?
«Io credo che bisogna uscire dalla falsa dicotomia tra la spesa che occorre per evitare le cause ambientali e quelle sanitarie, e il fatto che il costo del risanamento sia esorbitante è un falso ragionamento. Se andiamo a valutare anche solo le spese sanitarie che sono attribuite alla malattie legate all’inquinamento, si scopre che hanno un valore elevato e a volte anche superiore. Noi per conto della Commissione europea, nel 2005, all’interno del progetto denominato Cafe (Clean air for Europe) abbiamo fatto dei calcoli generici che hanno a che fare con i costi della mortalità legata all’esposizione di polveri Pm10. In Italia questo costo è stimato tra i 9 e i 23 miliardi di euro all’anno e si riferisce ai 12.000 morti l’anno, complessivamente considerati, ovvero basati su stime effettuate sul piano nazionale e non solo sulle grandi città.
Mentre il costo stimato in 5 miliardi all’anno fa riferimento alla malattie correlate alla riduzione dell’attesa di vita media di circa 9 mesi, attribuibili all’inquinamento».

Ma come si arriva a fare queste stime, sono solo i costi sanitari?
«No, nei costi si contabilizzano non solo i costi sanitari, ma anche ad esempio i costi sociali, il patrimonio legato al capitale umano, ecc. Per quanto riguarda ad esempio il valore statistico attribuito ad una vita persa, gli economisti gli attribuiscono un valore pari a 2 milioni di euro. Anche se per certi versi può essere discutibile utilizzare valori statistici per una vita umana, credo che che però siano efficaci a dare un idea di quanto sia davvero un falso problema parlare di costi astronomici per il risanamento ambientale».

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