[30/05/2007] Comunicati

Bologna: l´infotainment indebolisce la scienza dell´ecologia

LIVORNO. In un faccia a faccia su La Repubblica, tra il professor Umberto Veronesi, oncologo di fama internazionale, e il premio nobel per la fisica Carlo Rubbia, il primo sostiene che per intervenire in maniera significativa sul taglio delle emissioni di anidride carbonica è necessario pensare di costruire almeno dieci centrali nucleari per produrre energia elettrica. Rubbia risponde che invece non è così e che si potrà trovare «un equilibrio tra la produzione di energia e i mutamenti climatici».
Per analogia in realtà il fisico Carlo Rubbia avrebbe dovuto rispondere con una ricetta per sconfiggere il cancro.

Il tema non è infatti tanto il fatto se l’oncologo Umberto Veronesi, abbia personalmente una opinione pro o contro un sistema energetico piuttosto che un altro, ma il fatto che su questioni energetiche si chieda a lui quale possa essere la soluzione. Così su quale crede sia il modo più corretto di gestire i rifiuti.

E’ sempre più diffusa infatti ormai la tendenza ad utilizzare testimonial non tanto per poter veicolare meglio una informazione o per divulgare un concetto complesso, ma per fare analisi di situazioni complesse e trovarne le soluzioni a problemi di cui il personagggio non ha alcuna esperienza nè formazione concreta. Basti vedere, ad esempio, come anche sullo spinoso e complesso tema della gestione dei rifiuti sono ormai in molti i presunti “esperti” che vengono sentiti e che appartengono a diverse discipline scientifiche o artistiche o dello spettacolo, ma che non hanno mai visto un impianto o gestito 1 kg di rifiuti.

Proviamo a pensare il contrario. Ovvero che ad esperti di gestione dei rifiuti o a analisti delle questioni ambientali, venga ad esempio chiesto quale è la tecnica migliore per curare una particolare tipologia di cancro o come tenere sotto controllo l’ipertensione. Molto probabilmente se interrogati su questo risponderebbero che non è la loro professione e che dunque, se possono esprimere un´opinione certo non possono farlo con sufficiente cognizione di causa.

Insomma quello che sembra accadere con sempre più frequenza è che la proiezione mediatica e la spettacolarizzazione di un determinato problema producano informazione sempre più avulsa dalle basi concrete.
Ne abbiamo parlato con Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia.

Il “testimonial” è stato importante per l’ambientalismo perché ha fornito una leva, spesso efficace, per divulgare concetti altrimenti complessi, ma adesso siamo forse di fronte alla spettacolarizzazione dell´ambientalismo che distorce il suo rapporto con le basi scientifiche?
«A me sta molto a cuore il fatto che vi sia un rapporto forte dell’ambientalismo con il mondo scientifico. E credo che vada recuperato perché negli ultmi anni invece c’è stato un impegno sempre più evidente dell’ambientalismo nella politica, che gli ha fatto perdere il ruolo che aveva nella scienza. Intesa nella sua dimensione epistemologica.
E adesso credo più che mai nella dimensione di un ambientalismo moderno correlato con la scienza. Spesso invece per atteggiamenti sbagliati da parte di un ambientalismo molto poco incline a studiare i fondamenti e a saper leggere la complessità delle dinamiche naturali, si sono avute reazioni di fastidio da parte del mondo della scienza nei confronti dell’ambientalismo. Ricordo in questo senso che vi fu una fase critica negli ultimi mesi dello scorso governo Prodi, in cui alcuni grandi nomi della scienza, penso a Tullio Regge, Boncinelli, Garattini, Veronesi, hanno avuto una reazione di fastidio nei confronti di un ambientalismo che era molto politico e poco scientifico, da cui nacque Galileo 2001 e a cui poi venne una risposta ben netta e chiara da parte di altri grandi nomi del mondo scientifico con Scienza e ambiente 2002, dove si davano risposte specifiche basate su dati scientifici ad altrettante questioni che Galileo 2001 aveva posto alla base della visone oscurantista dell’ambientalismo».

Quindi lei crede che all’origine di questo vi sia una responsabilità dell’ambientalismo?
«Sì, di un ambientalismo che non è più preparato, che non legge i rapporti ma si fida del dibattito che ne scaturisce sulla stampa. Che non va alla fonte. Vorrei sapere in quanti hanno letto il rapporto finale dell’Ipcc. Un documento che invece va letto, perché è alla base di quella sfida che aspetta l’ambientalismo.
Se la cultura non viene espressa in maniera molto forte la politica ti avvinghia. E credo che vi sia bisogno di una dimensione culturale e scientifica nuova. Noi, intendo noi ambientalisti, dovremmo essere i portatori del grande cambiamento. Dobbiamo trovare il modo di far emergere ciò che abbiamo acquisito dalla scienza e utilizzarlo per dare risposte, non possiamo andare avanti con l’opinionismo politico».

E come spiega però il fatto che vi siano uomini di scienza che assumono questo ruolo di opinionisti anche su temi che non sono loro consoni? Come appunto oggi il prof. Veronesi che da una ricetta sulle questioni energetiche?
«Io credo che vi sia una serie di persone preoccupate da una serie di questioni su cui non pensano di aver avuto risposte convincenti e che quindi si facciano trascinare su posizioni che sembrano loro sicuramente più convincenti. Su questo la lobby nuclearista è ad esempio molto forte.
Se ci fosse un ambientalismo capace di dire: caro Veronesi queste sono le risposte alle tue domande sulla base di quanto la scienza dice, allora sarebbe diverso. Intendo dire l’ambientalismo dovrebbe avere una cultura da premio Nobel. Invece sempre più ha scelto di misurarsi con la politica per cercare di piegarla ai temi dell’ambientalismo ma quello che è successo è che invece di legittimare la scienza dell’ecologia, l’ha indebolita».

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