[31/05/2007] Rifiuti

Demolizioni auto, mancano gli impianti per riciclare i materiali

ROMA. I demolitori di autoveicoli si sono riuniti in un’associazione (Assodem) adererendo poi a Fise Unire, l’unione delle imprese di recupero di rifiuti. Assodem rappresenta già un centinaio di aziende del comparto della demolizione veicoli, che in Italia è regolato dal Dlgs 209/03 “Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso”, che disciplina la corretta gestione dei rifiuti del veicolo e favorisce il reimpiego dei componenti suscettibili di riutilizzo; il riciclaggio dei componenti non riutilizzabili e dei materiali (se sostenibile dal punto di vista ambientale) e altre forme di recupero come il recupero energetico.

Per ogni operazione la legge fissa degli obiettivi percentuali del peso medio per veicolo e per anno, da raggiungere entro il 2006 e il 2015.
Entro il 1° gennaio 2006, per i veicoli fuori uso prodotti a partire dal 1° gennaio 1980, la percentuale di reimpiego e di recupero doveva per esempio essere pari almeno all’85% del peso medio per veicolo e per anno e la percentuale di reimpiego e di riciclaggio per gli stessi veicoli di almeno l’80%. Mentre per i veicoli prodotti anteriormente al 1° gennaio 1980, la percentuale di reimpiego e di recupero doveva essere almeno al 75% con una percentuale di reimpiego e di riciclaggio pari almeno al 70 % del peso medio per veicolo e per anno.
Guardando invece al futuro, la normativa prevede che entro il 1° gennaio 2015, per tutti i veicoli fuori uso la percentuale di reimpiego e di recupero dovrà essere pari almeno al 95 % e la percentuale di reimpiego e di riciclaggio almeno all’85%.

Ma come sta oggi il mercato della demolizione auto nel nostro Paese? In Italia vengono demoliti ogni anno oltre 1.300.00 veicoli e recuperate 1 milione di tonnellate di materiale destinate dal riciclo, ma gli obiettivi dell’85% del 2006 per il recupero sono stati raggiunti? E qual è la prospettiva per il 2015?
Ne abbiamo parlato con il presidente di Assodem Michele Cutolo, impreditore campano.

«Ci troviamo vicino agli obiettivi prefissati per il 2006, manca un 2%, ma siamo comunque in linea con i paesi europei. La tecnologia di separazione delle parti da recuperare che non è arrivata al top e la mancanza di impianti di recupero specializzati nelle varie tipologie dell’auto, contribuiscono al non pieno raggiungimento del 85%. In realtà in Italia gli impianti ci sono, ma non hanno una capillarità diffusa e quelli che ci sono hanno costi elevati. Se ci fosse più concorrenza il mercato sarebbe più avviato. Con ulteriori innovazioni delle tecnologie utilizzate per il recupero pensiamo di arrivare all’95% entro il 2015».

L’Aduc denuncia che da ben 13 anni a Roma la questione dei rifiuti delle auto di demolizione non viene affrontata, ne risolta. Per esempio ogni anno a Roma vengono mandate in demolizione circa 150 mila autovetture che interessano 123 autodemolitori. Lei cosa ne pensa?
«Bisogna fare attenzione all’attività dei demolitori. Se ci fossero gli impianti di recupero la situazione sarebbe più semplice. L’auto da demolire è una risorsa del paese che permette di eludere la necessità di acquisire all’estero materia prima per la produzione. Le istituzioni devono quindi capire l’importanza, devono investire ed incentivare gli imprenditori a modernizzarsi e a fare passi in avanti. Il progresso degli impianti va di pari passo al progresso economico e con il sostegno allo sviluppo impiantistico si potrebbe sviluppare l’intera filiera del recupero».

Si ritiene comunque soddisfatto dei risultati ottenuti nel 2006?
«Sì, ritengo che siano soddisfacenti: non vedo altri settori di recupero raggiungere tali performance. Per fare il salto a mio avviso serve un intervento del governo: per esempio dovrebbe imporre all’industria dell’auto di utilizzare quanto più materiale possibile che noi ricicliamo dalle macchine a fine vita. Il materiale recuperato dalla demolizione del veicolo dovrebbe cioè essere e reinserito immediatamente nel ciclo produttivo dell’industria automobilistica. Questo intendo per filiera completa».

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