[11/06/2007] Consumo

Ricerca genetica e informazione per salvare le risorse marine, la pesca e l’acquacoltura

ROMA. Secondo la commissione sulle risorse genetiche per l’alimentazione e l’agricoltura (Cgrfa) della Fao, che tiene a Roma da oggi a venerdì 15 giugno la sua riunione biennale, «occorrono politiche internazionali più efficaci per assicurare la conservazione delle risorse genetiche acquatiche e migliorare la sicurezza alimentare nel mondo».

Invece l’attuale mancanza di una gestione coerente delle risorse genetiche ittiche potrebbe diventare un grave problema: «La rapida diffusione dell’acquacoltura e l’eccessivo sfruttamento di molte specie di cattura - spiega il dipartimento per la pesca e l’acquacoltura della Fao - hanno comportato un uso irresponsabile delle risorse naturali che può determinare impatti ambientali e sociali molto negativi, conflitti intersettoriali ed insostenibilità» e anche se «il grande sviluppo dell’acquacoltura ed il problema di gestire in modo efficace stock ittici non ben caratterizzati sotto il profilo genetico, non sono stati ancora riconosciuti in termini di necessità di maggiori investimenti nelle politiche riguardanti la gestione delle risorse», si potrebbe avviare con successo la transizione verso un’acquacoltura e una pesca in mare aperto più sostenibili attraverso la valutazione attenta delle risorse genetiche e la loro adattabilità a variabili ambientali, come il cambiamento climatico e lo sviluppo umano.

Ma secondo la Fao «l’informazione sulle risorse genetiche acquatiche è disorganica, le applicazioni della genetica sul pesce di cattura e sul pesce d’allevamento sono state sinora limitate, i meccanismi opportuni per conservare la diversità genetica del pesce allevato e dei loro parenti selvatici sono scarsamente sviluppati. E sebbene l’ulteriore addomesticamento e miglioramento genetico del pesce allevato offra una via senza ostacoli all’incremento della produttività, molte delle risorse genetiche attraverso le quali si può raggiungere questo obiettivo sono poco conosciute e poco studiate, molte sono addirittura minacciate».

Ogni anno la Fao informa sullo stato critico degli stock ittici con i suoi 3 rapporti sullo stato mondiale delle risorse ittiche marine e delle acque interne e sulla pesca e l’acquacoltura che forniscono dati allarmati sullo stato della circa mille specie marine e d’acqua dolce che vengono pescate e delle 236 specie tra pesci, invertebrati e piante, allevati per l’itticoltura, ma che probabilmente, secondo la stessa Fao «sottostimano il numero di specie che vengono catturate».
Devin Bartley, un genetista marino della Fao, ha detto: «Sappiamo che gli ambienti acquatici si stanno modificando a causa del cambiamento climatico, dell’introduzione di specie estranee, dello sviluppo umano e di altri fattori, e che le specie dovranno adattarsi per sopravvivere; la diversità genetica favorirà l’adattamento. Se dobbiamo proporre politiche ed approcci necessari per rispondere a queste sfide, abbiamo bisogno di maggiori informazioni e dobbiamo migliorare la nostra capacità di utilizzarle».

Informazioni più dettagliate sulle risorse genetiche acquatiche potrebbero dare a chi gestisce le risorse marine una visione più ampia e dettagliata dello stato degli stock di pesci pescati, per una maggiore efficacia dei fermi biologici stagionali, e per fissare quote di pesca e altre misure di regolamentazione.

Ma questo consentirebbe anche di capire come i pesci di allevamento interagiscono con gli stock naturali, «un tema che desta crescente preoccupazione – sottolinea la Fao - In molti casi, non è possibile determinare l’impatto sulla diversità acquatica provocato dal pesce sfuggito accidentalmente dagli allevamenti, o da quello intenzionalmente stoccato nell’ambiente naturale, perchè le informazioni sulle risorse genetiche del pesce allo stato naturale e di quello d’allevamento sono semplicemente sconosciute».

Secondo la Fao la genetica può giocare un grande ruolo per aiutare l’acquacoltura a soddisfare l’aumento della domanda di pesce a livello mondiale, visto che la maggior parte degli stock ittici di mare aperto sono giunti al limite dello sfruttamento possibile o sono in declino, e comunque il loro livello di produzione ha raggiunto il massimo. «Dal 2030 – fa notare la Fao - per soddisfare la domanda globale, saranno necessarie 40 milioni di tonnellate di pesce in più all’anno. L’acquacoltura, che già fornisce il 44% di tutto il pesce consumato, appare il modo più logico e pratico di soddisfare questo fabbisogno».

La domanda è: ci riusciremo? I dubbi non mancano, ma secondo la Fao «se si presterà una maggiore attenzione alle risorse genetiche acquatiche e si alleveranno pesci di migliore qualità ed in modo responsabile, l’acquacoltura potrà contribuire notevolmente alla soluzione del problema, usando nel contempo un minor numero di risorse, come acqua o mangimi».

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