[21/06/2007] Energia

Il nodo non sciolto del mix energetico

LIVORNO. Il sorpasso in termini di inquinamento ambientale della Cina sugli Stati Uniti non è più solo una questione di pronostici, ormai la notizia è certa e riportata su “The guardian” (e commentata su Qualenergia.it): il Paese del dragone è il più grande produttore di emissioni di gas serra del pianeta. Con i 6.200 milioni di tonnellate di anidride carbonica prodotti nel 2006 contro le 5.800 degli Usa, raddoppiate in soli sei anni. Ma non è tutto.

Queste cifre non prendono infatti in considerazione fonti diverse da quelle prodotte da fonti fossili e dai cementifici, che producono il 44% del cemento a livello mondiale e contribuiscono quasi al 9% delle emissioni del paese. Se fossero contabilizzate anche le altre fonti di emissioni come la produzione di metano dall’agricoltura, quelle legate agli incendi delle miniere di carbone che valgono circa il 5% delle emissioni cinesi, allora la situazione sarebbe anche peggiore. Naturalmente va ricordato che il primato cinese è sui valori assoluti e non parametrati alla popolazione: se consideriamo l’anidride carbonica emessa pro capite, la Cina resta ancora molto lontana dai valori che si registrano negli Stati Uniti, con un rapporto che è di 4,7 tonnellate di C02 pro capite contro 19.

Ma il dato è comunque ugualmente preoccupante e non tranquillizza certo sapere come appare dal rapporto Unep di cui parliamo in un altro articolo di oggi, che sulle rinnovabili la Cina è già al 9% degli investimenti globali, soprattutto in vento e biomasse.

Dal momento che in un programma di mix di approvvigionamenti energetici è il carbone che rimane ancora in testa alla classifica in Cina, tanto che la domanda di questo combustibile fossile è cresciuta di quasi il 9% lo scorso anno e i giacimenti interni non sono già più sufficienti per far fronte alla richiesta (infatti la Cina è ormai un paese non più esportatore di questo combustibile ma un importatore).

Impennata sul carbone che secondo l’agenzia di valutazione ambientale olandese (Netherlands environmental assessment agency) sarebbe la causa del sorpasso netto sugli Usa per la produzione di anidride carbonica. Quindi nonostante la diversificazione delle fonti energetiche che la Cina sta cercando di mettere in pratica, l’uso del carbone fa accelerare la sua scalata ai vertici dei maggiori produttori di Co2 a livello mondiale. E ancora di tecnologia capace di catturare le emissioni prodotte non se ne vede traccia e quindi tantomeno di può parlare di carbone pulito.

Questo per dire che sicuramente per far fronte ai necessari tagli dei anidride carbonica, soprattutto in una fase transitoria, l’unica via perseguibile è certamente quella di puntare sul risparmio energetico (ritenuto fondamentale persino da Confindustria), sull´efficienza e sul mix di fonti. Come richiama stamani anche per il nostro paese, lo studio Ambrosetti- Siemens sulla “ricerca della competitività nell’energia e nell’ambiente”. Ma che il fatto di poter annoverare in questo mix il carbone “a patto che sia pulito” (come si affrettano ad aggiungere nello studio Siemens) è nell’ambito dei desiderata e non certo delle tecnologie disponibili e quindi applicabili nell’immediato.

Stessa cosa potremo dire per quanto riguarda il nucleare di IV generazione, anche se nel caso dell’energia atomica il problema non è quello delle emissioni di anidride carbonica ma della attuale mancanza di soluzioni per quanto attiene alle scorie prodotte (per voler tacere della sicurezza). Tant’è che si lasciano laddove sono prodotte in attesa di studi di qualificazione delle matrici geologiche, per individuare aree dove realizzare i depositi definitivi (come si sostiene anche in un intervento sul tema che pubblichiamo oggi). Studi appunto, ricerche, su cui si stanno convogliando e si chiede che vengano destinati finanziamenti e fondi. Per produrre quell’innovazione tecnologica che sarà «determinante - come riportato anche nello studio Ambrosetti-Siemens - in uno scenario in cui sia necessario favorire un mix energetico basato su fonti quali nucleare, rinnovabili e carbone».

Niente da dire certo sull’innovazione tecnologica, se non che sarebbe forse più vantaggioso per l’ambiente e per la nostra economia provare ad indirizzarla più verso la messa a punto di sistemi sempre più efficienti e competitivi nel campo del risparmio energetico e delle rinnovabili, per sfruttare come fonti di approvvigionamento quelle che non sono soggette a limiti fisici, a problemi geopolitici e che non producono scorie: come il sole e il vento.

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