[25/06/2007] Acqua

Il valore dell´acqua

LIVORNO. L’acqua è un bene prezioso, ma come spesso accade per i beni che hanno queste caratteristiche, si apprezzano soprattutto quanto vengono a mancare. Solo un terzo delle risorse disponibili a livello mondiale lo è da un punto di vista potabile e nei prossimi venti anni un terzo della popolazione del pianeta potrebbe non averne accesso.

Ma proprio per la sua caratteristica di bene cui non è possibile fare a meno, e di cui la domanda cresce in maniera continua, sia per un fattore demografico, sia perché aumentano progressivamente gli usi cui è destinata, l’acqua da un po’ di anni a questa parte è un vero e proprio business, tanto da considerarla l’oro blu del ventunesimo secolo, soppiantando il posto all’oro nero del secolo scorso.
E maggiore è la domanda maggiori sono le quotazioni in borsa delle aziende che legate al ciclo dell’acqua: dalla potabilizzazione alla distribuzione sino alla cessione di nuovo all’ambiente dei reflui depurati.

Ma il buon andamento dei titoli delle aziende quotate in borsa impegnate in questo settore si spiega con le ulteriori prospettive di crescita, come spiega il responsabile si AbnAmro Lorenzo Bassani: «l’aumento degli investimenti è stimato tra 75 e 180 miliardi di dollari entro il 2025 e riguarda la raccolta e l’immagazzinamento dell’acqua, la gestione dell’offerta, la richiesta dei paesi emergenti di nuove costruzioni, la disponibilità degli acquedotti che in molte città come Londra e Shanghai subiscono una perdita delle condutture di almeno il 50%».

Insomma un mercato in espansione anche per le scarsa efficienza delle infrastutture, su cui il mercato imprenditoriale punta da tempo e ha intenzione di farlo sempre più in futuro.
Tutt´altro il modello proposto dal Forum nazionale dei movimenti per l´acqua, autore della campagna nazionale "Acqua pubblica, ci metto la firma!" e che ha raccolto trecentomila firme a sostegno della proposta di legge popolare per fare dell´acqua un bene pubblico, un diritto inalienabile.

«L´acqua deve essere un bene comune- dicono- sottratto alle logiche di mercato, la proprietà e la programmazione devono essere affidate a enti pubblici, deve essere garantito un minimo vitale a tutti i cittadini di 50 litri al giorno, l´idea di governo deve essere partecipata e diffusa». Ipotesi che mal si conciliano con gli interessi di mercato, in cui la regola prioritaria è invece quella del profitto: su quella si calcolano infatti gli effetti delle perdite delle conduttore, non sullo spreco di una risorsa naturale così importante come l’acqua.

Che per alcune realtà del nostro paese, senza scomodare il terzo mondo, è davvero una risorsa scarsa e non garantita nemmeno per gli usi primari: come accade in Sicilia, dove a fronte di miliardi spesi per dighe e derivazioni mai completate che hanno avuto il solo effetto di arricchire potentati locali e determinare scempi ambientali, ancora oggi l’intera popolazione è senz’acqua e per averla bisogna essere disposti a pagare. Ma non una bolletta a fronte dei consumi effettuati- che sarebbe del tutto normale e legittimo- ma le autobotti dei privati. A cui l’acqua non manca mai!

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