[26/06/2007] Rifiuti

L´industria italiana del riciclo va, ma solo nel Centro e al Nord

LIVORNO. I risultati dell’indagine conoscitiva sulla filiera del riciclo dei materiali condotta dalla Commissione ambiente della Camera dei deputati è giunta al termine. E i risultati sembrano essere positivi. Dopo dieci anni di attività del settore avviati con la creazione del Conai e dei consorzi di filiera, come previsto dal decreto Ronchi, l’industria del riciclo raggiunge il 98% di crescita se considerato solo il settore degli imballaggi, che si affianca alla crescita del 31% del settore classico che comprende rottami ferrosi e inerti. Molto di più dell’industria nel suo complesso: + 5% dal 2000 al 2004 rispetto 3,8% del dato complessivo.

Nel 2006 con il 55,5% di riciclo, pari a 6,8 milioni di tonnellate di rifiuti da imballaggi (che erano 3 nel 1998), ed il 66% di recupero complessivo, pari a 8.080.000 tonnellate (che erano 3,6 nel 1998), sono stati raggiunti e superati gli obiettivi complessivi stabiliti a livello comunitario e nazionale. Mentre gli obiettivi specifici relativi ai singoli settori ed a tutti i materiali (carta, plastica, vetro, legno, acciaio e alluminio), se rimane questo trend, dovrebbero essere agevolmente superati entro il 2008.

L’indagine ha posto in rilievo l’indubbia crescita della capacità dell’industria del riciclo italiana nel suo insieme di fornire, ad una porzione importante del sistema industriale del Paese, materie di recupero da reinserire nel circuito industriale. Le aziende vetrarie, hanno riciclato complessivamente 1 milione 830 mila tonnellate di rifiuti di vetro, quasi il 10% in più rispetto al periodo precedente.

Un aumento di oltre il doppio dal 1997 delle quantità di rifiuti plastici destinate al recupero e al riciclo ha interessato il circuito del riciclo delle plastiche e, nel settore cartario poi, l’aumento della raccolta e conseguentemente del recupero ha fatto sì che l’Italia si trasformasse da paese importatore a esportatore di carta da macero. Analogamente nel settore storico del riciclo, l’impiego di rottami e la produzione di metalli secondari è cresciuta e si è ben consolidata nell’ultimo decennio, tanto che oggi l’Italia presenta, sia per l’acciaio sia per l’alluminio, una forte produzione secondaria.

Un processo in positivo quindi che ha favorito una forte innovazione tecnologica, di prodotto e di processo, e che ha permesso ad alcuni settori di porre il nostro Paese all’avanguardia in Europa. E’ il caso ad esempio dell’industria dei pannelli di legno che utilizza legno riciclato. E quello che è emerso è anche la potenzialità esistente di assorbire un incremento di materiali provenienti dal rafforzamento e dalla diffusione su tutto il territorio nazionale di livelli maggiori di raccolta differenziata.

Altro dato interessante che si rileva nel settore è quello di una riduzione netta del prelievo di risorse non rinnovabili, come l’alluminio, e di risorse rinnovabili, come il legno. Oltre ad una corrispondente rilevante riduzione dei consumi energetici e delle emissioni atmosferiche, connessi ai processi produttivi sostituiti. L’impiego di materiale riciclato in sostituzione di materia prima vergine consente risparmi energetici che vanno dal 95%, nel caso di utilizzo di alluminio secondario, ad un 50 % nel caso di impiego di plastica riciclata.

Secondo il Conai, applicando i parametri utilizzati a livello Europeo per la quantificazione della riduzione di Co2 derivante dalle attività di riciclo degli imballaggi, si può calcolare che gli 8 milioni di tonnellate di imballaggi recuperati in Italia nel 2006 hanno consentito di ridurre di circa 5 milioni di tonnellate le emissioni annue di Co2. Se queste fossero conteggiate negli obiettivi di Kyoto, contribuirebbero, sempre secondo il Conai, per il 5% al raggiungimento dell’obiettivo nazionale annuo di riduzione di anidride carbonica.

Ma non tutto quanto è emerso è positivo. Dall’indagine si rilevano anche notevoli criticità del sistema, in particolare riguardo alla questione degli squilibri territoriali, che si manifestano con il divario tuttora presente tra nord e sud del paese, che dai diversi standard di raccolta differenziata, si riflette sull’industria del riciclo. La conseguenza è che l’elevato grado di sviluppo nelle regioni settentrionali comporta inevitabilmente che ad esse vada la parte più rilevante del contributo ambientale, previsto in base all’accordo nazionale tra Anci e Conai, nonostante esso sia alimentato dalle risorse finanziarie provenienti da tutto il Paese. Una volta tanto (anche se è un´amara consolazione) non si potrà imputare al sud di essere ladrone! Il rafforzamento dell’attività di raccolta differenziata nel Mezzogiorno, conclude la Commissione, (oltre ad essere un dovere per le amministrazioni e un diritto per i cittadini, ndr) risulta quindi decisivo per sfruttare appieno – anche in quest’area del Paese – le potenzialità del contributo ambientale, sia come strumento che favorisce la condivisione delle responsabilità del sistema consortile e di quello delle autonomie, sia come meccanismo in grado di generare un maggior flusso di risorse.

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