[26/06/2007] Acqua

Cromo esavalente, il pasticciaccio brutto della normativa nazionale

LIVORNO. La presenza di Cromo esavalente sopra i limiti consentiti che ha portato la scorsa estate alla chiusura prima di 13 pozzi (pubblici e privati) tra Cecina, Castagneto e Bibbona, e poi ad altri 7 (tra cui un pozzo di Vada), si verifica adesso anche nelle colline livornesi. Dove valori superiori ai limiti di questa sostanza sono stati rilevati anche in dieci pozzi pubblici: sei pozzi intorno a Collesalvetti, mentre gli altri quattro sono stati rilevati a Colognole, Valle Benedetta, Crocino e Parrana San Giusto.

Il dossier dell’Arpat chiuso a fine maggio e consegnato nelle settimane scorse a tutti gli Enti interessanti, segnala infatti la presenza di cromo esavalente nei pozzi indagati e conferma che la sostanza tossica è ancora presente nelle acque in valori superiori al limite di 5 microgrammi litro anche nei pozzi indagati e chiusi lo scorso anno.

Riguardo al limite, la normativa prevede e ammette la presenza di un valore di 50 microgrammi per litro della somma dei due stati del Cromo, uno (il III) che non ha alcun aspetto di tossicità, ma anzi è importante per il metabolismo degli zuccheri, e l’altro (il VI) che è invece classificato come cancerogeno per l’uomo dallo Iarc (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), quindi come tale non è possibile definire una soglia limite di riferimento, che dovrà essere inferiore al limite analitico di determinazione. Ma la normativa prevede comunque la concentrazione massima ammissibile per il cromo esavalente pari a 5 microgrammi per litro nelle acque sotterranee.

Ma quale sia l’origine della presenza del cromo, è tuttora un dato da esplorare, visto che ancora l’indagine che doveva essere commissionata al Cnr come accordo preso nel tavolo 2006, pare ad oggi non finanziata. E giovedì a Cecina, si aprirà un altro tavolo stavolta tra i sindaci dei quattro comuni della costa dove la presenza del cromo è stata rilevata quest’anno - Rosignano, Cecina, Bibbona e Castagneto - e l’assessore regionale Marino Artusa. Tra le richieste dei sindaci si rinnova la ricerca delle cause d’inquinamento, il finanziamento delle opere di bonifica dei pozzi da parte di Asa e l’autorizzazione all’apertura di due nuovi pozzi nel comune di Montescudaio.

Dall’Arpat si prova a fare qualche ipotesi sulle origini di questo nuovo rinvenimento della contaminazione dei pozzi nell’area livornese. Nella zona, a differenza della Val di Cecina, in passato non c’è stata la presenza di industrie che avrebbero potuto, attraverso i reflui, inquinare la falda acquifera. Ecco perché dall’Arpat si pensa che l’ossidazione del cromo trovata nella zona di Collesalvetti sia di origine naturale, data la presenza di conformazioni geologiche congrue alla presenza di questo minerale.

Abbiamo chiesto a Fabrizio Righini, responsabile dell’Arpa di Livorno ulteriori spiegazioni.

Sembrerebbe che la presenza di cromo nell’area delle colline livornesi fosse di origine geologica e quindi naturale?
«In effetti questa è una chiave di lettura possibile, perché siamo alti sul mare e nella zona sono presenti minerali e rocce da cui potrebbe essersi originato».

Mentre per l’area di Cecina, dove si confermano i valori di concentrazione rilevati lo scorso anno?
«E’ difficile dirlo, anche se poi le indagini potrebbero portare ad analoga spiegazione. Comunque vedremo cosa emerge da questo studio che faremo assieme al Cnr e per cui è prevista una prima riunione il 4 luglio».

Potrebbe darsi che gli eccessivi emungimenti fatti in quella zona abbiano reso critica una situazione già esistente, portando alla concentrazione delle sostanze?
«Sì non è da escluderlo. In effetti in quell’area la pressione dei prelievi è stata molto elevata».

Quindi pozzi chiusi per evitare di bere acqua contaminata?
«Attenzione, qui ci sono in ballo due normative. Una sanitaria che prevede che il limite di concentrazione ammissibile per l’acqua potabile sia di 50 microgrammi litro come somma di Cromo III e Cromo VI. Poi c’è la norma di tutela ambientale che pone invece il limite di 5 microgrammi litro di Cromo VI; questa impone la ricerca delle cause e l’eventuale bonifica. Quindi la chiusura dei pozzi non è obbligatoria. Un sindaco può farlo come massima autorità sanitaria, ma non è obbligato».

Ma scusi, e se il limite nell’acqua potabile riscontrato è 10 microgrammi e questi sono tutti di cromo esavalente, non andrebbero chiusi per precauzione, dato che è riconosciuta come sostanza cancerogena?
«In effetti noi abbiamo già dimostrato che la percentuale maggiore del cromo presente nell’acqua potabile è quello esavalente: se la concentrazione è 10 microgrammi 9,8 sono di Cromo esavalente e 0,2 di cromo III. Ma la legge sanitaria non prevede che si considerino scissi, anche se noi li misuriamo. Quindi non impone la chiusura dei pozzi in questa situazione. E se esiste un pasticcio normativo a livello nazionale, non siamo certi noi la sede dove poterlo risolvere».

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