[26/06/2007] Aria

L’Asia all’Occidente: «Siete imperialisti verdi»

LIVORNO. I capi di governo asiatici e gli uomini di affari, riuniti a Singapore per la riunione annuale del gruppo di discussione del World economic forum on East Asia sul global warming, hanno accusato i Paesi ricchi di criticare eccessivamente la Cina per le sue emissioni di gas serra, ma intanto di utilizzare il suo lavoro a basso costo e le sue industrie inquinanti per fare grandi profitti.

«Questo è imperialismo verde» ha detto senza mezzi termini Mohamed Yakcop, ministro delle finanze della Malesia, che pure rappresentava uno dei paesi più moderati e filo-occidentali della regione.
L’irrigidimento asiatico sembra la risposta alle pressioni Usa sulla Cina perché adotti misure più efficaci per mettere un freno alle emissioni di anidride carbonica, prodotte soprattutto dal carbone che fornisce i due terzi dell’energia cinese.

Ma i governanti asiatici criticano fortemente Stati Uniti e Australia per non aver sottoscritto il Protocollo di Kyoto che fissa le quantità di CO2 ed altri gas serra che possono essere emesse dai paesi industrializzati, mentre la Cina ha firmato il trattato ma è esente dalle riduzioni di emissioni di CO2 perchè considerata Paese in via di sviluppo, una situazione presa a pretesto da Usa ed Australia per rifiutare l’adesione a Kyoto.

Yakcop ha fatto rilevare che un Paese non può scegliere quando il cambiamento climatico diventa un problema globale: «le aziende che stanno inquinando in Cina sono di proprietà di americani, europei, giapponesi ed altri. Stanno traendo beneficio dal lavoro poco costoso, dalle risorse ed allo stesso tempo accusano la Cina di inquinare. Prendiamo atto dell´ipocrisia dell´equazione».

Nel 2006 la Cina ha sorpassato di circa il 7,5% gli Stati Uniti nelle emissioni di CO2, il consumo vorace di carbone e l’aumento della produzione aumentata del cemento hanno fatto impennare le emissioni, ma i cinesi ribattono che un americano produce quattro volte più gas serra di un cinese.

Un concetto ribadito a Singapore da Chen Feng, presidente della China Hainan Airlines, che ha detto che non è il momento di dare colpe ma di trovare una soluzione internazionale, ma le nazioni sviluppate sono quelle che hanno cominciato a inquinare per prime, «altrimenti così vedo un solo senso: vi bandiamo prima che diventiate popoli con una buona occupazione».

Il presidente americano Bush ha proposto una riunione dei 15 più grandi produttori di gas serra per definire un obiettivo di contenimento delle emissioni, il ministro dell´ambiente giapponese Masatoshi Wakabayashi ha definito la proposta significativa, ma ha detto che era cruciale che gli inquinatori più grandi partecipassero davvero: «senza la partecipazione degli Stati Uniti, della Cina e dell´India, gli emettitori principali, non arresteremo il riscaldamento globale».

Alle accuse asiatiche ha ribattuto Ralph R. Peterson, presidente dalla U.S. management, design and construction firm, per il quale lo sviluppo economico dell´Asia sembra insostenibile per l’alto consumo di energia e la bassa efficienza energetica e tecnologica che contribuisce all’inquinamento. Secondo Peterson: «Se occorre molta più energia per produrre un punto di Pil in Asia, allora abbiamo un problema», e snocciola le cifre: i prodotti dei Paesi del sud est asiatico, che rappresentano l’11% del totale globale, vengono realizzati usando il 21% per cento del petrolio mondiale. La produzione cinese é il 5,5% del prodotto interno lordo mondiale, ma consuma il 15% dell’energia energia globale. Il rendimento energetico dell´India è un decimo della media globale, mentre il consumo di acqua in Cina per unità di Pil. è quattro volte la media mondiale.

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