[02/03/2006] Aria

Lucchini, l´area a caldo si difende se si rende ambientalmente sostenibile

PIOMBINO (Livorno). Il Consiglio comunale di Piombino ha approvato ieri un documento dove esprime pieno sostegno alla giunta e al sindaco sulla vicenda della 27 forni. E se di fatto nessuno pare mettere in discussione l’ordinanza, c’è ora la necessità di recuperare un dialogo con l’azienda e riportare il dibattito dai tavoli giudiziari a quelli politici. «Il dialogo fra il Comune e Lucchini è sempre stato aperto – dice il sindaco Gianni Anselmi - non siamo così ingenui e velleitari da pensare di poter lasciare la risoluzione dei nostri problemi alle aule dei tribunali. Anche perché il futuro dello stabilimento piombinese è una vicenda nazionale e noi esercitiamo una responsabilità importante. Per me la 27 forni fa parte del passato, ci resta solo da gestire i meccanismi di spegnimento. Già dobbiamo lavorare sul futuro».

Futuro che significa “area a caldo” nel suo complesso, con il problema del mantenimento del ciclo integrale della produzione. «Noi riteniamo che la continuità dell’area a caldo sia un elemento strategico – continua Anselmi – ma questa la si difende meglio se messa in totale sicurezza. Sulla 45 forni per esempio so che la Lucchini deve sostituire le porte dei forni e io sono convinto che l’azienda la farà funzionare bene: se la 45 forni sarà ben condotta e ben gestita non ci saranno problemi di sorta, neppure per l’autosufficienza del coke, siamo d’accordo a patto che non confligga con le compatibilità ambientali».

Su un’eventuale delocalizzatione dell’area a caldo il sindaco invece è più cauto: «Per noi è importante che l’area nel suo complesso sia messa in sicurezza e in compatibilità con l’ambiente. E se tutto è in regola potrebbe anche rimanere dov’è, ma in ogni caso delle localizzazioni ne discuteremo direttamente con l’azienda appena presenterà il piano industriale.

Il confronto sembra quindi spostarsi sull’area a caldo, sulla quale interviene anche il segretario di Rifondazione comunista Alessandro Favilli: «C’è chi, soprattutto dalla destra, dà per scontato la chiusura dall’area a caldo. Se noi crediamo – dice Favilli - che la produzione dell’acciaio sia strategica, che il Paese non possa andare avanti senza grande industria, allora dobbiamo essere conseguenti, cioè mettersi intorno a un tavolo nazionale con tutti i soggetti e discutere di un piano vero di rilancio e non solo della 27 forni, che a questo punto è falso obiettivo».

Favilli sa che alla fine di marzo uscirà il piano industriale della Severstal, «e sappiamo che la proprietà chiederà una nuova 27 forni nella stessa localizzazione dell’attuale pur sapendo che Piombino non potrà accettare una cosa del genere. Quindi la produzione dell’acciaio deve essere ridiscussa da zero, merita di capire che tipo di investimenti e risorse devono essere reintrodotte, merita ridiscutere lo spostamento dell’area a caldo o almeno i carbonili in altre aree. Che esistono già: almeno migliaia metri quadri di aree industriali pronte per l’uso, a meno che qualcuno non pensi di metterci porticcioli e villaggi turistici».

Il segretario di Rifondazione ribadisce quindi le priorità e cioè il mantenimento dell’area a caldo e del ciclo integrale della produzione, ma ricorda anche che l’area a caldo può sopravvivere anche senza la 27 forni. «La cokeria prima non c’era – dice – e una multinazionale come la Severstal non avrebbe alcun problema a reperire coke nei paesi di sua influenza. Ma ammesso che ci voglia una nuova cokeria, la 27 forni non può essere rifatta lì. O si sposta quella o si sposta un pezzo di città (il quartiere Cotone ndr), così come la 45 forni e il reparto acciaieria, visto che le relazioni Asl e Arpat allegate all’esposto fatto dal sindaco dicono che il 70% dell’emissioni vengono proprio dalla batteria della 45 forni. Gli spazi dove spostarli ci sono, ora la politica faccia la sua parte».

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