[28/06/2007] Energia

Liberalizzazione energia, per Bollino (Gse): Rivedere fascia sociale e conto-capitale

LIVORNO. Dal 2 luglio parte il libero mercato dell’energia. Ma perché il sistema vada a regime - come è prassi nel nostro Paese - ci sarà da aspettare ancora qualche mese. La riforma completa arriverà dopo l’estate, ha annunciato il ministro dello Sviluppo Pier Luigi Bersani e nella fase transitoria rimarranno quindi immutati gli incentivi per le fasce sociali, quelle individuate sulla base dei bassi consumi, con il compito attribuito all’Autority assieme a quello di aggiornare ogni trimestre il costo dei combustibili, di fissare i prezzi.
E proprio ieri l’Autority ha comunicato che per i prossimi tre mesi i prezzi non varieranno rispetto all’ultima tariffa amministrata, ma diminuirà il costo del gas.

Quindi in attesa del decreto che dovrà dettare le regole per la fase transitoria e la riforma degli incentivi alle classi sociali, la liberalizzazione sembra essere cristallizzata. Anche se a dire il vero l’Enel per esempio ha già presentato un suo pacchetto sui contratti domestici liberi, con un prezzo bloccato per un biennio e una modalità di accumulo dei punti, da convertire poi a scelta tra sconti o premi di altra natura.

Ma allora questa liberalizzazione parte o non parte? E potrà essere un vantaggio o meno in termini ambientali?
Abbiamo rivolto questi quesiti a Carlo Andrea Bollino, economista e presidente del Gse, il gestore dei servizi elettrici.

Presidente, l’intervento dell’Autority ha contribuito a raffreddare i motori verso la liberalizzazione del mercato elettrico che parte lunedì prossimo?
«L’autorità ha aggiornato per il prossimo trimestre la circolare di calcolo, come da prassi. Ed è un paracadute per chi rimane passivo di fronte al processo di liberalizzazione in atto. Di fatto è una facoltà del cittadino scegliere se cambiare gestore oppure no. Ma la presenza dell’acquirente unico, cui è affidato il compito di assicurare la fornitura di energia elettrica, a prezzi competitivi e in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio, consentirà anche ai consumatori, che ancora non vogliono addentrarsi nei processi di liberalizzazione, di beneficiare ugualmente dei vantaggi che questo può determinare».

La definizione della cosiddetta fascia sociale è destinata a cambiare?
«Questo è un problema spinoso che origina sin dai tempi del servizio pubblico con l’Enel monopolista. Allora una certa categoria di famiglie a basso tenore economico è stata considerata nella fascia bassa, sulla base del fatto che i loro consumi erano bassi, non potendo permettersi di più. E più bassi sono i consumi minore è la tariffa di riferimento. Ma adesso la società è anche profondamente cambiata e non è detto che bassi consumi corrispondano a basso tenore economico, anzi spesso consuma poco magari il single che sta tutto il giorno fuori casa, ma che ha invece un reddito assai più alto di una famiglia numerosa che, per fare un esempio, ha un anziano in casa ed è costretto a tenere in funzione apparecchi elettromedicali o il condizionatore d’aria, e quindi ha più alti consumi. Ed è un sussidio che attualmente riguarda un terzo delle famiglie.
Va rivisto questo sistema di sussidi ed il miglior meccanismo di mercato è stabilire il miglior prezzo per tutti».

Prevede che nella redifinizione si possano inserire anche parametri legati al risparmio e all’uso di energie rinnovabili?
«Si possono fare due considerazioni: la prima è più di immagine, se vogliamo, ma credo sia importante per favorire la veicolazione di un´informazione corretta. Io credo che si dovrebbe comunicare in bolletta qual è la quota di energia rinnovabile che il gestore sta vendendo, rispetto al totale dell’energia fornita.
La seconda considerazione riguarda un tema di maggiore importanza che è la commisurazione degli incentivi alle energie rinnovabili in maniera più moderna. Io credo che sia assolutamente necessario rivedere l’attuale conto energia, con il superamento del vecchio meccanismo in conto capitale, trasformandolo cioè tutto in conto energia. Da questo punto di vista ci sono degli emendamenti assai validi presentati in Senato, di cui è primo firmatario Ronchi, sul decreto Bersani.
Il meccanismo prevede che invece di dare subito i fondi per finanziare un investimento, questi si attribuiscano mano mano che l’impianto funziona. E oltre che per il fotovoltaico, andrebbe esteso, ai livelli giusti di incentivazione, anche alle altre energie rinnovabili. Con il vantaggio che il produttore è incentivato a produrre tanta energia pulita e i cittadini saprebbero in bolletta quanta percentuale di quella erogata è proveniente da queste fonti».

Un ultima domanda. Si sono formati a livello europeo due gruppi, uno dei paesi che spingono sulle liberalizzazioni e l’altro, in cui sta L’Italia, che frenano. Quanto questo braccio di ferro potrà influire sulle liberalizzazioni interne?
«Inciderà sulla politica energetica europea, ma non ad esempio sulle rinnovabili. Perché quelle si fanno in casa. Bisogna semmai stare attenti a non aprire le nostre filiere agroenergetiche alle biomasse che vengono da fuori. Credo che potrà avere un riflesso sull’assetto energetico europeo soprattutto in merito al gas. Infatti tra coloro che spingono sulle liberalizzazioni ci sono paesi che vorrebbero liberalizzare il transito del gas, per poter trarre benefici a valle del tubo che passa nel loro territorio. Mentre chi frena naturalmente ha motivi opposti, ma comunque sono manifestazioni di egoismi entrambi. Sarebbe necessario creare una bella politica energetica europea».

C’è però da osservare che quando a livello di vertice europeo si è definita la strategia dei cosiddetti tre 20, si è poi lasciato che gli stati di membri potessero optare per la politica energetica che preferivano.
«E’ vero, ma abbiamo comunque fatto un primo passo avanti».

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