[29/06/2007] Comunicati

Cambiamenti climatici, l´agricoltura toscana prova a difendersi

LIVORNO. Servono politiche di sostenibilità. Lo ha chiesto questa mattina la Cia Toscana intervenendo a Firenze al convengo “Agricoltura toscana e mutamenti climatici”, promosso da Regione Toscana e Arsia. «I mutamenti climatici – scrive la confederazione in una nota - sono evidenti così come sono conosciuti e ben delineati gli scenari futuri. Occorre definire nuove strategie sull’uso del suolo capaci di mettere in atto azioni ed interventi per governare il cambiamento e per il superamento del continuo e ciclico stato di emergenza a cui negli ultimi anni si è andati incontro in Toscana».

«All’agricoltura toscana – ha detto nel suo intervento Marco Failoni, della presidenza Cia Toscana – devono essere assicurate le risorse idriche necessarie per mettere sul mercato i prodotti che i consumatori ci richiedono, senza acqua non possiamo garantire il mantenimento delle forniture e prodotti di qualità; per questo sollecitiamo una gestione più attenta, maggiore programmazione, più piccoli invasi distribuiti sul territorio, politiche di difesa del suolo».

La Cia Toscana propone di puntare su un patto con la società come metodo di governance: il ruolo delle imprese, l’impegno delle istituzioni; essendo il clima e l’acqua fondamentali per l’agricoltura gli operatori vogliono dare il loro contributo per risparmiarla: per questo occorrerà un Psr che favorisca impianti irrigui moderni, ricerca, Servizi di consulenza e formazione per aggiornare gli imprenditori.

«Il convegno è servito – ha detto l’assessore regionale all’agricoltura Susanna Cenni (Nella foto) - a individuare le strategie di fondo per fronteggiare un problema che sarà sempre più centrale per la nostra agricoltura. Oggi non è più sufficiente il sistema degli indennizzi di fronte a danni provocati da eventi metereologici eccezionali. Bisogna muoversi preventivamente, per esempio aiutando l’azienda agricola a sviluppare tutti i meccanismi di autodifesa necessari, dall’utilizzo di sementi più adatte a stagioni siccitose, a quello di tecniche agronomiche idonee (come l’aridocoltura). Come Regione intendiamo muoverci in questa direzione sviluppando un’azione di assistenza tecnica e di formazione professionale alle imprese perché il mutamento climatico non venga subito, ma fronteggiato nel modo migliore dai nostri produttori».

«A questo fine – ha aggiunto - è nostra intenzione varare un sistema di premi per le imprese che sviluppino azioni virtuose in relazione al risparmio idrico e continuare a sostenere quelle che ammodernano o potenziano i loro impianti irrigui. Una agricoltura attenta alla biodiversità, decisa a non introdurre elementi di inquinamento (con la forte spinta verso il biologico e l’azione anti ogm), capace di valorizzare un rapporto più diretto tra produttore e consumatore (con il progetto filiera corta) pronta a cogliere la sfida delle energie rinnovabili (specie le biomasse), è, allo stesso tempo, una agricoltura che alimenta i suoi anticorpi più naturali di fronte alle spinte imprevedibili del mutamento climatico».

«E´ indubbio – ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia - che l´agricoltura sia il settore maggiormente esposto all´impatto dei cambiamenti climatici, ma non per questo i momenti di emergenza si devono tradurre in allarmismi eccessivi. Occorre invece un investimento strategico in ricerca e innovazione finalizzato a dotarsi di analisi di impatto specifiche per l´agricoltura toscana, di adeguati sistemi di monitoraggio e occorre soprattutto il supporto alle imprese agricole e ai sistemi territoriali per affrontare quegli stessi cambiamenti climatici con servizi e tecniche agronomiche innovativi».

Dal convegno è anche emerso come la Toscana, rispetto ad altre regioni italiane dominate da colture intensive, sia meno esposta ai problemi determinati dai cambiamenti climatici (le sue produzioni di punta non necessitano di molta acqua): una condizione che però non esenta la Regione da perseguire con decisione la strada dell’innovazione e dell’efficienza.

In questi ultimi anni - è lo scenario della Toscana emerso durante il convegno - il sistema agricolo toscano ha iniziato a trasformarsi cercando di adattarsi alle mutate condizioni colturali imposte dai cambiamenti climatici limitando in particolare le colture ad elevato consumo idrico e adottando tecniche irrigue più razionali e a minor impatto ambientale. Il tutto partendo da un dato di base favorevole: la Toscana ha un fabbisogno idrico legato all’agricoltura minore che molte altre regioni. Solo il 6% della superficie coltivata è irrigata (rispetto al 19% della media nazionale e al 35% del Nord Italia). Questo perché alcune delle colture principali (viticoltura e olivicoltura) hanno bisogno solo della cosiddetta irrigazione di soccorso (da utilizzare dunque non stabilmente ma solo secondo necessità) e perché si è ridotta fortemente la presenza di alcune colture irrigue: è diminuita del 40% la produzione di mais, è scomparsa quella di barbabietola da zucchero (a seguito della modifica della relativa Ocm). Per altre produzioni irrigue, quali la floricoltura e il vivaismo ci si sta sempre più orientando verso l’uso di acqua riciclata, mentre per l’orticoltura, si stanno adottando tecniche sempre più finalizzate al risparmio (circa il 30% delle aziende ha irrigazione a goccia).

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