[29/06/2007] Rifiuti

Cave di marmo, le misure anti-inquinamento non sono un optional

CARRARA. «È bene chiarire che le misure anti-inquinamento non sono un optional, ma un obbligo di legge e che il fermo delle cave inquinanti non è colpa degli ambientalisti, ma l’inevitabile frutto dell’insipienza e miopia degli imprenditori. Un imprenditore lungimirante sa bene che lavorare in modo da prevenire l’inquinamento è l’unica misura seria per garantire la continuità lavorativa e l’occupazione, senza esporre le cave a duri contraccolpi produttivi». Con queste parole il circolo di Carrara di Legambiente torna sul dibattito che sta da mesi infuocando la città del marmo, a causa dello scarso rispetto dell’ambiente da parte dell’industria lapidea.

«Pulire quotidianamente con spazzolatrici aspiranti le superfici di cava da marmettola e terre – si chiedono dall’associazione ambientalista - è davvero una misura tanto sconvolgente? Lo sembravano anche le misure prese a seguito dell’inquinamento da idrocarburi del 1991: vasche di contenimento coperte per fusti di olio vergine ed esausto, organizzazione del siste-ma di conferimento degli oli esausti con relativo registro di carico e scarico, vasche di conte-nimento e pistole erogatrici per i serbatoi di carburante, area impermeabilizzata per la ripara-zione e manutenzione dei mezzi meccanici, dotazione di materiali oleoassorbenti, raccolta immediata delle acque di taglio e loro trattamento e ricircolo, denuncia di detenzione dei tra-sformatori con pcb e adozione delle relative misure, rimozione e smaltimento di ogni genere di rifiuti, ecc».

In effetti tali misure all’epoca sono state adottate da tutte le cave senza alcun sconvol-gimento e anzi hanno consentito la serena prosecuzione dell’attività produttiva, sanando l’acuto conflitto sociale (5400 firme di cittadini che chiedevano la chiusura di tutte le cave fi-no al loro completo adeguamento alle misure di prevenzione ambientale).

«È bene che ciascuno si assuma appieno le proprie responsabilità – continua Legambiente - opporsi sia alla prevenzione ambientale sia a misure restrittive nei confronti delle ca-ve inquinanti significa difendere il “diritto ad inquinare” e conduce, prima o poi, a situazioni esplosive; è una posizione non solo arrogante e insostenibile, ma anche perdente, come l’esperienza Farmoplant ha dimostrato».

«Contrapporre il diritto dei cavatori all’occupazione al diritto dei cittadini all’acqua potabile è un falso dilemma – conclude l’associazione ambientalista - i due diritti si salvano assieme o cadono entrambi. L’unica strada per scongiurare davvero contraccolpi occupaziona-li è l’adozione in cava di misure preventive per le sorgenti. Stupisce che non via siano im-prenditori lungimiranti che abbiano intrapreso questa strada e, ancor più, che la difesa delle sorgenti sia assente nelle piattaforme di lotta dei cavatori».

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