[05/07/2007] Urbanistica

Zanchini e Della Seta: sulle infrastrutture Di Pietro come Lunardi

ROMA. «Forse Di Pietro vive su Marte - Solo così si spiega come faccia a non vedere i veri punti di sofferenza del nostro sistema dei trasporti: una rete ferroviaria arretrata e insufficiente, soprattutto al Sud, e una domanda di mobilità che si concentra nelle aree urbane con un milione e mezzo di pendolari che ogni giorno si servono del treno viaggiando su convogli vecchi, rotti, sporchi e in ritardo cronico». Non va certo per il sottile Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente, per bocciare senza appello la lista delle opere presentata dal ministro delle Infrastrutture. L’associazione ambientalista si è infatti schierata decisamente contro Di Pietro e lo ha fatto pubblicamente stamani in una conferenza stampa.

«Di Pietro – ha proseguito Della Seta - non si è accorto che la politica dei trasporti, come avviene ormai in tutta Europa, va coordinata con lo sforzo per combattere i cambiamenti climatici che vedono negli spostamenti su gomma uno dei principali responsabili. Solo in un caso il ministro si è dimostrato scrupoloso: quando ha dato lo stop a un impianto eolico off-shore davanti alle coste del suo Molise. Insomma ricoprite pure l’Italia di autostrade, ma a casa mia niente energie pulite».

Il lavoro svolto da Di Pietro proprio non ha convinto Legambiente tanto da avvicinarlo a quello pessimo del precedente governo. «Autostrade, autostrade e ancora autostrade – spiega l’associazione - Meglio se al Nord Italia. E’ questa la priorità per il nostro Paese secondo l’allegato Infrastrutture al Dpef proposto dal ministro. Si prosegue nel solco della tradizione con una lista di opere che, assenza del Ponte sullo Stretto a parte, altro non è se non la fotocopia di quella redatta del suo predecessore Lunardi.

L’alternativa al “fallimento della legge obiettivo”, come scritto nel programma dell’Unione? Un elenco infinito di interventi per 118,235 miliardi di euro. La strategia per l’individuazione degli interventi prioritari? Una rigida divisione in ordine alfabetico per Regione».

«Ecco allora – si legge nella nota dell’associazione - che scorrendo le voci si scopre che l’Italia ha bisogno di oltre 1.700 chilometri di nuove autostrade. E che le opere più urgenti sono proprio le autostrade del Nord. Non collegamenti ferroviari, non migliaia di moderni treni per il potenziamento del trasporto pubblico urbano, non decine di nuove metropolitane, per cui si prevedono pochi spiccioli e solo se avanzeranno. E per giunta a essere più sacrificato è il sud, dove le infrastrutture di trasporto cadono letteralmente a pezzi, ma che riceve solo il 10% degli investimenti totali. Si scopre anche che per tre grandi opere ferroviarie d’interesse strategico da realizzare al Sud – l’alta velocità Napoli-Bari, la nuova linea Catania-Messina-Palermo e il raddoppio della trasversale Gioia Tauro-Taranto – lo Stato ha deciso di spendere non più di 500 milioni di Euro, la metà di quanto impegnato con la Finanziaria 2007 per gli 86 chilometri della nuova autostrada Pedemontana Lombarda».

Legambiente individua poi in tre punti quelli che spiegano il perché della loro bocciatura al piano delle infrastrutture di Di Pietro. Primo punto: il lungo elenco di opere è pronto a partire solo per le autostrade. Grazie a un prolungamento delle concessioni e ad aumenti delle tariffe si vogliono realizzare: l’Autostrada Tirrenica tra Rosignano e Civitavecchia, la Parma-Verona, la Valdastico Sud, la Gronda di Ponente a Genova. Nuove e meno rigide gare permettono di lanciare il Passante di Bologna, la Ravenna-Venezia, la Brebemi, la nuova tangenziale Est esterna di Milano, il collegamento A27-A23. Un mix di risorse private e pubbliche assicurerà la realizzazione della Pedemontana lombarda, della Pedemontana veneta, della Cremona-Mantova, della Valdastico Nord, della Asti-Cuneo, del corridoio tirrenico Roma-Latina.

Secondo punto: gli interventi ferroviari possono aspettare, non solo la maggior parte degli interventi è rinviata al Piano RFI 2007-2011 che ancora non ha il via libera per gli investimenti previsti, ma per molte opere di cui si discute da anni siamo di fronte a un rinvio sine die. Per non scontentare nessuno fanno parte dell’elenco l’alta velocità Venezia-Trieste e Genova-Milano, ma mancano completamente le risorse per realizzarle (6,128 e 4,962 miliardi di euro). Impressionanti sono gli investimenti che servirebbero per alcuni raddoppi ferroviari tante volte annunciati come imminenti: Napoli-Bari e Palermo-Messina, per la Genova-Ventimiglia mancano 1,540 miliardi di euro, per la “Pontremolese” Parma-La Spezia mancano 1,657 miliardi di euro, per la Orte-Falconara mancano 2,486 miliardi di euro. Per la “velocizzazione” della Roma-Pescara – il raddoppio è considerato troppo costoso – mancano all’appello 1,150 miliardi di euro.

Terzo punto: la parola Kyoto, semplicemente, non esiste. Il sistema dei trasporti contribuisce per circa il 30% alle emissioni di CO2 prodotte in Italia ed è il settore in più forte crescita. Ridurre le emissioni di CO2 è una scelta dell’Unione Europea e un impegno per tutti i Paesi membri. Se in questo settore si sceglie di aumentare il peso del trasporto su gomma è evidente che queste riduzioni andranno realizzate altrove. Pochi mesi fa la Commissione Europea ha bocciato il Piano delle emissioni di gas serra (PNA) presentato dal Governo italiano e ha fissato limiti più rigidi per le aziende energetiche e gli altri settori industriali, proprio perché il settore trasporti continua a aumentare le proprie emissioni e non si individua alcuna politica di inversione della tendenza.

«Di Pietro si faccia spiegare dai colleghi tedeschi, inglesi, spagnoli i criteri con cui loro scelgono le priorità infrastrutturali: noi siamo pronti a sottoscriverle - aggiunge Edoardo Zanchini, responsabile Trasporti di Legambiente - Le priorità devono essere poche e su quelle vanno convogliate le risorse: le città, dove si concentra oltre l’80% della domanda di spostamenti delle persone in Italia, il trasporto ferroviario e l’integrazione modale per offrire un’alternativa al 90% delle merci che viaggia su strada. Solo così si possono ridurre gli incidenti stradali, la congestione, l’inquinamento e le emissioni di CO2. Solo così il nostro Paese potrà finalmente dirsi più moderno e vivibile».

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