[11/07/2007] Energia

Lula il nucleare insegue l’Asia

LIVORNO. Che il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva (Nella foto) non fosse più l’icona del movimento no global e dei sem terra era noto, ma la sua svolta nazionalista-nucleare probabilmente desterà ben più di qualche mal di pancia nella sinistra brasiliana. Davanti ai militari brasiliani ha annunciato la costruzione di un sottomarino atomico e di nuove centrali nucleari: «Nessuno impedirà che il Brasile svolga il ruolo storico che gli è proprio».

Lula quindi non fa nessun mistero che lo sviluppo dell’energia nucleare del Paese servirà ad aumentare il peso politico e la forza militare brasiliana e probabilmente gli Usa, dopo la sua svolta moderata, non gli chiederanno di soprassedere e l’Aiea dell’Onu non farà ispezioni come in Iran. Il governo federale brasiliano ha già autorizzato la costruzione della centrale nucleare Angra 3, a Rio de Janeiro, con una spesa prevista di 3.600 milioni di dollari e per il prossimo decennio Lula ha annunciato lo stanziamento di 75 milioni di dollari all´anno per la ricerca applicata alla generazione di energia elettrica e la costruzione di un sottomarino nucleare che dovrebbe pattugliare i 7.000 chilometri di coste brasiliane, riemerge così, nemmeno tanto velatamente, un vecchio sogno della destra golpista: la bomba atomica carioca.

Il Brasile non vuole probabilmente rimanere indietro rispetto ai Paesi emergenti dell’Asia, dove sono in via di realizzazione 17 dei 28 impianti nucleari in costruzione nel mondo, tutti naturalmente con dichiarati fini civili, ma a leggere i nomi dei protagonisti di questa nuova corsa al nucleare qualche brivido corre lungo la schiena: Cina e India, già potenze nucleari, che cercano nell’atomo carburante per il loro vertiginoso sviluppo e per le loro smanie egemoniche, il Giappone, già terzo al mondo per produzione nucleare e che non nasconde, sull’onda di un rinato militarismo nazionalista, di volersi dotare di atomiche “difensive”, la Corea del Sud dichiara che farà nuove centrali nucleari. A questi si aggiungono i progetti di due reattori nucleari in un paese ancora poverissimo come il Vietnam e la prima centrale che la Thailandia, ancora sottoposta ad un governo militare golpista, vuole costruire entro il 2020. Anche l’Indonesia, il più popoloso paese musulmano del mondo, percorso da tensioni, guerriglia e terrorismo qaedista, vuole iniziare a costruire entro il 2010 il suo primo impianto nucleare con l’aiuto di Corea del Sud e dell’Australia, molto interessata a questo fiorire di centrali nucleari asiatiche, visto che ospita il 40% dei giacimenti di uranio.

Gli unici “cattivi”, ai quali il nucleare dovrebbe essere proibito, sembrano essere rimasti Iran e Corea del Nord, almeno fino a quando non cambieranno i loro governi. Il problema è: cosa succede se in quest’area politicamente instabile cambiano, in peggio, i governi filo-occidentali ai quali il nucleare è consentito? Oppure se qualcuno di questi governi amici decide di risolvere conflitti storici (vedi india-Pakistan) con il ricorso al nucleare militare frutto del nucleare civile?

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