[18/07/2007] Acqua

Siccità, consumi e sprechi: focus sull´agricoltura toscana

FIRENZE. Consumi, sprechi, cambiamenti climatici, scarsità idrica, siccità. Cause e conseguenze non sempre facilmente ponderabili. Il clima negli ultimi anni anche alle nostre latitudini è sicuramente cambiato. Le precipitazioni sono più intense, discontinue, limitate ad aree ristrette. Piove meno d’inverno quando le precipitazione garantiscono il rifornimento delle falde, ma diminuiscono le giornate di pioggia anche in estate e aumentano le ondate di calore.

Il sistema di pianificazione è incompleto, quello gestionale inefficiente con elevate perdite nelle reti, accompagnato da elevati consumi di risorsa, talvolta veri e propri abusi. Tutti noi siamo interessati e coinvolti e lo sono ovviamente i settori produttivi. A partire dall’agricoltura, che essendo il settore di maggior consumo a livello europeo e nazionale, è anche quello dove vi è maggior margine di risparmio in termini di risorsa.

Così verrà evidenziato anche nel rapporto che la Commissione europea presenterà oggi su siccità e scarsità idrica. Non tutta l’agricoltura è uguale e la sua pressione sulla risorsa idrica è differente da regione a regione. Il caso Toscana, stante ai dati forniti da Irpet e Arsia, è peculiare: solo il 6% della Sau (Superficie agricola utilizzata) è irrigato (dato riferito al 2000) e il trend è in diminuzione rispetto al 1990. Rispetto a questi dati, le stime, considerate le inefficienze di distribuzione, parlano di 200 milioni di metri cubi di acqua utilizzati dal settore, pari al 20% dei prelievi totali effettuati sulle risorse idriche.

Quindi in Toscana l’agricoltura è marginale rispetto al consumo di quello che è stato definito l’”oro blu”? Assolutamente no, perché i prelievi sono per circa la metà ristretti in poco più di un mese, (tra giugno e luglio) quando la competizione con gli altri settori è più marcata, specialmente nelle aree costiere. I dati ci dicono che negli ultimi anni si sono irrigate meno le cerealicole come ad esempio il mais (anche in base alla riforma della Pac) ma è aumentata l’irrigazione di alcune colture di pregio come la vite e l’olivo. E sappiamo che la nostra regione è fortemente legata alle produzioni di qualità. Più volte abbiamo ricordato dalle pagine di questo giornale che è necessario una riforma normativa nazionale che metta in rete ed integri tutti i settori, facendo sedere al tavolo della pianificazione tutti i soggetti interessati, anche i portatori di interesse generale che hanno una grande funzione, almeno a livello culturale.

Perché anche qui si tratta di fare qualche passo in avanti. Le proposte per l’agricoltura del resto non mancano: miglioramento dell’efficienza dei sistemi irrigui, riconversione dei sistemi agricoli verso colture meno idroesigenti, adozione di tecniche agronomiche per limitare il consumo d’acqua delle colture, realizzazione di sistemi di accumulo di risorsa idrica superficiale, impiego irriguo di acque reflue. Ogni proposta può fornire un pezzo di contributo sapendo che non tutto può essere realizzato in forma estesa e che comunque è necessario porsi innanzi tutto nell’ottica della riduzione dei consumi (più complessa in una realtà frammentata come quella Toscana con più di 24mila aziende irrigue censite per lo più autonome) e della sostenibilità, adeguando la richiesta alla disponibilità.

L’attuazione delle suddette proposte programmatiche necessita di risorse e di incentivi (che non sono stati individuati nel Psr 2000-2006), altrimenti solo pochi, vista la competitività del settore, sono in grado di investire, ma contemporaneamente è necessario attuare una valutazione costi-benefici (costo di approvvigionamento e valore aggiunto di prodotto) perché altrimenti si configurano nuovi programmi di sussidi non convenienti alla collettività e magari che hanno impatto negativo sull’ambiente. Come potrebbe essere il caso della realizzazione di nuovi invasi previsti in un programma abbastanza recente dell’assessorato all’agricoltura della Regione Toscana.

Piccoli invasi, multifunzionali (irrigazione, approvvigionamento idropotabile, lotta agli incendi boschivi, laminazione delle piene) sarebbero quelli da realizzare. Alcuni di questi possono essere anche utili (in una pianificazione integrata in cui si attuano i passaggi ricordati in precedenza), per immagazzinare acqua da utilizzare come riserva strategica per le emergenze ma non a garanzia del mantenimento di un utilizzo inefficiente. Facciamo anche qui contabilità ambientale, valutiamo efficacia ed efficienza e sostenibilità (economica, sociale e ambientale). Si tratta di soldi della collettività. Intanto sperimentiamo recuperando gli invasi esistenti perché la multifunzionalità lascia qualche dubbio quando gli obiettivi sono per lo più contrastanti, e deve essere dimostrato che possa essere raggiunta.

Torna all'archivio