[18/07/2007] Comunicati

Fao: 28 paesi a rischio fame

ROMA. Questa volta non si potrà dire nemmeno piove sul bagnato, perché una delle cause del problema è spesso la siccità, resta il fatto che, secondo il rapporto Fao Crop prospects and food situation, l’annunciato rallentamento della produzione cerealicola nei paesi a basso reddito con deficit alimentare (Lifdc), al quale si aggiungono i prezzi internazionali spinti in alto anche dai biocarburanti, potrebbe causare l’anno prossimo una situazione alimentare molto difficile nei paesi più poveri ed esposti ai cambiamenti climatici.

Dopo quattro anni di crescita, nel 2007 la produzione cerealicola dei paesi Lifdc aumenterà solo dell’1,2% per cento sul 2006, un tasso di crescita minore di quello della popolazione. Un aumento che andrà a beneficio quasi elusivamente di Cina ed India, che producono anche più cereali, mentre negli altri Paesi ci sarà un lieve calo all’anno scorso.

In Africa sembra particolarmente preoccupante la situazione del Marocco, dove la siccità ha ridotto la produzione di cereali a circa il 25% di quella del 2006. La situazione dell’Africa australere per alcuni versi è drammatica a causa della siccità in Namibia, Swaziland, Lesotho e Zimbabwe, mentre nella stessa area si registrano raccolti sopra la media in Malawi, Angola, Mozambico, Madagascar e Zambia. Nel resto dell’Africa la situazione sembra stabile, con l’esclusione della Somalia, dove all’eterna guerra civile tra signori della guerra e corti islamiche si aggiungerà una produzione cerealicola ridotta. Anche in Sudan, o meglio in Darfur, la guerra e l’insicurezza non permettono l’accesso al cibo alla popolazione civile.

In Asia le piogge monsoniche annunciano buoni raccolti in Estremo Oriente, Cina, India e Pakistan hanno registrato raccolti record, mentre il già poverissimi Bagladesh ha visto il raccolto di grano in parte distrutto da inondazioni e condizioni meteorologiche sfavorevoli. In Corea del Nord la disponibilità di Cibo resta scarsa, ma il primo invio di 400 mila tonnellate di aiuti umanitari di riso promessi dalla Corea del sud, anche in cambio della chiusura di una centrale nucleare, dovrebbe mitigare il problema. In Nepal ci sono problemi alimentari in 45 distretti su 75 distretti, in particolare in quelli occidentali di montagna, dove la fame è diventata cronica. In Iraq la guerra, l’occupazione straniera, il terrorismo hanno provocato 1.8 milioni gli sfollati e più di 2 milioni i profughi che vivono di aiuti esterni e con redditi da paesi del quarto mondo.

In Bolivia i fenomeni climatici estremi hanno messo in gravissime difficoltà le popolazioni rurali di intere regioni che hanno perso il raccolto ed il bestiame a seguito di siccità e inondazioni verificatesi in coincidenza con la stagione produttiva cerealicola principale.

Insomma, per la Fao ci sono 28 Paesi Lifdc del pianeta in gravi difficoltà alimentari, alcuni lo sono ormai da anni, altri lo saranno per molto tempo, sono quasi sempre i Paesi più poveri, più vulnerabili quelli che definire a basso reddito è un eufemismo, perché per gran parte della popolazione un dollaro al giorno è già una grande conquista.

Sono quasi sempre i Paesi più colpiti ed esposti al global warming e dove la lotta per le risorse energetiche, idriche, alimentari e la terra fertile provoca spesso conflitti e guerre civili o tiene in piedi regimi autoritari e corrotti. Paesi che contano poco, forse perché rappresentano la cattiva coscienza di un mondo che cerca nuove soluzioni tecnologiche per resistere ai cambiamenti climatici e produrre più merci, cibo ed energia per nuovi e vecchi consumatori, ma, nonostante le promesse del G8, i megaconcerti di beneficenza ed i buoni propositi, dimentica troppo spesso negli angoli più sfortunati della Terra i più poveri tra i poveri, quelli che troppo spesso non hanno nemmeno una telecamera puntata addosso alla loro miseria.

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