[23/07/2007] Urbanistica

Declino del turismo o declino del Paese?

LIVORNO. Il declino turistico dell’Italia continua, tanto che oggi conquista la testa della prima pagina del “Sole 24 ore” che titola: “Vacanze, l’Italia perde ancora colpi”.
Certo siamo lontani del primo posto in classifica e dai tour romanticim, e anche l’immagine semplice e felice "monumenti, pizza e mandolino" si è un po’ offuscata, magari anche per la spazzatura per le strade di Napoli e per un abusivismo edilizio che ha deturpato le nostre coste più belle e precluso al sud, quello che qualche tempo fa Prodi disse avrebbe trasformato nella Florida d’Europa, un vero sviluppo turistico basato sulla qualità. Certo raggiungere alcune mete turistiche è un’impresa per mancanza di collegamenti degni di questo nome o, come nel caso di alcune isole, Elba compresa, costa quasi quanto il soggiorno in Mar Rosso.

Ma detto questo scrivere come fa il “Sole” che il sesto posto nella graduatoria europea della competitività è uno scivolamento 0171verso le posizioni basse della classifica dell’attrattività mondiale» forse è un po´ esagerato, anche se contiene un allarme reale e che da anni viene ciclicamente lanciato con preoccupazione per poi essere ignorato con serenità olimpica, e tornare a ripresentarsi magari sul finire di un luglio di magra, come quello che vivono oggi molte località balneari.

La verità è che l’industria turistica italiana sembra satolla, sembra accontentarsi di quel che c’è, sostenuta e circondata da milioni di seconde case per vacanze che ne rappresentano il vero nerbo, e spesso si tratta di un nerbo al nero che sfugge a tutte le statistiche, soprattutto a quelle su qualità e competitività.

E allora la polemica sui prezzi troppo cari e l’offerta di qualità troppo bassa diventa un nodo inestricabile, uno dei tanti del nostro Paese. Aumentare la qualità si tradurrebbe probabilmente in un aumento dei prezzi, chi ne farebbe le spese sarebbe il segmento più “basso” del turismo, e la competitività residua sarebbe messa ulteriormente in crisi.

Anche perché abbassare i prezzi, trasformare l’Italia in una sterminata riviera romagnola, sembra impossibile. E l’invocato aumento della qualità sempre più spesso si scontra con situazioni come quelle di Ischia, dove il turismo ha voluto dire 16mila case abusive ed uno sfascio territoriale drammatico. Eppure quel modello, nato di qualità, trasformatosi in fenomeno di massa che ha risucchiato bellezza, paesaggio, ambiente e risorse, si è trasformato geneticamente e resiste in un mix di turismo popolare e pendolare, offerte a prezzi stacciati e quel che rimane di un grande lusso. Bisognerebbe avere il coraggio di fare quello che hanno fatto i tanto ammirati e temuti spagnoli, balzati al secondo posto per la competitività turistica e che ci hanno scavalcato per numero di presenze: nelle Baleari hanno buttato giù alberghi e strade costiere, restaurando coste e paesaggio, da noi per abbattere gli ecomostri illegali ci vogliono (quando riesce) trent’anni e c’è sempre un sindaco che ci si affeziona e non vuole.

L’esempio luminoso da seguire sembra l’Austria, ma il piccolo Paese alpino ha puntato su altro: qualità e genuinità ed ambiente, fin dall’inizio, un modello che sembra quello del nostro Sud Tirolo ma con il tocco in più di una civiltà mitteleuropea nazionale, ed un senso dello Stato e della bellezza come bene comune, che l’ambiente ed il paesaggio li proteggono davvero e dove le parole condono edilizio sono sconosciute ed intraducibili.

La verità è che L’Italia da qualche anno vive pericolosamente sul bordo di una crisi di assestamento forse necessaria ed inevitabile, che solo le scosse tremende della guerra in Jugoslavia, gli attentati delle torri gemelle e quelli a Sharm el Sheik, hanno reso finora meno crudele.

Oggi la Croazia, indipendente e colma di aggressivi capitali tedeschi e dell’est europeo, si presenta bella ed economica e i turisti hanno dimenticato le pulizie etniche e ritornano a frotte.

I ricchissimi ignorano i circuiti tradizionali, snobbano anche gli alberghi, si rifugiano in super yachts e megaville con paparazzi, vippume, veline e gorilla al seguito, i benestanti ed i giovani riprendono a viaggiare verso mete esotiche, magari con voli low cost, i “poveri” e le famiglie organizzano, quando ci riescono, vacanze più brevi, sabati e domeniche mordi e fuggi, trasferimenti armi e bagagli a case al mare, ammucchiando corpi e vettovaglie in pochi metri quadri a caro prezzo o in spiagge dove si paga ogni granello di sabbia disponibile.

Un modello ormai non proprio economico e certo non competitivo, che mostra la corda di una crisi da bulimia, visto che aumenta il gradimento per alberghi ed agriturismi, ma che continua impavido a cementificare le nostre coste con case sempre più sfitte, villaggi sempre più desolatamente sguarniti per 10 mesi all’anno, una metastasi di mattoni che ormai si spinge verso l’interno occupando colline e paesaggi.

E allora in queste condizioni è davvero difficile essere competitivi con chi, in differenti condizioni, punta tutto o sul turismo di massa organizzato o sull’offerta di qualità, due cose che noi cerchiamo di fare stare insieme con un equilibrismo senza scelte reali, senza la strenua difesa delle nostre ricchezze ambientali e, tutt’al più, trasformando i più ricchi giacimenti culturali del mondo in luoghi abbandonati e poco accessibili o, quando va bene, in una specie di Disneyland rinascimentale.

E’ il dramma di un Paese che troppe volte gira le spalle alla sua storia ed alle sue bellezze, divorandole come un cannibale bottegaio.

Forse il futuro ci è già scappato di mano, converrebbe fermarsi un momento a guardare quel che sta accadendo davvero, le dinamiche che muovono flussi turistici enormi, i nuovi ricchi dell’estremo oriente che guardano ancora all’Italia come all’esotico giardino della civiltà e della bellezza estetica. Ma il turismo italiano, salvo forse quello delle città d’arte, ha un difetto: finito settembre si contano i soldi in cassa, si chiude, si va alle Maldive o ai Caraibi per il meritato riposo e si sprofonda in un letargo invernale fatto di persiane chiuse e paesi abbandonati, pronti a calare per la prossima estate la solita rete per catturare i turisti. E nessuno rattoppa le smagliature ormai evidenti anche per il “Sole 24 ore”.

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