[23/07/2007] Monitor di Enrico Falqui

Mesa Verde

Osservando la carta degli Stati Uniti, c’è un punto che ha sempre attirato l’attenzione di tutti gli studiosi di geografia umana; si chiama “Four Corners Point“ e coincide oggi con il vertice di contatto di quattro stati confederali americani: Utah, New Mexico, Colorado, Arizona. Alcune leggende della storia americana dicono che i confini di tali Stati furono tracciati da generali dell’esercito di Giubbe Blu inviate da Washington per sconfiggere le ultime scorrerie dei guerrieri Navajos, guidati dall’indomabile capo Geronimo. Proprio a Four corners point sarebbero stati siglati gli ultimi trattati di pace con le tribù indiane ancora ribelli e tale Punto sarebbe stato tracciato come incontro delle future riserve indiane nelle quali vennero trasferiti i reduci di tali sanguinose battaglie con il “Soldato Blu”.

Ma perché, ancora oggi, questo Punto è oggetto di tanto interesse, non solo da parte degli studiosi di storia americana e di archeologia, ma anche da parte di illustri accademici dell’architettura e dell’ecologia urbana?

Il motivo è semplice: a Four Corners è racchiuso il segreto delle ancora oscure origini delle popolazioni indigene che abitarono gli Stati Uniti, prima della scoperta dell’America da parte di Colombo. Inoltre, la storia della colonizzazione del grande altopiano del Colorado, all’interno del quale sono racchiusi, ancora oggi, molti segreti sulle origini della Terra, ci conferma che circa 10.000 anni fa popolazioni provenienti dall’Asia, attraverso l’attuale stretto di Bering, si spinsero in queste desolate e pre-desertiche regioni per colonizzare l’intero altopiano del Colorado con sparpagliate ma efficienti comunità.

La civiltà Pueblo si è fondata su un’estesa rete di villaggi tra di loro comunicanti, che ha utilizzato con la massima efficienza e produttività tutte le scarse risorse messe loro a disposizione dalla natura.
Attraverso una sapiente conoscenza delle attitudini d’uso dell’enorme territorio da loro progressivamente occupato, gli indiani Anasazi seppero costruire una civiltà neo-tecnica di straordinaria ed avanzata modernità, al punto da rappresentare oggi un vero e proprio laboratorio di studio per migliaia di accademici e studenti di tecnologia dell’architettura e di pianificazione dell’ecologia urbana.

Tutte le più prestigiose università private e pubbliche americane hanno individuato in Mesa Verde il sistema urbano più avanzato nell’evoluzione storica della civiltà Pueblo che si estende dai primi anni dopo Cristo fino al 1300.

Nella prima fase della colonizzazione del grande altopiano del Colorado( 1 d.C – 750 d.C ), le popolazioni asiatiche discese dall’Asia e qui arrivate presero il nome di Basketmakers (fabbricanti di ceste).
Si trattava di un popolo di statura piccola, non più di 1.60 m di altezza, con occhi neri e capelli corvini o rosso scuri; erano un popolo abilissimo nella caccia e nel raccogliere frutti, nel seminare grano e nel conservare in grandi ceste i semi per le future colonizzazioni rurali.

Impararono ben presto l’arte di conservare i cibi, attraverso una dettagliata conoscenza della temperatura a cui potevano mantenersi, costruendo nelle loro abitazioni scavate nella roccia apposite dispense, nelle quali si conservavano i cibi oppure si stoccavano in enormi canestri i semi per le future coltivazioni.
La natura particolarmente ostile in inverno (grande freddo e tormente di neve) e in estate (grande caldo e prolungata siccità) costringevano queste prime popolazioni ad un’attenta valutazione delle risorse disponibili in funzione della dimensione demografica della comunità e soprattutto in funzione della riproducibilità del ciclo agronomico.

Oggi, con linguaggio moderno, diremmo che i Basketmakers cercavano di progettare un’economia in equilibrio stazionario, in maniera tale che mentre trasformavano la natura in cui vivevano e i villaggi crescevano, ci fosse una pianificazione delle risorse essenziali per il futuro sviluppo di queste comunità.

Molti studiosi di storia del cibo, nelle università di Stanford (California), Rutgers (New Jersey), e di Atlanta, non hanno ancora compreso le origini americane del granoturco, di cui queste popolazioni si cibavano in gran misura e che spiega la progressiva distribuzione di esso di villaggio in villaggio da parte di queste popolazioni indiane originarie, arrivando a colonizzare le terre rurali del sud e del nord degli Stati Uniti.

Così, dopo l’introduzione del granoturco nella loro dieta alimentare, i Basketmakers impararono a utilizzare fagioli, patate, pomodori e molti altri legumi. Questa rivoluzione alimentare li portò a non dover dipendere più né dalla caccia ,né dagli spostamenti della tribù a lunghe distanze per la ricerca del cibo necessario alla loro sopravvivenza.

In questo modo si spiega la nascita della civiltà più evoluta dei Basketmakers, quella degli Anasazi (Pueblo) che a partire dal 750 d.C fino al 1300 d.C organizzarono la loro vita in villaggi arroccati sulle pendici più alte dei canyons esistenti tra Colorado e New Mexico, dove appunto si eresse la comunità di Mesa Verde.
Mesa verde significa tavola verde, in spagnolo, e venne scoperta durante il periodo della ricerca dell’oro e di altri metalli preziosi da parte di migliaia di coloni che si trasferirono dall’Est all’Ovest degli Stati Uniti, alla ricerca di una migliore condizione di vita e di successo economico. Il “sistema urbano” di Mesa Verde fu scoperto nel 1859 e nel 1906 fu dichiarato Parco nazionale su proposta di Virginia Mc Clurg, la quale ne studiò a lungo le rovine in accordo con la tribù locale di indiani Ute, che manteneva su quel territorio il diritto di proprietà a causa dell’esistenza di una piccola riserva indiana in quell’area.

Nel periodo d’oro della civiltà Pueblo, Mesa Verde doveva ospitare circa 5000 abitanti , che erano distribuiti in una comunità di rete di villaggi arroccati nella parte estrema superiore del canyon, a pochi metri dalla sua sommità dove le popolazioni dei villaggi aveva installato le coltivazioni necessarie alla loro sopravvivenza.
I villaggi erano separati tra loro anche di un paio di chilometri in linea d’aria ma in ciascuno di essi esisteva un punto preciso, indicato da una pietra, stando sulla quale si poteva conversare a voce normale con un abitante che si trovava nel vicino villaggio senza alcuna difficoltà.

Oggi, potremmo dire che gli indiani Anasazi avevano scoperto il telefono e che ciò facilitava enormemente la vita di villaggio e le necessarie informazioni rapide per la loro difesa.

Non vi è alcuna prova archeologica che gli Anasazi abbiano dovuto difendersi da tribù nemiche e che questa sia la ragione per collocare in un luogo così impervio la rete dei villaggi di Mesa Verde, tuttavia è probabile che la lotta per la sopravvivenza fosse assai dura in quell’epoca e che molte tribù diverse da quelle Pueblo ambissero a impossessarsi non tanto di quei territori desolati e estremi , quanto a impossessarsi dei segreti (oggi diremmo il Know-how) che avevano permesso agli Anasazi di costruire quella civiltà così avanzata.

E’ ancora oggetto di studio delle prestigiose università americane precedentemente citate, attraverso quale combinazione di effetti gli Anasazi avessero costruito le loro abitazioni e i luoghi di culto (Kivas).
Il fatto stupefacente è che queste abitazioni sfruttano tutti i più moderni principi e criteri dell’architettura bioclimatica, ben riscaldate d’inverno e ben areate e fresche in estate.
Uno straordinario sistema di raccolta delle acque piovane, attraverso gronde scavate nel frontone superiore del canyon, permettevano a tali popolazioni di avere sufficienti risorse idriche, anche per lunghi periodi di siccità.

Ma la cosa che più sorprende il visitatore, è la straordinaria bellezza architettonica delle abitazioni di questi villaggi, la straordinaria modernità di tecnologia edilizia e l’esposizione delle abitazioni rispetto alla radiazione climatica e alle correnti dei venti dominanti. Stupisce la pignola disposizione dell’organizzazione degli spazi collettivi e di quelli privati, quasi che gli indiani Anasazi possedessero già una cultura del paesaggio urbano e un’attenzione speciale verso tutto ciò che avesse potuto compromettere la rinnovabilità dell’ambiente in cui vivevano.

L’idea di Ecopolis, la città ideale che permette il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile anche in condizioni estreme e in un habitat ostile all’uomo, è nata proprio a Mesa Verde.
Rimane oggi il mistero su cosa abbia provocato l’abbandono da parte di quelle popolazioni di questo Eldorado, poco dopo il 1300 d.C. Una lunga siccità (oltre 30 anni, dicono alcune leggende)? Oppure lo svilupparsi di malattie che ne hanno decimato la popolazione?
E’ ancora oscuro tutto ciò, proprio come è oscuro il futuro che sta davanti al Pianeta dentro il quale noi tutti oggi viviamo.

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