[01/08/2007] Consumo

Le raccoglitrici di babasù non vogliono il biodisel

LIVORNO. L’epoca del surplus alimentare sembra finita: il prezzo del mais in un anno è salito dell’80%, del 50% quello del grano, per tutti i generi alimentari si prevedono altri aumenti per prezzi che sono già al record. A spingere su i costi del cibo (e delle materie prime) sono la forte crescita e l’aumento di esigenze alimentari di Cina ed India e la nuova industria dei biocarburanti. Questo sta producendo due inaspettate conseguenze: la difficoltà economia crescente dell’Onu e delle Ong ad aiutare le popolazioni in crisi alimentare e la ricerca di nuove fonti per tenere in piedi la produzione di biocarburanti. Ma la profezia di Fidel Castro sull’amoralità di usare il cibo destinato ai poveri per fabbricare carburante appare più concreta e vicina di quanto si pensava.

Un esempio di questa contraddizione viene dal Brasile, dove si cercano alternative sostenibili per la produzione di biocarburanti e si punta sul babasú (Orbignya phalerata martins), una palma abbondante nell’ Amazzonia orientale e nel povero nordest del Brasile, che ha un gran potenziale per la produzione industriale di biodisel e di biomasse per la produzione di energia, ma questo potrebbe compromettere l’economia locale basata sulla raccolta dei frutti da parte delle donne.

Le donne del Movimiento interestadual de rompedoras del coco Babasú del Maranhao sono molto preoccupate perché temono che questo, come nel passato porti ad una nuova ondata di privatizzazione delle foreste, trasformate in latifondi, aree minerarie e zone per il taglio di legname e chiedono una legge nazionale per il libero accesso dei raccoglitori locali alle palme di babasú e per fermare la distruzione di un ambiente essenziale per l’economia “popolare”.
Circa 400 mila persone, quasi tutte donne, sopravvivono estraendo l’olio dei frutti ed altri prodotti babasú che vengono utilizzati per alimenti, prodotti per l’igiene e artigianato, attività che potrebbero essere compromesse da una produzione meccanizzata e dall’utilizzo delle palme per produrre energia da biomasse.

Ma per Fernando Carvalho Silva, coordinatore del nucleo biodisel dell’università di Maranhao «è possibile produrre il biocombustibile dal babasú senza interrompere la fonte di guadagno delle “rompedoras de coco”, persino ampliandola. Richiede un sistema più efficiente di raccolta del cocco e di estrazione delle sue sostanze o semi, che contengono l’olio».

Infatti il contenuto oleoso del babasù è solo il 7%, ma del frutto non si butta nulla: la “buccia” dura ha un alto potere energetico, la polpa del mesocarpo è ricca di amido ed utilizzata per alimenti.
«La possibilità di produrre biodisel – spiega Silva - dipende quindi dalla realizzazione di una filiera cha metta insieme industria alimentare, fertilizzanti, energia, prodotti cosmetici ed altro»
Ed alle sospettose comunità locali viene proposto un impianto pilota per produrre combustibile autonomamente: tra 250 e 280 litri al giorno di biodiésel purificato per decantazione, senza costose centrifughe.

Attraverso incentivi come questi il governo centrale spera che le donne diano il via libera ad un progetto che comporterebbe comunque una totale modifica dell’economia basata sul babasú. I boschi di babasú si estendono su 18 milioni di ettari nel Maranhao ed il loro cocco è il principale prodotto forestale brasiliano e la sua raccolta finora avveniva praticamente tutta a mano.

«Nessuna macchina può sostituire le “rompedoras de coco"» dicono le donne del Movimiento interestadual, perché non “vede” la posizione dei 4 0 5 semi all’interno del frutto, una sensibilità che si tramanda di madre in figlia. Ogni donna estrae al giorno circa 8 chili di semi e guadagna così 3,80 dollari, «poco denaro – dicono le raccoglitrici – ma molto di più di quel che da il biodisel» e per questo continuano ad opporsi alla produzione di biocombustibile.

Il Movimiento de rompedoras non è assolutamente convinto delle promesse di incentivi e riduzione di tasse del governo e sottolinea che il programma federale per la produzione ed uso di biodisel non comprende il babasù, per le raccoglitrici l’interesse verso questa nuova fonte energetica a basso costo potrebbe solo significare che i boschi di babasú se li accaparreranno le grandi imprese agroenergetiche, a scapito dell’agricoltura familiare, comunitaria e femminile.

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