[03/08/2007] Rifiuti

Ancora sull´inceneritore di Montale

PISTOIA. Giuliano Ciampolini (membro del Comitato NO! all´inceneritore del Calice) interviene oggi sulla questione della chiusura dell’inceneritore di Montale a seguito del riscontro di un valore più elevato di quello previsto di emissioni di diossine.
«Ho sempre pensato – spiega in una nota - che, di fronte a presunti pericoli per la salute delle persone, dovrebbe valere il principio di precauzione: sarà per questo che non capisco perché non viene sconsigliato di alimentarsi con frutta e verdura coltivate intorno ad un inceneritore, o vendute da ambulanti che le espongono a giornate intere agli scarichi delle marmitte nelle strade di traffico intenso. Comunque, gli esperti stipendiati dagli Enti pubblici (quindi pagati con i soldi delle persone che versano le tasse), con le loro professionalità specifiche, ci sono anche per dare risposte esaurienti ai cittadini che le chiedono e ritengo che è una novità importante la decisione, di Asl e Arpat, di fare un´indagine epidemiologica e sui terreni intorno all´inceneritore; altrettanto importante è che, almeno l´analisi dei terreni, venga fatta a settembre, prima di un´eventuale riapertura dell´inceneritore».

«Queste analisi – prosegue - non avrebbe senso condizionarle alla riapertura dell´impianto: se è vero che il tempo di dimezzamento delle diossine varia da 7 a 10 anni e che si sono depositate in maniera più consistente nell´area circostante all´inceneritore insieme ad altri metalli(alcuni molto pericolosi) nei 30 anni di funzionamento dell´inceneritore, nel fare le analisi sui terreni (tramite il cosiddetto carotaggio), l´inceneritore spento o acceso non aggiunge niente, appunto perché si tratta di diossine o altre sostanze che si sono depositate e sono filtrate nei terreni in un lungo periodo. Abitando ad Agliana, aggiungo che, dal punto in cui è localizzato l´inceneritore, le correnti d´aria vanno prevalente verso sud/ovest (cioè verso Agliana e Stazione di Montale) e verso nord/est quando c´è il maestrale(cioè verso Oste): quindi, se c´è la volontà, per fare le analisi(tramite carotaggio) sui terreni, basta decidere i punti di prelievo (nel cerchio di un chilometro intorno all´inceneritore) e farle».

«Dai risultati – conclude - possono trarne conferma o smentita anche le scelte dell´Ato 5, di potenziamento fino a 220 T/G: perché, nel caso di risultati preoccupanti, risulterebbe evidente la necessità di arrivare, nei tempi più brevi possibili, alla chiusura definitiva senza ipotizzare la costruzione di nuovi inceneritori che moltiplicherebbero le conseguenze negative per la salute e per l´ambiente».

E sulla questione interviene anche Il Coordinamento Comitati della Piana Firenze, con una serie di domande a partire dall’interrogativo: Cosa cova sotto la ‘cenere’?. «Mentre assistono – scrivono in un comunicato - all’indecente spettacolo di scarica barili, messo in atto da chi doveva garantire la tutela della salute dei cittadini, da chi doveva garantire l’efficienza e la trasparenza dei controlli, da chi doveva garantire una buona, corretta e trasparente gestione dell’impianto. Le responsabilità rimbalzano, come nel gioco del pallone, senza che si venga a capo della intricata e fumosa vicenda. Tutti sperano nel provvidenziale intervento della magistratura che però, fa sapere a mezzo stampa, che nessun fascicolo è stato aperto».


«L’Arpat – proseguono - , che dal prelievo dei campioni alla comunicazione dei dati ha impiegato la bellezza di 75gg, a fronte dei “miracolosi” 8gg trascorsi fra il prelievo del 19 luglio ed i nuovi esiti che dovevano essere il preludio alla riapertura dell’impianto se sono fossero stati ancora così pesantemente negativi, non ha trovato di meglio da fare che scagliarsi contro la cattiva gestione del CIS. Ma se sapevano che c’erano lacune nella gestione del CIS, perché hanno aspettato 75gg per dare l’esito delle analisi? e perché in provincia 3 gg fa la stessa Arpat rinnova la fiducia allo stesso CIS che in precedenza era stato etichettato come “incapace gestore” ad operare, per di più con lo stesso numero di controlli annuali originariamente convenuti (4 ma di fatto 1 solo da parte dell’Arpat) che hanno portato a questa pericolosa situazione sanitaria?».

«In tutta questa storia – aggiungono - la Asa che di fatto aveva dato parere negativo all’ampliamento dell’Inceneritore proprio perché il CIS non poteva garantire il mantenimento del livello di emissione degli inquinanti, prende atto della necessità di fare una verifica del livello delle diossine, furani e metalli pesanti al suolo, mentre l’Arpat per bocca della dott.ssa Cantoni, risponde che tale ricerca sarebbe una perdita di tempo perché mancano i dati comparativi. Questa è la domanda che da tempo abbiamo rivolto anche ai sindaci i quali però hanno sempre eluso la risposta, perché in tutta la vita dell’impianto non sono mai state fatte le analisi al suolo?».

Il documento si conclude con l’annuncio da parte del comitato dell’invio a breve «al dipartimento della Prevenzione Sanitaria e Ambientale del Ministero della Salute ed all’Istituto Superiore di Sanità della copia della diffida di commercializzazione dei prodotti con le nostre note integrative nella speranza che a livello Nazionale si prendano quelle decisioni precauzionali che a livello Regionale ostinatamente vengono disattese».

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