[06/08/2007] Urbanistica

La tutela del paesaggio, i conflitti e il governismo

LIVORNO. Secondo Alberto Ziparo il paesaggio si tutela con il conflitto. Lo scrive sul Manifesto di ieri prendendo come esempio proprio la Toscana, dove «gli abitanti organizzati in comitati, ne difendono integrità e valori» dagli assalti delle imprese «quasi sempre d’accordo con le istituzioni locali e regionali, che propongono trasformazioni sempre più impegnative in nome delle esigenze dello sviluppo turistico e commerciale».

In realtà così come è un totem inamovibile quello della crescita, sia a destra che a sinistra con solo qualche debole sfumatura o caso isolato in quest’ultima, pure i conflitti territoriali sono terribilmente bipartisan: la destra non disdegna certo di trovarsi all’interno dei vari comitati a prescindere molto spesso dal merito delle questioni e finalizzati solo a convenienze del momento. C’è quindi anche un totem conflittuale – anche questo quindi da destra e da sinistra - contro gli strumenti della crescita.

Per questo la lettura del “conflittismo” che ne dà il Manifesto è sbagliata almeno quanto quella che ne dà Forza Italia, che nello stesso giorno sul Giornale fa spiegare al deputato azzurro Benedetto Della Vedova perché il partito di Berlusconi debba colorarsi anche un po’ di verde: «siamo critici verso l’ambientalismo del no, ideologico, della sinistra, che rischia di diventare una lotta al capitalismo con altri mezzi. Con noi i No diventano sì o almeno forse».

Questo schema dell’ambientalismo del sì contrapposto all’ambientalismo del no risulta ormai logoro e superato dai fatti e dagli esempi che popolano le nostre regioni, città e piazze: esiste (dovrebbe ancora esistere) una capacità di discernimento del singolo individuo, a maggior ragione nei soggetti e nei movimenti collettivi? Possibile che non si voglia abbandonare l’obsoleto concetto manicheo del Sì o del No e al contrario non si voglia valutare caso per caso in modo diverso?

Conflitto e governo sono la fisiologia della democrazia, "conflittismo e governismo" sono la sua patologia. Ciò che invece andrebbe inseguita e cercata con convinzione è una riforma dello sviluppo, che si basi realmente su una riconversione ecologica dell’economia, oggi solo sporadicamente proposta, spesso più per immagine che per convinzione.

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