[06/08/2007] Recensioni

La recensione. Il mercato di Giuseppe Bertola

La convinzione che la libertà di iniziativa economica, in quanto contrapposta ad ogni chiusura di tipo corporativo, costituisca condizione indispensabile per il progresso economico, accompagna fin dal nascere del capitalismo industriale, la graduale affermazione del modello di economia di mercato.

Ma che cos’è il mercato e quali i vantaggi e le imperfezioni forse non è cosa ovvia per tutti. Ecco quindi che Giuseppe Bertola descrive e interpreta il suo funzionamento non in astratto, ma nella realtà di tutti i giorni. Perché – a suo avviso – il mercato può fornire una soluzione ai problemi di tutti. Naturalmente a certe condizioni e cioè che tutti abbiano la possibilità di confrontare necessità e disponibilità e di scegliere le varie combinazioni. E perché ciò avvenga occorre che siano ben definiti i diritti di proprietà, sia forte la concorrenza, che il mercato abbia regole chiare di funzionamento, sia trasparente, ben informato ed accessibile a tutti.

Il sistema di mercato si affida ad una pianificazione per così dire “decentralizzata” in virtù della quale le scelte relative a che cosa, come, dove e quanto produrre sono determinate dalla somma di un numero imprecisato di produttori e di consumatori. Ed è proprio qui che entra in gioco la concorrenza. Per molti elemento essenziale e irrinunciabile proprio perchè impone ai protagonisti del processo economico (produttori e rivenditori) di compiere ogni sforzo inteso ad ottenere un costante miglioramento della qualità dei prodotti e una gara al ribasso dei prezzi verso il prezzo di costo; esclude dal mercato le unità produttive inefficienti e marginali, liberando risorse e rendendole disponibili per impieghi più redditizi; promuove la differenziazione produttiva, moltiplicando le alternative di scelta del consumatore; evita le concentrazioni permanenti di potere economico favorendo l’accesso al mercato e l’affermazione degli operatori più capaci e meritevoli.

Però anche il più convinto sostenitore di questi elementari postulati – che stanno alla base di ogni economia di mercato – non può prescindere dalla consapevolezza che la libera azione delle forze economiche se affidate a se stesse non è in grado né di garantire la compatibilità dello sviluppo con talune istanze di ordine sociale e ambientale né di assicurare la conservazione di quel pluralismo economico (costantemente minacciato dalla formazione di monopoli e oligopoli) che è garanzia del funzionamento del mercato. In altre parole il mercato va orientato verso la sostenibilità, perché da solo non ce la fa.

Il mercato ragiona in termini economici e trascura tutto ciò che non può essere tradotto in tali termini. E se lasciato da solo non funziona bene e se orientato verso la sola crescita economica in termini monetari trascura beni e servizi non quantificabili economicamente.

E’ importante rendersi conto che tutti i problemi che si confrontano con il mercato sono rappresentati in termini economici cioè di costi e benefici, prezzi e ricavi, domanda e offerta. Le persone decidono quanto compare e quanto vendere in base al prezzo di mercato. Ma non tutto ha un prezzo. Non per tutti i beni e i servizi esiste un mercato. Le singole persone soddisfano i propri bisogni trascurando gli effetti del loro comportamento sul benessere di altre persone se questi effetti non sono mediati da prezzi e mercati. E molti di questi comportamenti si scaricano su altri mercati. Anche se non si paga per non inquinare o suonare il clacson il fastidio di vivere vicino alla strada è uno dei motivi per cui gli alloggi al piano terra valgono di meno e le limitazioni al diritto di non essere disturbati spiegano perché i terreni vicino agli aeroporti valgono di meno di quelli vicino ad aree pedonali.

Ma anche in questo caso il metro è sempre quello del prezzo, del ricavo e della valutazione economica

Il mercato, dunque, da solo non è in grado di risolvere i numerosi problemi che si presentano in una realtà come la nostra dove oramai economia, società e ambiente non possono essere considerati come fattori distinti ed indipendenti gli uni dagli altri.

Dunque chi si occupa di economia non può non confrontarsi con altre esigenze non immediatamente misurabili attraverso gli strumenti economici. Il Pil, esempio di indicatore economico, conteggia solo le transazioni monetarie e dice molto sui consumi, ma non sul benessere umano o sullo stato dell’ambiente. Trascura i servizi prestati gratuitamente, il valore del tempo dedicato ad attività ricreative e la perdita delle risorse naturali data dalla produzione di beni e servizi. Considera come vantaggiosi sintomi di crisi sociale perché generano profitti e non discrimina fra transazioni monetarie che effettivamente potenziano il benessere e quello che lo riducono.

E’ perfettamente possibile che i consumi umani crescano, ma al costo di una capacità ecologica in caduta libera. E pensare che una crescita basata soltanto sulla logica dei profitti sia infinita è utopia. Il limite ce l’ha e come. E’ cosa ovvia che, sia l’economia sia la società, possono sussistere solo a condizioni che l’ambiente naturale sia in buona salute. Che il commercio, il mercato, non possa sopravvivere al di fuori della società e che questo non possa neanche esistere al di fuori dell’ambiente. Ed allora muoversi verso la sostenibilità, significa non replicare i modelli di sviluppo conosciuti.

Torna all'archivio