[17/08/2007] Energia

L’Asia, l’Europa e l’America sulla linea fredda del nucleare

LIVORNO. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha comunicato che i danni causati dal terremoto del mese scorso alla centrale nucleare giapponese di Kashiwazaki-Kariwa sarebbero «meno importanti del previsto». A spiegarlo è personalmente il direttore generale dell’Agenzia atomica dell’Onu, Mohamed ElBaradei, che scrive in un comunicato ufficiale che «la missione dell´Aiea e le analisi giapponesi dell’incidente «forniscono degli insegnamenti, sia positivi che negativi, Che saranno applicabili ad altre centrali nucleari nel mondo».

La fuoriuscita radioattiva sarebbe sotto il limite di pericolo per la salute umana e l’ambiente. «Se l´intensità del sisma ha superato il livello di tolleranza delle strutture della centrale – rassicura l’Aiea - il margine di sicurezza” addizionale è stato rispettato sotto tutti gli aspetti della costruzione ed ha permesso che l’impatto sia stato moderato». Ma l’Aiea sottolinea che è essenziale proseguire le analisi tecniche per permettere di comprendere di comprendere quali elementi abbiano avuto un ruolo nella resistenza al sisma, anche perché, nonostante tutto, «certi componenti della centrale potrebbero essere difettosi a lungo termine» ed occorre un’analisi addizionale per decidere il loro eventuale e rapido rimpiazzo.

Ma l’incidente alla “supersicura” centrale giapponese non sembra aver provocato molta impressione tra governi e imprese, a cominciare dall’italiana Enel, che precluso il mercato atomico italiano dal referendum, sbarca nell’ex Est comunista europeo per costruire due nuovi reattori all’interno della vecchia centrale sovietica di Slovenske Elektrarne, a Mochovce in Slovacchia. L’Enel parteciperà a finanziare gli 1,8 miliardi di Euro che serviranno per costruire i reattori slovacchi, mentre il suo partner Slovenske Elektrarne cercherà finanziamenti e farà un project financing. Il tutto per terminare entro il 2012.

Intanto anche l’India, grazie agli aiuti promessi da Bush, ha avviato la costruzione di 8 nuovi reattori ad acqua pesante , per una potenza di 700 MW ciascuno, e dovrebbe metterli in funzione entro il 2012. Una capacità energetica totale di 5.600 MW, che verrà installata nelle due centrali di Kakrapar, nel Gujarat, e di Rawatbhat, nel Rajasthan, che supererà quella di tutti gli impianti nucleari già esistenti nel subcontinente: 4.680 MW.

Ma l’india, potenza nucleare anche in campo militare, non è intenzionata a fermarsi qui e realizzerà altri cinque progetti per aumentare la capacità delle sue centrali nucleari di altri 3.580 MW. Il recente accordo con gli Usa, anche in funzione di contenimento della Cina, garantisce al governo di “centro-sinistra” di New Delhi la possibilità di acquistare reattori ad acqua leggera e combustibile nucleare all’estero, e punta a sostenere la crescita economica indiana che teme di essere strozzata dalla mancanza di petrolio. l.

E se uno storico alleato della Russia (e prima dell’Urss) guarda a Washington, Mosca liscia l’ispida barba di un arcinemico degli Usa e al summit dell’ l´Organizzazione di cooperazione di Shanghai (OCS) in corso a Bichkek, la capitale del Kirghizstan, il ministro degli esteri russo, Sergueï Lavrov, ha detto che non vede «la minaccia proveniente dall’Iran con la quale gli americani spiegano la necessità di sviluppare degli elementi per la loro difesa antimissile (Abm) in Europa. Analizzando non solo la dichiarazione dei dirigenti dell’Iran, ma anche le informazioni assai precise di cui disponiamo, non vediamo alcuna minaccia di questo tipo per lungo tempo ancora, anche se l’Iran avesse intenzione di detenere missili».

Un no secco all’intenzione Usa di schierare una terza zona di difesa antimissile in Europa in funzione antiraniana e un via libera al regime islamico ad andare avanti nel riarmo per proteggersi dagli americani ed un sostanziale sì al nucleare iraniano.

Frasi pesanti perché sembrano condivise da un altro grande attore dell’Ocs, la Cina storico avversario dell’India, “amica” del Pakistan e in affari con l’Iran, e perché la Russia sta gradatamente riprendendo il controllo degli altri Stati che fanno parte dell’organizzazione di Shanghai: le “democrazie” autoritarie (e ricche di petrolio) che hanno perso il posto delle repubbliche sovietiche nel centro dell’Asia, che, passata la sbornia filoamericana post invasione dell’Afghanistan, sono sempre più vicine al vecchio padrone ex comunista e alla Cina ancora nominalmente rossa.

Un brivido di nuova guerra fredda sembra percorrere la linea calda dell’Asia per antiche frontiere, con al centro le ambizioni nucleari vecchie e nuove, e non è un caso se autorevoli fonti russe dicono che il pericolo di uno scontro atomico va di nuovo aumentando, e stavolta con attori meno ideologici, ma molto più numerosi e incontrollabili.

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