[20/08/2007] Aria

Smog, quando a pagare è chi fa inquinare...

LIVORNO. Trenta milioni di euro a 500 malati di asma. E’ l’accordo extragiudiziale che ha chiuso la class action (aperta da 520 vittime dell’inquinamento) contro le case costruttrici di auto in Giappone (Toyota, Nissan, Diesel, Mitsubishi, Hino, Isuzu e Mazda) e che è destinato a fare storia. Una notizia che arriva nelle stesse ore in cui in Cina, precisamente a Pechino, è stato dato lo stop a un milione di auto. La decisione – ovvero 24 ore di targhe alterne - è stata presa dalle autorità per cercare di porre limiti alle emissioni di gas tossici (attualmente a livelli record) in vista delle Olimpiadi 2008. Si tratta di un esperimento, un test in vista dei giochi. Il tema dunque, torna ad essere quello della mobilità sostenibile, un miraggio ancora in Europa e quasi un’utopia di fronte a quanto accade appunto in Asia. Ne abbiamo parlato con Guido Viale, economista, esperto di mobilità e saggista (tra i suoi libri citiamo “Tutti in taxi” e “Vita e morte dell’automobile”).

Viale, che cosa ne pensa di quanto è accaduto a Tokyo con lo smog finito in tribunale e con le case automobilistiche che hanno accettato di pagare per i malati di asma?
«E’ un avvenimento molto importante che sembra ripercorrere la lotta al tabagismo in corso negli Usa. Una lotta che ha avuto grossi risultati sia nel senso di ridurre la platea di persone che fumano, sia nel senso di infliggere grosse sanzioni alle case produttrici di sigarette. Pur senza per questo ridurre in maniera sufficiente i danni provocati. Si è infatti assistito a un trasferimento dei fumatori dai paesi più sviluppati a quelli meno e dalle classi più privilegiate a quelle meno. La campagna comunque è ancora in corso e in ogni caso, per tornare alla sua domanda, i tumori provocati dallo smog ai polmoni sono di più di quelli che sono causati dal fumo. Veronesi non sarà d’accordo, ma gli studi della American Lung Association parlando di 15 milioni di morti di cancro al polmone all’anno negli Usa a causa dello smog, principalmente derivato dal traffico. Per non parlare dei malanni cardiaci sempre dovuti all’inquinamento dell’aria. Il fatto quindi che dal Giappone arrivi questa notizia fa ben sperare. Credo che se venissero risarciti tutti quelli che subiscono le conseguenze dello smog – da passivi, quindi, e non da attivi come nel caso del tabacco dove a essere risarciti furono i fumatori – per la case automobilistiche sarebbero dolori».

Certo che in questo caso saremmo però tutti o quasi vittime e carnefici, visto che all’auto non rinuncia pressoché nessuno.
«Infatti riguarda tutto il genere umano. Mentre possiamo dire a un fumatore di andare da un’altra parte, per l’uso dell’auto siamo tutti nella stessa situazione. Si tratta di una lunga lotta. Una lotta che però spero abbia l’effetto almeno di una forte riduzione dell’uso dell’auto».

In Cina, intanto, provano a far qualcosa con le targhe alterne.
«La Cina si sta cacciando in un vicolo cieco per aver abbracciato in pieno il modello occidentale, ripetendone i medesimi errori. Questo con la complicità del governo cinese, ma soprattutto per colpa delle industrie automobilistiche che hanno visto in quella grandissima nazione il nuovo fronte di mercato dopo che quello occidentale si sta sostanzialmente saturando. In Cina è ormai conclamato un danno dovuto all’inquinamento e alla congestione del traffico enorme che mette in crisi gli equilibri e gli assetti sociali. Una cosa è quindi certa: considerando che la Cina ha 1 miliardo e 300 milioni di abitanti, c’è il forte rischio che con l’aumento costante delle vendite delle auto soffochino il pianeta. Ma c’è dell’altro».

Dica.
«A Pechino sono stati chiusi gli impianti di etanolo. Si tratta di un primo allarme di quanto accadrà presto anche in Brasile e Usa. Attraverso i biocarburanti si pensa di ridurre in parte il bisogno di risorse fossili. Ma la cosa ha avuto tanti e tali impatti sull’alimentazione e sui prezzi agricoli che è diventata evidente l’incompatibilità di una riconversione dell’alimentazione dell’auto con derrate alimentari. Alla fine queste derrate alimentari o si danno agli uomini o si danno alle auto...».

I biocarburanti comunque vengono indicati come una strada da percorrere insieme a diverse altre, non come la soluzione a tutti i mali.
«Tanti ambientalisti ancora pensano che sia una strada percorribile, ma mi pare significativo che contro i biocarburanti si siano schierati sia Fidel Castro sia l’Economist, due voci di natura assolutamente diversa ma che arrivano alle stesse conclusioni. Il prezzo da pagare per i biocarburanti è alto e in Cina già se ne stanno accorgendo, come del fatto che circolano troppe auto. Quella delle targhe alterne è comunque una soluzione palliativa, sappiamo bene che non serve assolutamente a niente. Qui servono decisioni drastiche».

Lei crede che per una mobilità mondiale più sostenibile sia più verosimile un futuro con auto che usano una fonte energetica diversa e più pulita dal petrolio, oppure un proliferare virtuoso di treni, tramvie car sharing e via dicendo che di fatto riducano in modo significativo la presenza di auto sulle strade?
«Non c’è alcuna soluzione tecnicamente proponibile per motori che vadano con una benzina diversa da quella derivata da fonti fossili. Dell’auto a idrogeno se ne sente parlare da anni, ma non se ne vede traccia o quasi. Almeno da qui a dieci anni inoltre, non è pensabile che si riesca a trasferire il traffico auto su altri mezzi. E c’è anche un problema di spazio: in Cina per le Olimpiadi dovranno togliere fisicamente le auto dalle strade, perché altrimenti non c’è posto per i turisti. Quindi con il prezzo del petrolio, e anche delle altri fonti fossili destinato a salire, serve un cambio radicale del modo di viaggiare. Servono sistemi diversi. Penso al car sharing, ai taxi collettivi, a tutte quelle iniziative che modifichino le abitudini relative all’uso dell’auto. Non è la fine del mondo, sono cose che si possono fare, basta che ci sia la volontà politica e culturale di fare questo passo».

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