[23/08/2007] Consumo

Pradotti tossici, Greenpeace stila la lista dei buoni e cattivi

LIVORNO. «In Italia sono stati ritirati alcuni giocattoli, ma è seriamente il caso di allargare il range dei controlli anche nel nostro Paese». La denuncia arriva da Greenpeace, che prende spunto dalla notizia di ieri proveniente dalla Nuova Zelanda, dove sono stati posti sotto sequestro numerosi prodotti provenienti dalla Cina e contenenti sostanze tossiche. L’associazione ambientalista da anni denuncia le sostanze tossiche contenute in alcuni prodotti presenti sugli scaffali Italiani e fa nomi e cognomi.

Nel 2005 ha infatti pubblicato un rapporto in cui denunciava i prodotti contenenti sostanze pericolose: diversi beni di consumo, fra cui cosmetici, tessili, giocattoli e prodotti per la pulizia della casa; fra i risultati era stata rilevata la presenza di sostanze dannose negli abiti per bambini della Disney e in 36 marche di profumi. Due i giocattoli risultati più tossici “Barbie Fashion Fever” e “Spiderman Flip n’Zip”. Pericolose anche le stampe presenti sulle T-shirt sportive per bambini, la “Maglia bielastica Beba Girl collection (5 anni)” e la “K.T.Shirt MC Sport&Stripes”. Diversi prodotti per la detergenza dei bambini contenevano composti potenzialmente pericolosi.

Ma Greenpeace non dimentica di citare anche quelle aziende che invece, almeno da questo punto di vista, sono più virtuose: per i giocattoli la Chicco, che si è impegnata a eliminare la percentuale residua di utilizzo di PVC, circa il 3% dei suoi prodotti a catalogo, entro i prossimi anni. Per i tessuti, Ágatha Ruiz de la Prada, Antonio Pernas e Jocomomola, le loro creazioni esclusive sno prodotte senza l´impiego di composti tossici.

«I recenti scandali sulle importazioni di prodotti dalla Cina – spiega Vittoria Polidori, responsabile della campagna Toxic di Greenpeace- a partire dai dentifrici ai giocattoli e tessuti per bambini, che sono stati proibiti in Europa ed in America perché considerati pericolosi per la salute, impongono una riflessione profonda sulla necessità di adottare da una parte una regolamentazione internazionale in materia che possa uniformare il settore e dall’altra di effettuare controlli più severi».

Greenpeace chiede alla Commissione europea di aumentare la pressione per adottare Reach (la recente riforma della chimica europea) e il principio di sostituzione a livello globale così da evitare la coesistenza di differenti standard e linee di produzione industriale tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo, oltre che spingere l’industria ad eliminare tutti quei composti potenzialmente pericolosi per sostituirli con altri sicuri. Questi episodi mostrano, ancora una volta, ai nostri decisori politici i limiti del principio del “controllo adeguato” delle sostanze pericolose, che una volta prodotte ed immesse sul mercato rientrano inevitabilmente nell’ambiente e quindi, attraverso la catena alimentare, arrivano a contaminare anche l’uomo.

«Le cattive gestioni industriali dovute a ragioni essenzialmente economiche – ammonisce Vittoria Polidori - non devono in alcun modo ledere e compromettere la salute dei lavoratori, dei consumatori e dell’ambiente in genere».

Va, infatti, ricordato che ‘corresponsabili’ di questa situazione lo siamo tutti, visto che accettiamo di comprare oggetti a bassi costi anche se questo (non sempre ma molto spesso) significa proprio che per realizzarli sono stati utilizzati materiali non sicuri, o tossici e senza il rispetto dei normali standard di qualità. E questo con ripercussioni appunto, come dice Greenpeace, sia sui consumatori, ma anche sui lavoratori che questi prodotti confezionano.

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