[24/08/2007] Consumo

«L’eco-design? Trasformare creativamente i limiti ambientali in nuove opportunità di innovazione e sviluppo»

LIVORNO. Consumi e sostenibilità ambientale non vanno certo a braccetto. Anzi, più si spinge sui primi e più (per la legge della conservazione di massa) c’è impatto sul pianeta e ne si mette in crisi la sopravvivenza. La riconversione ecologica dell’economia appare come l’unica strada possibile da intraprendere per uno sviluppo che non ci porti a tagliare il ramo sul quale siamo tutti seduti. Tra le tecniche di incentivazione dei consumi c’è quella dell’innovazione di prodotto e il design fa parte di questa categoria. Negli ultimi anni, però, qualcosa anche qui sta cambiando con lo sviluppo anche a livello di ricerca universitaria dell’eco-design. E’ il caso dell´Università di Camerino che ha attivato per l’anno accademico 2007/2008 il Master universitario di primo livello in "Ecodesign & Eco-Innovazione. Strategie, metodi e strumenti per la progettazione e lo sviluppo di prodotti eco-sostenibili" , promosso e organizzato dalla Facoltà di Architettura con sede ad Ascoli Piceno. Ne abbiamo parlato con il coordinatore del Master Lucia Pietroni (ricercatore e docente universitario alla Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno Corso di Laurea in Disegno Industriale e Ambientale e autrice di vari saggi e articoli tra i quali "L’Ecodesign in Italia: una nuova professione tra etica e ambiente").

Cominciamo con una domanda di carattere generale: che cosa significa eco-design ed eco-innovazione?
«L’ecodesign è un approccio progettuale orientato alla sostenibilità ambientale (nella sua dimensione sociale, ecologica ed economica) e all’eco-innovazione e rappresenta pertanto un insieme di strategie, metodi e strumenti innovativi finalizzati alla prevenzione e alla riduzione degli impatti ambientali negativi dei prodotti e dei servizi in tutte le fasi del loro ciclo di vita, dalla produzione alla dismissione. Nell’ecodesign quindi i criteri ambientali assumono lo stesso peso delle altre variabili progettuali – tecniche, funzionali, estetiche, ergonomiche, ecc. - tradizionalmente considerate dal designer e i requisiti ambientali vengono integrati fin dalla fase di ideazione del prodotto. L’eco-innovazione, intesa come cambiamento profondo del nostro modo di progettare, produrre e consumare, e quindi anche dei nostri stili di vita, dei nostri comportamenti di consumo e della nostra idea di benessere, è il principale obiettivo dell’ecodesign».

Come è nata l’idea di questo master?
«Il master in “Eco-design & Eco-innovazione” nasce, in primo luogo, dalla consapevolezza che la formazione ha un ruolo strategico nello scenario della sostenibilità ambientale, non solo nel fornire conoscenze e competenze tecniche e ambientali adeguate all’attuale mercato del lavoro, ma anche nel favorire la costruzione di un sistema di valori condiviso e necessario allo sviluppo di una società realmente sostenibile. Il gruppo di docenti e ricercatori coinvolti nel Master si occupa di formazione e ricerca nel settore dell’Eco-design da molti anni e, nel rapporto con il mondo del lavoro, con le imprese e con le istituzioni pubbliche e private, ha potuto constatare la crescente, e ormai matura, domanda di figure professionali in grado di operare, come progettisti, consulenti, tecnici, con competenze specifiche di eco-design. Inoltre, crediamo fermamente che l’Università, luogo in cui didattica e ricerca si connettono sinergicamente, sia il soggetto più adeguato a fornire una formazione specialistica in questo settore, ovviamente con il coinvolgimento di tutti gli stakeholders necessari (imprese, consorzi, enti pubblici, istituti di ricerca, consorzi, ecc.) a rendere questo percorso formativo competitivo e concreto. Inoltre, in Italia l’offerta formativa a livello di Master su questi temi è ancora insufficiente e la domanda sta crescendo rapidamente e con continuità, soprattutto in seguito all’introduzione, anche nel nostro paese, presso gli enti pubblici, delle politiche di Green Public Procurement, cioè l’obbligo di acquisto di una percentuale consistente di prodotti ecologici da parte delle istituzioni pubbliche: questo è e sarà ancora di più in futuro un importante motore per lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti eco-sostenibili e per la diffusione dell’eco-design nei sistemi produttivi locali».

Lo slogan con cui lanciate il master è preso da una frase di Alastair Fuad-Luke che dice: “I designer possono contribuire a rallentare il degrado dell’ambiente più degli economisti, dei politici, delle imprese e anche degli ambientalisti”. Un concetto abbastanza condivisibile, ma è pur vero che il design nasce con l’obiettivo di vendere un prodotto, quindi aumentare i consumi, attraverso per lo più un’innovazione di prodotto. Inoltre, se anche si producono oggetti eco-sostenibili, ma se ne vende in grande quantità, alla fine il bilancio ambientale non migliorerà di molto. Non crede che sia una contraddizione?
«L’eco-design non pretende di essere la soluzione di tutti i problemi ambientali delle società industriali mature. Certamente per raggiungere gli obiettivi della sostenibilità ambientale dovremmo ridurre drasticamente, e in tempi brevi, il nostro consumo di risorse, e per fare questo è necessario soprattutto, come ho già accennato, un profondo cambiamento dei nostri stili di vita, dei nostri comportamenti di consumo, della nostra idea di benessere. A questo necessario cambiamento socio-culturale l’eco-design può ovviamente dare solo un piccolo, anche se significativo, contributo. Il design è vicino alla dimensione quotidiana della nostra vita, non solo può incidere sull’eco-efficienza dei prodotti, ma può stimolare nuove visioni più sostenibili del futuro, nuovi concetti di benessere fondati sull’accesso a servizi più che sul possesso di prodotti, può supportare modelli responsabili di sviluppo sociale e culturale. Il design, ed in particolare l’eco-design, può avere, come nella migliore tradizione storica, una funzione di pubblica utilità, soprattutto di fronte alle complesse sfide della globalizzazione.
In questa prospettiva, diventa, pertanto, importante e urgente formare designer che condividano l’affermazione di Murray Bookchin secondo la quale “il pensiero ecologico può oggi fornire la più rilevante sintesi d´idee che si sia vista dopo l´Illuminismo. Può aprire prospettive per una pratica che possa veramente cambiare l´intero paesaggio sociale dei nostri tempi”».

Quanto è imporante nel mondo dell’eco-design/eco-innovazione il risparmio di materia?
«La minimizzazione del consumo di risorse ambientali, di materie prime, soprattutto quelle non rinnovabili, e la riduzione dell’impiego di materiali sono tra gli obiettivi principali di una progettazione eco-orientata, ma ciò non può significare solo “alleggerimento e dematerializzazione” dei prodotti, ma anche “allungamento della vita utile e della durata” di alcune categorie di beni materiali e nel contempo sviluppo di nuovi servizi in sostituzione della proprietà privata di alcune altre categorie di prodotti per il soddisfacimento di alcune esigenze della vita contemporanea (per esempio, car sharing vs auto privata) e ancora “riduzione della produzione di rifiuti” attraverso la ricerca di materiali eco-innovativi e il design, che può contribuire in modo determinante all’affezione dell’utente verso gli oggetti invece che all’obsolescenza accelerata degli stessi».

L’utilizzo di materiale riciclato in maniera significativa potrebbe davvero ridurre i prelievi di materia e quindi anche contribuire alla riduzione di rifiuti. Il mercato di questi prodotti, però, non sembra aver ancora preso piede, almeno in Italia. E’ vero?
«In anni recenti l’industria ha sviluppato numerosi nuovi materiali dal riciclo post-consumo che anche in Italia stanno iniziando ad essere sperimentati in differenti applicazioni. Certamente le recenti politiche di Green Public Procurement, che si stanno diffondendo in tutti i paesi europei, potranno attivare un circolo virtuoso tra domanda e offerta di prodotti realizzati in materiale riciclato. È altrettanto evidente, però, che gli obiettivi della sostenibilità ambientale non possono essere raggiunti esclusivamente con la produzione di nuovi prodotti in materiale riciclato, ma con specifiche e preventive strategie, anche progettuali, di riduzione della produzione di rifiuti, ovvero incentivando comportamenti di consumo alternativi e più sostenibili rispetto all’atteggiamento “usa e getta” dei paesi industriali avanzati che progressivamente si è esteso dai prodotti di largo consumo a quelli durevoli».

Le amministrazioni pubbliche dovrebbero, per legge, fare il 30% di acquisti ‘verdi’. In Toscana, lo abbiamo scoperto attraverso una nostra inchiesta, questa legge è ben poco rispettata. Nelle Marche come stanno le cose?
«Anche nelle Marche, come in molte altre regioni italiane, si stanno introducendo le politiche di “acquisti verdi” nelle pubbliche amministrazioni, attraverso lo sviluppo di alcuni strumenti di supporto (linee guida, cataloghi, database, ecc.) e una specifica formazione del personale addetto alle forniture e agli appalti di gara. Crediamo che un Master in “Eco-design & Eco-innovazione” possa essere utile anche per il personale e i tecnici che operano all’interno degli enti pubblici su questo nuovo terreno per il quale sono necessarie particolari conoscenze e competenze, ad esempio la capacità di discernere le differenti tipologie di etichette ambientali che certificano l’ecologicità di un prodotto».

Perché uno studente dovrebbe scegliere di fare un master in eco-design?
«Certamente la prima risposta è che oggi per i giovani acquisire competenze di eco-design è strategico e competitivo per il loro futuro lavorativo nel settore del disegno industriale. Ma la vera motivazione per scegliere di iscriversi ad un Master in “Eco-design & Eco-innovazione” credo possa essere quella di dare un senso al proprio operare nel campo del design, riscoprendo il valore sociale e, perché no, etico di una professione creativa e straordinariamente entusiasmante».

L’ambientalismo oggi non può più essere quello della mera salvaguardia dell’esistente. La strada da percorrere è quella di una vera e propria riconversione ecologica dell’economia: è d’accordo? Il vostro master allude a questo?
«L’eco-design, come ambito scientifico di ricerca e come settore operativo-professionale, ha l’obiettivo di perseguire l’innovazione ambientale, nella sua dimensione socio-culturale e tecnico-produttiva, per raggiungere risultati di sostenibilità economica, ecologica e sociale. Questo processo, oggi più che mai, per essere efficace ed efficiente non può fondarsi semplicemente su principi conservativi e di tutela delle risorse ambientali esistenti, ma, potremmo dire, deve accogliere e sapere sviluppare idee, criteri e strumenti “radicali e rivoluzionari”. Come affermava Victor Papanek, con grandissima lungimiranza, negli anni ’70: “La progettazione se vuole essere ecologicamente responsabile e socialmente rispondente, deve essere rivoluzionaria e radicale nel senso più vero dei termini. Deve votarsi al ‘principio del minimo sforzo’ adottato dalla natura, in altre parole al massimo della varietà con il minimo delle invenzioni, ovvero ad ottenere il massimo con il minimo. Ciò significa consumare meno, usare di più, riciclare i materiali”. In altre parole, potremmo dire che l’eco-design può contribuire a trasformare creativamente (intendendo con “creatività” la capacità di coniugare e dare visibilità contemporaneamente a ciò che è “utile” e “radicalmente nuovo”) i limiti ambientali in nuove opportunità e traiettorie di innovazione e sviluppo».

Per informazioni sul Master: Dott.ssa Donella Cameranesi
Tel. 0736 249671
Fax 0736 249672
e-mail: ecodesignmaster@unicam.it
http://www.unicam.it/unicam-poi/formazione/master/master_2007_2008/Eco_design/
http://architettura.unicam.it/

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