[24/08/2007] Consumo

L´attacco Espresso al biologico

LIVORNO. Bio non fa miracoli. E’ il titolo dell’attacco (scomposto) dell’Espresso contro i prodotti biologici pubblicato oggi sul settimanale. Parliamo di attacco scomposto non per difendere d’ufficio i prodotti bio o l’agricoltura biologica (anche se saremmo tentati dal farlo), ma perché effettivamente disordinate appaiono le accuse. Il teorema dell’articolo nasce da un’indagine di Altroconsumo e merita di essere analizzato da vari punti di vista. Innanzi tutto quello metacomunicativo: i titoli sono tutti sparati e senza appello. Il ‘catenaccio’ di “Bio non fa miracoli” è infatti: “I prodotti biologici sono pieni di grassi e additivi, zuccheri e sali. Spesso sono meno salutari di quelli industriali. Ecco le prove”. E ancora nel sommarietto: “Si crede che facciano bene. L’equivoco svelato dai test di Altroconsumo” per finire con un box “Mal di pancia a colazione”. Terminiamo la carrellata sul ‘come’ viene data la notizia con i titoli del pezzo integrativo e successivo: “Polemica verde. Diversi studi provano che i vegetali bio sono migliori. Ma dalla pianta al mercato cambiano”.

Sintesi dunque di una scorsa veloce (tipica del lettore medio): Il biologico è un bluff, polli quelli che spendono tutti quei soldi per comprare prodotti che fanno spesso peggio di quelli industriali. E magari via con il luogo comune: “Hai visto, è tutta una presa per i fondelli, lo dicevo io…”.

Vale però la penna entrare nel merito del pezzo per riflettere sugli argomenti che vengono apportatati (taluni, ci teniamo subito a dirlo, anche veritieri benché stravolti) per sostenere questa tesi. Partiamo dall’attacco: «Mangiare bio fa bene alla salute? Cosa spinge un consumatore a scegliere che si qualificano come biologici? Tute le ricerche del mercato rispondono all’unisono: perché è il brand che garantisce la salubrità del prodotto. Vero? Purtroppo no7. Al pronti via subito una mazzata per poi però aggiungere una riflessione: «Il biologico è uno stile di vita eco-compatibile, che garantisce rispetto per terre, acque e animali». Tra le due affermazioni/osservazioni si mette quasi sullo stesso piano quello che è certificato bio e quello che riporta soltanto la parola.

Quindi si prosegue su questa falsa riga puntando il dito sulla differenza di prezzi ‘ingiustificati’ di questi prodotti rispetto a quelli industriali sostenendo però che né la ricerca di Altroconsumo, né le ricerche scientifiche sui prodotti primi, bocciano il bio, ma sostanzialmente affermato che non fa peggio. Che dal punto di vista nutrizionale è uguale. Ma fa molto meglio all’ambiente. L’ordine dei concetti è proprio questo, con una logica del colpo al cerchio e una alla botte che non aiuta affatto a capire dove si voglia arrivare (se però il dibattito non fosse stato già chiuso nel titoli di cui abbiamo detto prima).

Ma proseguiamo, osservando e rilevando quali sono i prodotti oggetto dell’indagine di Altroconsumo che, lo diciamo per chi non lo sapesse, è un´associazione di consumatori, indipendente e senza fini di lucro, che vanta 300.000 soci. Dicevamo dei prodotti analizzati: 38 destinati alla prima colazione, che comprendono latte, yogurt, cereali, marmellate, frollini, fette biscottate. Sotto controllo la lista degli ingredienti, valutando quelli che possono essere indicativi di scarsa qualità del prodotto; poi sicurezza, nel senso di verificare se esistono differenze riguardo a pesticidi, farmaci e micotossine. Guardando le tabelle riportate ci sono effettivamente delle contraddizioni. Si trovano ad esempio i cereali biologici con micotossine, oppure l’utilizzo di grassi di pessima qualità e a livelli simili tra biologici e convenzionali. Così per gli zuccheri, mentre decisamente è evidente la differenza a livello di residui fitosanitari che non si trovano in alcun prodotto biologico, mentre li si riscontrono in diversi prodotti convenzionali. Evidente, ma questo è noto, anche la differenza di prezzo con i prodotti bio più cari (anche se con varie eccezioni). Osserviamo però alcune cose che appaino banali, ma delle quali invece nell’articolo non si parla affatto: siamo sicuri che i prodotti per la prima colazioni siano i più esemplificativi per portare un attacco così frontale all’agricoltura biologica? Chi ha mai detto che un prodotto biologico ha meno fibre di uno convenzionale? Semmai si è sempre detto il contrario, ovvero che spesso sono più ricchi rispetto agli altri.

Ma quello che appare ancor più singolare è che nel pezzo successivo, pur dicendo che diversi studi provano che i vegetali bio sono migliori, si continua a sottolineare il fatto che ‘dalla pianta al mercato cambiamo’ per poi però affermare che l’Universiy of California-Davis ha dimostro la supremazia del biologico che è emersa con chiarezza. Si va avanti su questa linea per sofisticare sugli effettivi benefici ancora in parte da dimostrare e concludere però con uno studio del 2005 ha rilevato nelle urine dei bambini americani tracce di pesticidi, che scomparivano quasi del tutto se essi si nutrivano per pochi giorni con alimenti biologici.
Insomma, anche qui la ratio generale del tentativo di mortificare chi fa agricoltura biologica e chi consuma prodotti bio non si capisce.

Evidenziamo quindi alcune questioni, senza entrare nell’aspetto strettamente chimico e nutrizionale: produrre secondo le regole dell’agricoltura biologica (rispettandole ovviamente) fa certamente bene all’ambiente (vi sembra poco solo il fatto che non si usano pesticidi, si rispetta la biodiversità e il terreno mettendo al bando l’agricoltura intensiva e tornando alla tradizionale rotazione?); non fa male alla salute visto che nella peggiore delle ipotesi è come quella convenzionale (ma stiamo attenti a dire che è così paragonando biscotti, yogurt e fette biscottate che sono comunque prodotti un po’ sofisticati); costa di più.

A noi pare che alla fine il problema dei consumatori stia tutto nel prezzo, perché evidentemente non si accetta di dover pagare qualcosa in più perché ne trova giovamento l’ambiente. Non si capisce che tutti avremmo un beneficio da questo. Poi si potrà anche cercare di capire come abbassare, senza perdere la qualità, questi prezzi e magari ci sono anche ricarichi eccessivi. La strada però che ha portato alla perdita, in parte, della qualità del biologico è stata proprio quella che ha fatto inserire questo circuito dentro la grande distribuzione. Contemporaneamente si è ottenuto infatti che uscisse dalla nicchia di mercato (siamo comunque sempre alla soglie non dimentichiamocelo) ma che certi parametri venissero abbassati in sfavore della qualità.

E’ qui che secondo noi si deve lavorare. Sul controllo, sulla distribuzione, sull’evitare manovre come quella dell’Ue sulla soglia Ogm. L’attenzione dei consumatori e le critiche al biologico fatte dai consumatori sono utili per tenere l’attenzione il più alta possibile, demonizzarlo invece per poter dire ‘è tutto un magna magna’ è qualunquista e del tutto inutile. Visto che il bio resta una scelta, un’alternativa e nessuno lo impone (a meno che non si ritenga sbagliato che alcune mensa di asili e scuole e enti pubblici si siano convertiti al biologico). (al.fa)

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