[28/08/2007] Consumo

La Cina e il mondo invecchiano, ma non è un male

LIVORNO. Oggi La Repubblica lancia una specie di allarme invecchiamento per la Cina, destinata ad essere superato nel 2025 per numero di abitanti dall’India (dove fallì la sterilizzazione forzata imposta da Indira Ghandi), mentre dal 2030 dovremmo assistere ad un declino ed invecchiamento della popolazione cinese, con colossali problemi di sostentamento e cure per milioni di anziani che rendono una discussione accademica quella italiana sulle pensioni.

Una cosa che non dovrebbe cogliere impreparati i governanti comunisti cinesi (se a quell’epoca si chiameranno ancora così) visto che la politica del contenimento delle nascite viene da molto lontano e che quella scelta ha permesso, liberando uno sterminata manodopera femminile, il boom produttivo di oggi.

Anche i possibili contraccolpi economici sembrano abbastanza prevedibili e già un altro grande paese asiatico, il Giappone, ha vissuto una parabola simile: guerra, ripresa, crescita tumultuosa, arricchimento, invecchiamento, calo della popolazione senza subirne drammatiche conseguenze. Anche perché in Asia il rispetto per gli anziani e gli antenati è ancora molto forte nonostante la crescita rapidissima metta in discussione i valori tradizionali.

Ma mentre in Europa, il continente più invecchiato del mondo, il “sangue fresco” dell’economia sembrano siano destinati a portarlo quegli immigrati che oggi guardiamo con sospetto, in Cina e Giappone l’immigrazione è merce abbastanza rara, anzi la Cina è Paese di emigranti che occupano il commercio di gran parte del sudest asiatico ed arrivano in tutto il mondo, fino a Prato ed oltre. Probabilmente, come è accaduto proprio a noi italiani e come sta succedendo in Cina, sarà da quella diaspora che torneranno nuove forze e nuovi capitali.

Ma la crescita della popolazione mondiale pare destinata a fermarsi e poi contrarsi in tutto il pianeta, e lo sta già impercettibilmente facendo anche in alcuni Paesi poveri, fuori dal club della crescita e della ricchezza.

Nel 2006 gli esseri umani erano più di 6 miliardi e mezzo, e l’81% vive in Paesi in via di sviluppo. In 50 anni la popolazione mondiale è praticamente triplicata, con un aumento di 4 miliardi di uomini e donne che sembra inarrestabile e che è ancora l’incubo di demografi e ambientalisti. Ma dal 1990 al 2005 il tasso di crescita aveva già cominciato a rallentare all’1,4% annuo, solo un miliardo e 300 milioni di individui, praticamente la popolazione cinese.

Si stanno riducendo i tassi di fertilità non solo in Occidente e in Cina ma anche in altri Paesi dobve prima ogni donna aveva dai 5 ai 7 figli e si prevede che nel 2050 saremo tra gli 8 e i 9 miliardi di umani ad affollare il nostro sempre più piccolo pianeta, anche se la crescita si concentrerà soprattutto in Asia ed Africa. Poi caleremo graduatamente.

Il punto quindi non è tanto se ci saranno troppi vecchi, “necessari” a questo assestamento, ma se il pianeta riuscirà ad uscire non troppo malconcio da questa crescita di popolazione che ancora lo aspetta, prima di una diminuzione della popolazione che è sempre più chiaramente in rapporto all’aumento del benessere e che ha bisogno di nuove risorse naturali, materie prime, infrastrutture e spazi sempre più rari e preziosi.

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