[05/09/2007] Rifiuti

Inquinamento delle navi, ecco il nuovo decreto legge

LIVORNO. In ritardo di qualche mese è in arrivo il decreto legislativo sull’inquinamento delle acque provocato dalle navi. Il nuovo decreto recepisce la direttiva comunitaria 2005/35/Ce che già doveva essere tradotta nell’ordinamento nazionale dal primo aprile 2007. Con la direttiva e la decisione-quadro 2005/667/Gai del Consiglio della comunità, l’Unione europea ha inasprito le sanzioni per i natanti responsabili dell’inquinamento delle acque interne e marine navigabili.

La politica comunitaria sulla sicurezza marittima mira a garantire un elevato livello di sicurezza e di protezione dell’ambiente ed è fondato sulla convinzione che tutte le parti coinvolte nel trasporto di merci per mare hanno la responsabilità di garantire che le navi utilizzate nelle acque comunitarie siano conformi alle regole e alle norme applicabili. Le norme pratiche si basano sulla convenzione internazionale di Marpol – accordo internazionale firmato nel 1978 divenuto punto di riferimento per le normative sulla tutela delle acque a livello mondiale - ma tuttavia tali norme sono ignorate quotidianamente da un numero non indifferente di navi senza che alcuna azione correttiva sia intraprese contro di loro. Per questo e pure per il fatto che la convenzione viene applicata in maniera diversa negli stati membri è necessario – a detta della Comunità europea – armonizzare l’attuazione fra gli Stati comunitari. In particolare è necessario uniformare le pratiche in materia di sanzioni applicabili allo scarico di sostanze inquinanti effettuato dalle navi.

E le misure dissuasive costituiscono parte integrante della politica comunitaria sulla sicurezza marittima perché garantiscono un nesso tra la responsabilità di ciascuna delle parti coinvolte nel trasporto di merci inquinanti per mare e la possibilità che tali parti incorrano in sanzioni. Del resto per una efficacia protezione dell’ambiente occorrono sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate all’entità del danno e della condotta. A tal fine risulta essere essenziale il necessario ravvicinamento, per mezzo degli strumenti giuridici appropriati, delle disposizioni vigenti, sulla definizione precisa della violazione, delle sanzioni, delle responsabilità e della giurisdizione.

La direttiva, quindi, introduce e chiarisce che cosa si debba intendere per illecito. Nel suo articolo 4 si legge che gli scarichi di sostanze inquinanti (cioè quelle elencate negli allegati I e II della Convenzione di Marpol) sono considerati come violazioni se effettuati intenzionalmente, temerariamente o per negligenza grave. Tali violazioni sono considerate come reati veri e propri dalla decisione-quadro del consiglio europeo. La decisione, completa il quadro del sistema di repressione delle condotte illecite, stabilendo quali le condotte e quali le sanzioni da introdurre nei vari ordinamenti statali (la scadenza era fissata per il 12 gennaio 2007).

Lo scarico intenzionale, temerario o per “negligenza grave” di sostanze pericolose in acqua, il favoreggiamento, la complicità e l’istigazione alla commissione dello stesso sono i reati; sanzioni di tipo pecuniario e restrittive della libertà sono le punizioni dettate dalla decisione. A tale proposito la decisione impone agli stati di perseguire sia le persone giuridiche sia le persone fisiche. Per le persone fisiche le sanzioni possono incidere anche sulla libertà del singolo: per gli scarichi volontari con significativi danni ambientali - una delle violazioni più gravi previste – la sanzione detentiva secondo l’Ue non deve essere inferiore ai 5 anni di reclusione.

Per quanto riguarda le persone giuridiche come le società o qualsiasi altro ente, le sanzioni sono sia di carattere pecuniario (non inferiori a 750 mila euro per le ipotesi più gravi) che di carattere interdittivo all’esercizio dell’attività economica, passando per la sospensione di eventuali benefici economici e la sorveglianza pubblica dell’ente. In definitiva, dunque, con il recepimento di simili disposizioni nell’ordinamento nazionale, fanno la loro comparsa (anche se non introdotti nel codice penale) i primi reati ambientali punibili con sanzioni penali anche di tipo detentivo.

Torna all'archivio