[18/09/2007] Acqua

Contaminazione da terbutilazina nel bacino del Serchio: l´indagine Arpat

FIRENZE. Recentemente è terminato il progetto cofinanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Life ambiente e denominato “Serial-wellfir” (Serchio river alimented well-fields integrated rehabilitation), iniziato nel settembre del 2004. Il tema del progetto è stato lo studio e la gestione di una problematica d’inquinamento ambientale. Nello specifico la contaminazione della falda e delle acque superficiali nella zona del bacino idrografico del Serchio, in cui sono ubicati i campi-pozzi per l’attingimento di acqua potabile. La contaminazione dei pozzi era causata dalla presenza di terbutilazina, sostanza attiva frequentemente usata nel diserbo di pre-emergenza nella coltivazione del mais.

I partner di progetto sono stati comune di Lucca, Ministero dell’ambiente, Regione Toscana, Arpat, Scuola superiore S. Anna di Pisa, Geal (società per la gestione dei servizi idrici nel comune di Lucca) e Lucca agricola (società di servizi in agricoltura dell’Unione provinciale Agricoltori di Lucca). La presenza di terbutilazina è stata rilevata fin dal 2001 a concentrazioni talvolta prossime al limite stabilito dalla normativa sulle acque destinate al consumo umano (0,1 μg/L): l’eventuale chiusura dei pozzi dovuta ad un superamento dei limiti di legge, avrebbe portato forti disagi per l’approvvigionamento idrico della città di Lucca, ma anche per quelle di Pisa e Livorno servite dallo stesso campo pozzi.

Arpat riferisce che il gruppo di lavoro multisdisciplinare ha avviato azioni indirizzate fondamentalmente su tre direttrici principali: approfondimento della conoscenza dell’area d’indagine, dei fenomeni di contaminazione e della loro possibile origine; elaborazione dei dati raccolti per lo studio di modelli utili alla comprensione delle dinamiche di trasporto dei contaminanti; studio di sistemi colturali alternativi di minore impatto ambientale e formulazione di proposte condivise con i diversi stakeholder per la gestione dell’area. Ad Arpat è stato affidato il monitoraggio della diffusione degli inquinanti nei terreni e nelle acque sotterranee e superficiali dell’area; la sperimentazione di test ecotossicologici come indicatori utili alla rilevazione della contaminazione da erbicidi delle acque sotterranee e superficiali; l’indagine sulle attività produttive presenti nell’area allargata di studio, finalizzata all’identificazione dei punti di potenziale utilizzo agricolo ed extra-agricolo della terbutilazina.

I risultati ottenuti, riferisce l’Agenzia per l’ambiente, sono andati ben oltre l’obiettivo prefissato, dovuti anche al controllo dell’area. I dati più recenti dimostrano che le concentrazioni di terbutilazina si sono azzerate in quasi tutti i pozzi della rete di monitoraggio, mentre nelle acque superficiali la terbutilazina risulta praticamente assente fin dal 2006. Nel corso dei tre anni di attività sono stati analizzati 1102 campioni di acque sotterranee, 263 campioni di acque superficiali, 53 campioni di terreno e 9 campioni di reflui industriali. Per quanto riguarda l’origine e le cause dei fenomeni di contaminazione, ci sono maggiori margini di incertezza, ma sicuramente dipendono da diversi fattori che hanno portato alla presenza di terbutilazina nelle acque del Serchio per poi passare alle acque sotterranee dei pozzi alimentati dal fiume.

Per il passato l’Agenzia non esclude che alla contaminazione delle acque superficiali possa aver contribuito l’eventuale utilizzo nei processi attuati dai numerosi insediamenti industriali presenti nell’area d’indagine (la terbutilazina rientra tra i componenti di formulati biocidi utilizzati come prodotti anti-limo in diversi cicli produttivi industriali, tra cui quello cartario) e/o per attività di diserbo extra-agricolo, impiego ormai vietato fin dal 2003. Per alcune zone dell’area di indagine, invece, è più probabile un collegamento con il forte utilizzo della terbutilazina in agricoltura che vi è stato negli scorsi anni. Inoltre sono stati accertati i rilevanti effetti sulla contaminazione delle acque sotterranee derivanti da pratiche agricole condotte in modo sconsiderato, come le non corrette modalità di lavaggio delle cisterne utilizzate per i trattamenti e di spandimento dei residui.

Per quanto riguarda il diserbo nella coltivazione del mais non è stato rilevato nulla che giustifichi una concentrazione cosi elevata di terbutilazina come quella rilevata nelle acque del Serchio nel periodo 2003-2005. «Le conoscenze acquisite con il progetto - conclude Arpat - costituiscono un’approfondita base informativa utile alla stesura della proposta di istituzione e della relativa regolamentazione dell’area di salvaguardia (in base all’articolo 94 del Decreto Legislativo 152/2006), che è attualmente in attesa della definitiva approvazione da parte del Consiglio regionale».

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