[03/10/2007] Consumo

Biocarburanti da Ogm. Buiatti: «In pareggio sul fronte Co2, in perdita sull´acqua»

LIVORNO. L’ultima trovata dei pro-colture Ogm è quella di decantarne le qualità, in termini di rendita, ai fini di produrre biocarburanti e affini. Tema portato oggi all’attenzione generale da Chicco Testa - presidente di Roma Metropolitane, ex numero uno di Legambiente ed Enel – direttamente dalle colonne del Corriere della Sera. «Basta pregiudizi, il progresso non è nemico – dice Testa – Penso ai prodotti vegetali che possono essere utilizzati per i biofuel, i carburanti puliti. Colture che con gli Ogm potrebbero rendere di più, evitando che la domanda crescente si trasformi in un aumento del prezzo, ad esempio, della pasta o del mais».

Un argomento che non coglie di sorpresa Marcello Buiatti, professore ordinario di Genetica all’Università di Firenze. «Non mi stupisce questa posizione – comincia Buiatti – anzi, arriva più tardi di quanto pensavo. La discussione da fare su questo tema è però principalmente relativa alle biomasse e non agli Ogm».

«Chicco Testa – prosegue - da buon ex dirigente dell’Enel bada al bilancio economico delle biomasse, vedendone soltanto un’opportunità economica e non come modo per rispondere al rispetto del protocollo Kyoto. E qui bisogna fare chiarezza: il vantaggio teorico della produzione di biodiesel da biomasse è che le piante fissano C02. Quindi il rapporto tra quelle che coltiviamo e quelle che usiamo porta il bilancio teoricamente in pareggio. Questo significa che non diminuiamo la C02, né l’aumentiamo, ma che almeno non peggioriamo la situazione come accadrebbe invece continuando a sfruttare il petrolio. Il problema è che questa è la visione di un occhio miope, perché tutto dipende da come otteniamo questa biomassa. Se le facciamo distruggendo foreste, ad esempio, non fissiamo alcuna C02. Inoltre scegliendo una produzione massiccia di questo tipo andremo potenzialmente a distruggere il terreno coltivato ad agricoltura biologica o integrata, come accadrebbe in Italia. Non solo, questo tipo di pianta per produrre tanta biomassa utile allo scopo ha bisogno di molta chimica. Se si fa il calcolo del ciclo di energia bisogna dunque anche conteggiare quella che viene usata pure per produrre gli antiparassitari che sono indispensabili per questo tipo di coltura».

Qualcuno sostiene che si possono coltivare questi prodotti nei terreni lasciati incolti o abbandonati e che quelli Ogm hanno capacità di resistere ai parassiti e quindi aver meno bisogno di anticrittogamici.
«Qui si arriva al secondo grosso problema: con le biomasse non andiamo in vantaggio su Kyoto, ma in pareggio sulla C02, come ho detto, ma soprattutto si perde in acqua. Qui si parla in particolare del mais e si dimentica di dire che è tra le colture che hanno bisogno in assoluto di più acqua. Chicco Testa dovrebbe saperle queste cose perché io e lui nell’87 abbiamo scritto insieme una prima bozza per il regolamento della biosicurezza sugli Ogm…. Comunque ora noi in Italia, che è un piccolo paese, dobbiamo dare certamente il nostro contributo per Kyoto ma se per produrre biodiesel dobbiamo impoverire i terreni d’acqua non risolveremo un bel niente. Sulla questione dei campi incolti, o marginali, se sono lasciati così significa che già hanno poca acqua. Questo tipo di coltivazione inoltre sopravvive non grazie a quello che produce ma agli incentivi. Va detto infatti che in Italia la media di grandezza di una azienda è di 5 ettari e in condizioni in cui l’acqua manca di già. E il mais in queste condizioni non dà un prezzo alto. Solo in pianura padana un agricoltore può spuntare un piccolo profitto. L’agricoltura biologica, invece, che non usa chimica e molta meno acqua ce la fa a sopravvivere perché riesce a spuntare prezzi più alti. Detto questo è altrettanto vero che il mais bt è più resistente alla piralide, ma il vantaggio sulla produzione per ettaro è inesistente».

Dunque le biomasse sono da bocciare in toto?
«No, quando si fa un bilancio ambientale bisogna vedere quali sono le alternative e in questo caso l’utilizzo di biomasse per biodiesel può avere un bilancio positivo quando ad esempio si usa il truciolato del legno, oppure stoppie o comunque biomasse che comunque andrebbero bruciate. In Toscana ad esempio so che nella provincia di Grosseto c’è un progetto di questo tipo, dove appunto si rastrellano residui della zona. E il bilancio qui migliora. E’ plausibile come operazione, dunque, se si raccoglie tutto quello che andrebbe in forno, pur sapendo che produce un aumento di C02, ma anche che con il biodiesel facciamo andare le auto non più a petrolio».

Dunque gli Ogm non sembrano particolarmente utili neppure per produrre biomasse, ma intanto l’Ue sta per dire sì alla “superpatata” e anche alla famigerata barbabietola.
«La barbabietola devo dire che è un bel problema. Perché sparge polline da tutte le parti, tant’è che la distanza fissata per legge dell’Ente nazionale sementi elette che serve per mantenere le varietà che non devono essere inquinate da altre, è di un chilometro. Più di tutte le altre. Quindi è più pericolosa delle altre».

Il «principio di precauzione» per l’Ue sembra passato in cavalleria e il paradosso è che se lo stia ricordando Sarkozy, che in Francia vuole bloccare proprio gli Ogm.
«Purtroppo è un dato di fatto. Sarkozy comunque lo fa perché è furbo e alterna misure a volte popolari con altre bestiali».

In Italia ci si mobilita con il referendum lanciato da Mario Capanna «Liberi da ogm». Dopo aver dovuto incassare la decisione sempre dell’Ue di alzare a 0.9% la soglia accidentale di Ogm nel biologico.
«Firmiamo, ma stiamo perdendo la battaglia. La soglia alzata degli Ogm sul biologico, che va detto non farà restare secchi nessuno, fa sì che la gente non si fida più. Dal punto di vista politico e non scientifico è un disastro».

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