[16/10/2007] Parchi

Pollino, Lav a Pecoraro: Ritira la firma sul piano abbattimenti selettivi di cinghiali

LIVORNO. Ungulati e parchi nazionali non vanno sempre d’accordo, in particolare quando si tratta di cinghiali, si pensi solo al “caso” del parco dell’Arcipelago toscano, dove i suini selvatici sono diventati una vera e propria emergenza ambientale, tanto che Legambiente, per tutelare la biodiversità da una specie introdotta all’Elba dai cacciatori negli anni 60, chiede l’eradicazione dei suini selvatici.

Una posizione che non è per nulla condivisa dalla Lega Antivivisezione che scrive al ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio per chiedergli di ritirare l’autorizzazione al progetto di abbattimento selettivo di cinghiali, nel parco nazionale del Pollino.

«La legge nazionale sulla tutela della fauna selvatica (157/92) – scrive Massimo Pitturi, responsabile caccia e fauna selvatica della Lav - subordina l’intervento cruento alla verifica dell’inefficacia, da parte dell’Infs, di preventivi metodi “ecologici”, ovvero metodi che non prevedono il ricorso all’eliminazione fisica degli animali oggetto del piano di contenimento. Tali metodi, a quanto risulta, non sono mai stati praticati all’interno del parco nazionale del Pollino, configurando così il ricorso agli abbattimenti, come del tutto illegittimo».

La Lav non crede che i danni all’agricoltura, denunciati ormai praticamente in tutta Italia con l’espansione dei cinghiali, non siano realmente così gravi, ma un fenomeno da monitorare con accortezza, anche perché gli animalisti sospettano che dietro l’aumento dei piani provinciali e regionali di contenimento di numerose specie animali, anche di specie protette in Europa (la Lav si riferisce evidentemente allo storno n.d.r), c’è sempre la motivazione della prevenzione dei danni all’agricoltura e «per questi motivi riteniamo che troppo spesso i piani di controllo nascondano in realtà dei “favori” che le amministrazioni locali riservano alle frange più estremiste del mondo venatorio».

Ma la Lav non si impietosisce nemmeno per le lamentele del mondo agricolo: «Se quelli che fino a qualche anno fa erano semplici contadini oggi sono diventati “imprenditori agricoli”- dice Pitturi - riteniamo possano farsi carico anche del rischio d’impresa, cui va incontro qualsiasi altro imprenditore industriale. Pensare di risolvere il problema dei danni all’agricoltura con il semplicistico ricorso all’eliminazione fisica degli animali, è un’opzione che non tiene in alcun conto le possibili ripercussioni sul lungo periodo, nascondendo un gravissimo errore di valutazione: nel lungo termine c’è il concreto rischio della “sterilizzazione” dell’ambiente dalla presenza di animali selvatici che, ci auguriamo, non sia uno degli obiettivi di questo Ministero».
Una tesi che forse appare un po’ troppo “garantista” verso i cinghiali, una specie molto prolifica, in molti luoghi senza nemici naturali, ormai costituita quasi interamente da animali di origine centroeuropea, e che ha un forte impatto su flora e fauna, soprattutto su rettili ed avifauna che nidifica a terra.

Ma secondo la Lav anche «la procedura per ottenere il risarcimento dei danni procurati alle colture dalla fauna selvatica, lascia troppo spazio a richieste indebite se non addirittura fraudolente, che possono ingigantire il fenomeno in maniera del tutto incontrollata. Sarebbe quindi necessario prevedere il rimborso solamente nei casi in cui l’imprenditore agricolo fosse in grado di dimostrare di aver messo in atto sistemi idonei ed ecologici per evitare i danni alle coltivazioni».

Poi la Lav lancia un’accusa forse non corrispondente a quanto accade nei parchi dove già si effettuano catture e abbattimenti: «il piano di controllo da Lei sottoscritto, inoltre, viola il principio cardine sul quale nel 1992 venne redatta la legge quadro di tutela della fauna selvatica e cioè che gli animali selvatici sono patrimonio indisponibile dello Stato, ovvero di tutti noi. I cinghiali del parco del Pollino che saranno uccisi, invece, andranno a rimpinguare le tasche dei macellai e dei gestori delle aziende agri turistico venatorie, con buona pace dello Stato che ne ha sottoscritto il destino».
Per questo gli animalisti chiedono al ministro di ritirare la firma sul piano di controllo dei cinghiali nel Pollino «promuovendo, in sostituzione, lo studio e l’applicazione di metodi alternativi ed ecologici di contenimento numerico (p.es. sterilizzazione delle femmine). Più in generale chiediamo e consigliamo, una approfondita rivisitazione delle procedure di rimborso dei danni procurati dalla fauna selvatica, promuovendo un protocollo che impedisca l’artificioso ingigantimento del problema».

Rimane il problema di come sterilizzare in gran numero e con efficacia (e con quali risorse e personale) animali che arrivano anche ed oltre 100 chilogrammi di peso, che vivono spesso in zone impervie e che comunque, dopo la sterilizzazione, continuerebbero a fare quei danni che la Lav ritiene sopravvalutati, ma anche come fare a contenere efficacemente una popolazione di suini selvatici che in climi favorevoli come quello calabrese riescono a riprodursi anche due volte in un anno con parti che, dove esiste una ibridazione con il maiale domestico, possono raggiungere e superare anche i dieci piccoli, con un tasso di sopravvivenza altissimo.

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