[16/10/2007] Comunicati

La soia Ogm forse fa male ai ratti, sicuramente all’informazione scientifica

LIVORNO. Una ricerca sugli Ogm di Irina Ermakova (Nella foto), dell´Accademia russa delle scienze, sta provocando una bufera nel mondo dell’informazione scientifica internazionale. La Ermakova ha voluto constatare in modo sperimentale se l’uso delle colture geneticamente modificate fosse davvero privo di problemi per la salute come asseriscono molti studi, oppure se avessero ragione gli scienziati indipendenti dell’Institute of science in society (Isis) di Londra, che mettevano in guardia contro i pericoli delle colture Ogm per mammiferi, farfalle ed insetti impollinatori.

La Ermakova ha sperimentato gli effetti della soia Ogm (la più coltura di questo tipo più diffusa al mondo) sui ratti e sui loro discendenti per cinque generazioni ma, a differenza quelli delle compagnie biotech, nei suoi esperimenti ha alimentato femmine di ratti, prima, durante e dopo la gravidanza per più di cinque generazioni. Secondo la ricercatrice russa, i ratti alimentati con soie Ogm hanno diversi problemi: «Le ratte divengono più ansiose e aggressive, si presenta un’alta mortalità di cuccioli già nella prima generazione, oltre a disturbi di funzioni riproduttive e cambiamenti patologici negli organi interni di maschi e femmine. Mostrano, inoltre, la mancanza di cuccioli nella seconda generazione di ratti alimentati con soia geneticamente modificata, poiché accoppiandosi risultano completamente sterili».

I primi risultati della sperimentazione erano già stati presentati a giugno alla conferenza “Scienziati e membri del Parlamento europeo per un’Europa libera da Ogm” svoltasi a Bruxelles. In seguito la Ermakova ha inviato alla rivista scientifica “Nature Biotechnology” l‘intero manoscritto sulla sperimentazione perché fosse sottoposto alla valutazione dei referee e per un’eventuale pubblicazione, invece l’editore della rivista scientifica, Andrei Marshall, ha pubblicato, senza consultare l’autrice, un suo articolo intitolato“GM Soybeans and health safety – a controversy reexamined” (Soia GM e sicurezza alimentare – il riesame di una controversia), che ha per sommario: «Uno studio senza precedenti che dichiara che la soia transgenica compromette la fertilità dei ratti e la sopravvivenza e crescita dei discendenti ha richiamato l’attenzione dei media e della politica, ma resta non pubblicato nella letteratura dei referee. Segue, qui, un resoconto del lavoro del principale investigatore, Irina Ermakova, con i commenti di diversi ricercatori del settore».

Il problema è che la serie di domande fatte e le risposte date come se Ermakova fosse stata intervista, sono il frutto dell’immaginazione di Marshal e degli esperti chiamati in causa e tutti legati all’industria biotecnologica. Questo ha scatenato la reazione dei ricercatori dell’Isis che in una lettera/appello spedita a Marshall definiscono l’articolo «grossolanamente ingiusto verso la Dott.ssa Ermakova e certamente non fa parte delle migliori tradizioni di pubblicazioni scientifiche. La Dott.ssa Ermakova ci ha riferito che avrebbe dovuto essere coautrice di un articolo riguardante il suo lavoro. Quello che è apparso è invece un lavoro scritto da lei, contenente commenti di un gruppo composto completamente da gente legata all’industria biotecnologia».

Poi gli scienziati dell’Isis ricordano le regole da osservare: «Ci sono giornali che rutinariamente pubblicano critiche di lavori insieme alla pubblicazione degli stessi lavori. Ciò può essere un modo efficace per richiamare l’attenzione su lavori importanti e controversi, evitando che sfuggano a possibili sfide. Questi giornali generalmente aderiscono ad alcune importanti regole. Il lavoro in questione è scritto dal ricercatore(i); non da un giornalista. I commenti di altri scienziati sono pubblicati insieme con il lavoro, seguiti da una risposta generale dell’autore(i). alcuni dei commentatori possono essere noti per essere molto critici o persino ostili al punto di vista dell’autore, ma il gruppo dovrebbe comprendere anche altri commentatori che non sono ostili. Ciò è molto diverso da quello che Lei ha fatto. Lei ha sbagliato nel non chiarire alla Dott.ssa Ermakova che avrebbe usato il suo contributo, al punto da non mostrargli nemmeno le bozze di quello che è stato praticamente pubblicato sulla rivista. Questo modo di fare è più appropriato ad un giornale scandalistico che ad un giornale scientifico serio, per cui una sua pubblica dichiarazione sull’accaduto come ad una svista potrebbe funzionare come un gesto per riparare al danno. Lei ha sbagliato anche nel non dare alla Dott.ssa Ermakova di rispondere alle critiche. Ora gli deve essere dato lo spazio giusto nel giornale di rispondere pienamente alle critiche sul suo lavoro, senza ulteriori commenti sia da parte sua sia da parte del suo gruppo impegnato come sostenitore delle biotech».

La polemica è feroce e riguarda il delicato nodo tra scienza e informazione, e chi controlla la trasparenza dell’una e dell’altra. «E’ successo di tutto, non ci dovrebbe essere più niente di cui meravigliarci – dice Pietro Perrino, dirigente di ricerca del Cnr all’Istituto di genetica vegetale di bari - eppure di fronte ad episodi come quello sopra descritto alcuni di noi continuano a reagire come se fosse accaduto qualcosa di nuovo. Naturalmente, è una reazione giusta ed opportuna, poiché l’evoluzione ha bisogno di una lotta continua contro chi fa di tutto per accelerare la nostra estinzione e nel caso specifico lo fa agevolando l’ingegneria genetica per produrre piante, animali e microrganismi GM, che oltre ad essere inutili sono anche nocivi. Purtroppo è ormai sin troppo evidente che chi spinge le compagnie biotech, alcuni ricercatori ed editori di riviste scientifiche a favorire la produzione e diffusione di Ogm è l’affare sporco e non la scienza. Editori come quello di Nature Biotechnology dovrebbero essere severamente puniti se vogliamo migliorare la società. Questo può diventare possibile se saremo di più a lottare, facendo sentire le nostre ragioni, opinioni e commenti nelle diverse ed opportune sedi».

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