[03/11/2011] News

Rapporto sullo sviluppo umano: «Il degrado ambientale frena il progresso e l'equità»

Secondo il 2011 Human development report dell'United nations development programme (Undp) presentato ieri a Copenhagen «I progressi in materia di sviluppo ottenuti neri Paesi poveri del mondo potrebbero essere bloccati, forse invertiti, entro la metà del secolo, se non verranno messe in opera subito misure audaci per rallentare l'evoluzuione climatica, impedire il degrado dell'ambiente e ridurre le profonde ineguaglianze nelle e tra le Nazioni».

Il rapporto, intitolato Sustainability and Equity: A Better Future for All, spiega che «La sostenibilità ambientale potrà essere ottenuta in maniera più equa ed efficace trattando le ineguaglianze in termini di salute, educazione, reddito e genere congiuntamente con la messa in atto di un'azione a scala mondiale riguardante la produzione di energia e la protezione degli ecosistemi».

Mentre la comunità internazionale si prepara alla Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile Rio+20 del 2012, il rapporto stabilisce che «La sostenibilità deve essere considerata come una questione di giustizia sociale elementare, sia per le generazioni attuali che per quelle future». Presentando il rapporto l'amministratrice dell'Undp, Helen Clark, ha spiegato che «La sostenibilità non è esclusivamente nemmeno una questione essenzialmente ambientale, come dimostra in maniera convincente questo rapporto. Riguarda soprattutto il modo di vivere che noi scegliamo di sposare, essendo coscienti che tutti i nostri atti hanno delle conseguenze per i 7 miliardi di persone che vivono oggi sul pianeta, così come per i miliardi di esseri umani che ci succederanno nei secoli a venire».

Nel 1990 l'Undp ha creato l'Human development index (Hdi), che tiene conto di salute, educazione e redditi, e che ha permesso di mettere in discussione gli indici puramente economici (come il Pil) per rivalutare il benessere di un Paese. Tra il 1970 e il 2010, i Paesi che erano nel quarto inferiore dell'Hdi hanno progredito dell'82 %, due volte in più della media mondiale.

Secondo il rapporto «Se il ritmo di questi miglioramenti constatati in questi ultimi 40 anni proseguisse nel corso dei prossimi 40 anni, nel 2050 la grande maggioranza dei Paesi raggiugerebbe dei livelli Hdi equivalenti o superiori a quelli attualmente raggiunti dai Paesi appartenenti al quarto superiore della classifica. Si tratterebbe quindi di un successo straordinario per lo sviluppo umano su scala planetaria, in meno di un secolo».

Ma l'Undp mette in guardia : «A causa dei pericoli ambientali crescenti, queste tendenze positive potrebbero essere stoppate bruscamente entro la metà del secolo, essendo le popolazioni dei Paesi più poveri le più esposte alle catastrofi legate alle evoluzioni climatiche, come le siccità e le inondazioni, così come all'inquinamento dell'aria e dell'acqua».

Malgrado i progressi nello sviluppo umano, la distribuzione dei redditi si è degradata e persistono gravi ineguaglianze tra uomini e donne, mentre la distruzione dell'ambiente accelera, costituendo un «Doppio fardello» per le famiglie e le comunità più povere.

«La metà dei casi di malnutrizione nel mondo sono dovuti a fattori ambientali come l'inquinamento dell'acqua e la siccità - sottolinea il rapporto - perpetuando un circolo vizioso di impoverimento delle popolazioni e di danneggiamenti ecologici. Per raggiungere livelli di vita elevati, i Paesi poveri non devono rendersi dipendenti dalle energie fossili e non devono seguire l'esempio dei Paesi più ricchi».

L'Undp dimostra che, se è vero che negli ultimi decenni le emissioni di CO2 sono strettamente lagate alla crescita del reddito nazionale, «Il consumo di combustibili fossili non è correlato con le altre misure chiave dello sviluppo umano, come la speranza di vita e l'educazione. Oggi, numerose nazioni molto industrializzate stanno riducendo le loro carbon footprints, mantenendo ugualmente una crescita elevata». Secondo la Clark, «La crescita governata dal consumo di energie fossili non è una condizione sine qua non per vivere meglio in termini di sviluppo umano. Gli investimenti che migliorano l'equità, in materia di accesso alle energie rinnovabili, all'acqua, ai servizi igienici e dalle cure della salute riproduttiva, per esempio, potrebbero essere sinonimi di altrettanti progressi in termini di sostenibilità dello sviluppo umano».

Il 2011 Human Development Report insiste sulla necessità di fornire l'elettricità agli 1,5 miliardi di esseri umani che sono esclusi dalle reti elettriche e sottolinea che «Questo obiettivo può essere raggiunto in maniera abbordabile e sostenibile, senza un aumento importante delle emissioni di carbonio». Gli investimenti necessari per l'‘Universal Energy Access Initiative dell'Onu sarebbero circa un ottavo delle soovvenzioni che attualmente vengono date nel mondo alle energie fossili: un ammontare valutato 312 miliardi di dollari nel 2009.

Gli autori del rapporto confermano la necessità di una international currency trading tax o di una più estesa sulle transazioni finanziarie, per poter finanziare le iniziative di lotta contro il cambiamento climatico e la povertà estrema : «Una tassa sulle operazioni di cambio di solo lo 0,005 % pootrebbe apportare almeno 40 miliardi di dollari Usa all'anno, rafforzando in maniera significativa il flusso di aiuti in direzione dei poveri (cha ammontano a 130 miliardi di dollari nel 2010), in un momento in cui i finanziamenti allo sviluppo ristagnano a livelli inferiori agli impegni definiiti, a causa della crisi finanziaria mondiale (...) La tassa permetterebbe a coloroi che beneficiano di più della globalizzazione di aiutare quelli che ne beneficiano di meno». Le stime dei soli bisogni di investimenti annuali per l'adattamento al cambiamenti climatico, soprattutto nell'Asia del sud e nell'Africa subsahariana, sono di circa 105 miliardi di dollari.

Il rapporto studia i fattori sociali che non sono sistematicamente associati alla sostenibilità ambientale: «L'ampliamento dei diritto in materia di salute riproduttiva, così come l'accesso alla salute ed alla contraccezione, permetterebbero di aprire nuove prospettive nella lotta contro le ineguaglianze di genere e la povertà. I diritti in materia di salute riproduttiva posson o contribuire alla riduzione delle pressioni ambientali e rallentare la crescita demografica mondiale», in un mondo che in 40 anni passeròà da 7 a 9,3 miliardi di persone.
Il rapporto sottolinea che sono indispensabili la trasparenza delle istituzioni e l'indipendenza degli osservatori, «Soprattutto dei media dell'informazione, della società civile e dei tribunali» perchè i cittadini si impegnino a mettere in atto le politiche ambientali. Circa 120 Costituzioni degli Stati garantiscono protezioni ambientali, ma in numerosi paesi queste leggi e disposizioni costituzionali non vengono applicate.

«E' urgente agire in maniera audace a livello mondiale in favore dello sviluppo sostenibile - evidenzia l'Undp - D'altronde, le iniziative locali dirette alle comunità povere possono rivelarsi sia molto economiche sul piano finanziario che benefiche per l'ambiente». Il rapporto fa alcuni esempi. In India il costo della legge nazionale sulla garanzia del lavioro nelle zone rurali è stimato in circa lo 0,5 % del Pil per il 2009, di questa iniziativa hanno beneficiato 45 milioni di famiglie, cioè un decimo della manodopera del Paese, anche se va detto che l'Undp sorvola sui casi di corruzione e di ruberie locali che minano l'efficacia dell'iniziativa.

I programmi Bolsa Familia in Brasile e Oportunidades in Messico costano ai governi circa lo 0,4% del Pil , ma forniscono una rete di sicurezza economica a circa il 20% delle popolazioni di quei due grandi Paesi.

Secondo il rapporto «Il degrado incontrollato dell'ambiente, dalla siccità nell'Africa subsaharina all'aumento del livello dei mari nei Paesi pianeggianti come il Bangladesh, potrebbe provocare un aumento dei prezzi delle derrate alimentari fino al 50% ed annullare gli sforzi messi in opera per facilitare l'accesso all'acqua, ai servizi igienici ed all'energia per diversi miliardi di persone».

Nel quadro dello scenario "environmental challenge", che tiene di conto degli effetti del global warming sulla produzione di cibo e sull'inquinamento, nel 2050 l'Hdi sarebbe in media del 12% in meno in Asia meridionale e nell'Africa sibsaharina, rispetto allo scenario base. Considerando lo scenario peggiore, "environmental disaster", che comprende una deforestazione massiccia, un considerevole declino della biodiversità e la moltiplicazione dio fenomeni meteorologici estremi, l'Hid mondiale calerebbe del 15% rispetto alle proizioni di base per il 2050, con cali più forti nei Paesi più poveri.

Gli autori concludono : «Il degrado dell'ambiente potrebbe compromettere gli sforzi messi in atto durante decine di anni per sviluppare l'accesso all'acqua, ai servizi igienici,all'elettricità nelle comunità più povere del pianeta. Queste privazioni assolute, importanti in sè, costituiscono anche delle grandi violazioni dei diritti umani».

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