[12/01/2012] News

Il Nepal non vuole i finanziamenti per i semi Monsanto: ĞDateci il soldi per coltivare il nostro mais ibridoğ

La società civile nepalese si oppone all'attuazione di un progetto di partnership, annunciato ufficialmente il 13 settembre 2011, tra US Agency for international development (Usaid), la multinazionale Monsanto ed il governo del Nepal, che punta ad incrementare la produzione di mais utilizzando sementi ibride importate.

Un'intenzione teoricamente lodevole in un Paese dove il 41% della popolazione è sotto-alimentato. Le Ong nepalesi appoggiano la ricerca di una soluzione locale ed hanno trovato anche appoggi politici, come quello di Hari Dahal, portavoce del ministero dell'agricoltura e delle cooperative che, durante un dibattito parlamentare sulla sovranità alimentare, ha detto: «Se un'organizzazione come Usaid vuole collaborare con un'impresa come Monsanto per sostenerci, potrebbe almeno aiutarci a sviluppare le nostre varietà ibride, invece delle sementi straniere».

Il progetto pilota di Usaid prevede che i contadini possano procurarsi le sementi ibride (in Nepal sono autorizzate alla vendita 16 varietà) a pezzi sovvenzionati e di avere una formazione per utilizzarle al meglio, secondo gli agricoltori del distretto di Nawalparasi, la sovvenzione offerta per comprare sementi Monsanto coprirebbe il 75% dei costi.

Il mais fa parte integrante della dieta dei nepalesi, in particolare nella regione collinare centrale, produttrice di mais, ma dove la popolazione vive nell'insicurezza alimentare. Il progetto si rivolge in effetti 20.000 agricoltori dei distretti di Kavre, di Chitwan e di Nawalparasi, situati lungo le basse terre della regione del Terai, vicino alla frontiera indiana, e dove si pratica la coltivazione commerciale del mais. Secondo Usaid in Nepal si coltiva solo la metà del mais necessario, con un deficit annuo di 135.000 tonnellate. Il mais viene soprattutto utilizzato nella crescente industria dell'alimentazione animale e le sementi ibride sono le più richieste.

Gli oppositori della partnership dicono che questo progetto equivarrebbe «A rimpiazzare la dipendenza attuale dalle importazioni di mais con una dipendenza di fronte alle sementi straniere », come spiega l'agenzia umanitaria dell'Onu Irin. Secondo il governo, «Il Paese ha avuto bisogno, nel 2011, di 22.656 tonnellate di sementi di mais». Comunque la Monsanto dal 2004 esporta sementi di mais ibride, ma le sementi frutto di importazioni registrate contano per meno dell'1% del totale. Kiran Dahal, rappresentante in Nepal l della multinazionale, «Quasi il 100% delle sementi della Monsanto sono utilizzate per fornire l'industria dell'alimentazione animale. Gli agricoltori possono tuttavia decidere a chi vogliono vendere il mais ed a cosa servirà».

La Monsanto ha una brutta reputazione anche in Nepal, dove le Ong locali la chiamano "Golia delle biotecnologie" e cercano, anche attraverso la pagina Facebook "Stop Monsanto in Nepal", di ostacolare la sua espansione. Le preoccupazioni più grandi riguardano la scomparsa delle sementi locali, la dipendenza dalle importazioni delle sementi ed i danni causati al suolo ed alle comunità locali. «La presenza della Monsanto in Népal non è stata né annunciata né pubblicizzata ed era passata praticamente inosservata fino ad oggi - sottolinea Sabin Ninglekhu, uno degli organizzatori della campagna su Facebook - Onestamente, non sapevamo che Monsanto fosse presente nel Paese prima dell'annuncio di Usaid».

La Monsanto è temuta per i suoi prodotti transgenici e le Ong nepalesi ricordano ad Usaid che anche negli Stati Uniti la multinazionale è sotto accusa per aver provocato danni ambientali e sanitari e per "furto" di sementi brevettate. «Se il progetto si concretizzerà - spiega Irin - sarà la prima volta che un donatore di fondi sovvenziona i prezzi di sementi ibride ad un tale livello in Nepal».

Negli ultimi 10 anni gli agricoltori commerciali delle Basse Terre, attratti dal potenziale guadagno superiore, hanno cominciato ad utilizzare diverse varietà di ibridi. Il ministero dell'agricoltura di Katmandu ha sottolineato che non esiste nessun rapporto dettagliato sulla diffusione e il rendimento a lungo termine delle coltivazioni da sementi ibride in Nepal. Alcuni dati preliminari sono stati ottenuti nel 2011 nei distretti di Nawalparasi e di Palpa, l'ufficio per l'Asia Meridionale dell'International maize and wheat improvement center (Cimmyt), che a sede proprio a J Katmandu, dice che «il rendimento delle sementi ibride raggiungerà 1,5 tonnellate per ettaro, contro 0,8 tonnellate per ettaro per le varietà locali ad impollina mento libero».

Ma diversi agronomi e ribattono che spesso gli ibridi di seconda generazione non hanno un rendimento davvero buono come quelli di prima generazione e gli agricoltori sono costretti così ad acquistare nuove sementi all'inizio di ogni stagione agricola.

Le Ong nepalesi chiedono il blocco delle importazioni delle sementi Monsanto, ma il loro vero obiettivo è quello di accrescere ugualmente la produzione utilizzando sementi locali ed investendo più denaro nella ricerca e nello sviluppo agricoli. Ninglekhu lo dice chiaramente ad Irin: «Abbiamo utilizzato l'affare Monsanto per aprire il dibattito sulla visione dell'agricoltura difesa dal ministero, la sua comprensione della sicurezza alimentare e della sovranità delle sementi e le politiche messe in opera per raggiungere questi obiettivi. Monsanto non è la sola opzione».

L' International food policy research institute (Ifpri) e il Nepal agricultural research council (Narc) sottolineano l'aspetto politico della vicenda: «Fino al 2011, 5 anni dopo la firma dell'accordo di pace globale che ha messo fine ad un decennio di guerra civile, il clima politico del Nepal resta fragile. I ministeri dell'agricoltura e delle scienze non hanno il potere, la capacità i la continuità necessari alla messa in opera di un programma nazionale di ricerca e sviluppo agricoli a lungo termine». Lo stesso Narc, il principale organismo governativo dedicato a questo tipo di ricerca, dal 1991 è riuscito a produrre solo due ceppi di mais ibridi, uno dei quali non viene utilizzato dai produttori di sementi perché non è considerato alido dal punto di vista commerciale, mentre l'altro non è stato ancora approvato. Intanto la rarefazione delle sementi locali ad impollinazione libera, che possono essere utilizzate una stagione dopo l'altra, rende sempre più vulnerabili alla volatilità delle importazioni i contadini nepalesi. Durga Lamichhane, un produttore commerciale di mais a Gaidakot, distretto di Nawalparasi, spiega all'Irin: «Le nostre sementi locali sono sul punto di sparire. Se, per qualche ragione questo succedesse, noi non riceveremmo queste sementi ibride, ci ritroveremmo in una situazione di emergenza». Infatti gli agricoltori commerciali conservano sempre meno le sementi locali e preferiscono acquistare sementi ibride o migliorate.

Andrew McDonald, un agronomo del Cimmyt, è però convinto che non sia realistico chiedere di bloccare completamente le importazioni di sementi: «Il Nepal non è il solo in questa situazione: la sicurezza alimentare di quasi tutti i Paesi dipende dalle filiere di approvvigionamento di fertilizzanti, che trascendono le frontiere nazionali». Per molti piccoli agricoltori le alternative alla Monsanto esistono: il problema non è la dipendenza dall'estero, ma piuttosto la mancanza di fondi governativi dedicati allo sviluppo ed alla salvaguardia delle varietà ibride nepalesi, «Se la promozione delle varietà ibride è importante per migliorare la produzione e la redditività del mais in Nepal - evidenzia McDonald - la decisione di Usaid di associarsi esclusivamente con Monsanto è discutibile. Non credo che Usaid dovrebbe scegliere i "vincenti" decidendo di lavorare con un solo produttore di sementi in un settore di mercato dove sono attive numerose imprese private».

Il governo di sinistra di Katmandu dopo le proteste a bloccato l'accordo. Il Natural resources and means committee del Nepal esige che il ministero dell'agricoltura presenti un rapporto che risponda alle preoccupazioni legate alla sovranità delle sementi, il documento dovrebbe essere presentato al Parlamento di Katmandu in una sessione sul tema che dovrebbe tenersi entro la fine di gennaio.
La polemica si sta facendo dura, tanto che è sceso in campo addirittura l'ambasciatore Usa in Nepal, Scott H. De Lisi, che il 2 dicembre 2011, nelle sua pagina Facebook, ha scritto una nota per dire che«il dibattito non riguarda una sola compagnia, ma l'avvenire dello sviluppo agricolo in Nepal».

Il 5 dicembre Usaid ha fatto una marcia indietro rispetto all'accordo con Monsanto e governo, che aveva pubblicato a settembre in inglese e nepalese sulla suo sito internet, ed ha rassicurato in un comunicato che il processo di consultazione è ancora in corso: «Non abbiamo ancora stabilito i dettagli del progetto e proseguiremo il processo di consultazione presso diversi gruppi, quali il settore privato, le i università, il ministero dell'agricoltura e delle cooperative, il Narc, così come i gruppi della società civile e di agricoltori. Terremo conto delle loro osservazioni al fine di mettere in atto un modello di partnership che risponda meglio ai bisogni degli agricoltori nepalesi».

Usaid ha dichiarato che «Non andrà avanti in maniera indipendente nel finanziamento di tale programma» e che «Incoraggerà il proseguimento del dialogo attuale, che fa emergere il bisogno pressante di aumentare la produzione agricola nepalese grazie alle sementi migliorate ed al perfezionamento delle pratiche di coltivazione».

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