[27/01/2012] News

Carbone: prima la Cina, ma Giappone ed Usa puntano su gas ed energie pił pulite

A quanto pare l'era del carbone cinese a buon mercato è finita: la Cina nel 2011, da esportatrice netta in soli tre anni è diventata il primo importatore mondiale di carbone (182,4 milioni di tonnellate, + 10,8%) scalzando il Giappone "nucleare" (175,2 milioni di tonnellate e meno 5,1%).

Il sorpasso cinese è stato favorito sia dalla rapida crescita che dallo stallo dell'economia giapponese, che è diventato recessione dopo il disastro nucleare di Fukushima Daiichi che, oltre a bloccare le centrali nucleari ha messo temporaneamente in stand by anche quelle a carbone e fatto crollare la produzione siderurgica.

Il recente rapporto Medium-Term Coal Market Report 2011 dell'International energy agency (Iea) sottolinea che «Qualunque evento o decisione venga presa in Cina, nei prossimi cinque anni potrà avere un effetto spropositato sui prezzi del carbone e dunque anche su quelli dell'elettricità in tutto il mondo. Per capire perché, basta pensare che il mercato domestico cinese è grande più di tre volte gli scambi internazionali di carbone».

Il primato cinese sembra destinato a rafforzarsi perché mentre Pechino importerà sempre più carbone, il Giappone, in difficoltà con il nucleare e con il contenimento delle emissioni di gas serra si sta rivolgendo ad altri fonti energetiche e kla cosa potrebbe cambiare molti equilibri economici e geopolitici.

Il ministro egli esteri russo Sergei Lavrov, in un'intervista all'agenzia giapponese Kyodo, ha sottolineato che «Per quel che riguarda l'energia, con tutta evidenza, la cooperazione in questo settore può diventare uno dei fattori più importanti per il rafforzamento delle relazioni russo-giapponesi. La realizzazione di progetti congiunti nell'Estremo Oriente russo, compresa la costruzione di un impianto di liquefazione del gas natural, così come la realizzazione di un impianto di trattamento del gas nel territorio di Primorie, potrebbero ugualmente migliorare il dialogo tra Tokyo e Mosca». Dialogo non sempre facile a causa delle Isole Curili occupate dai russi e che i giapponesi rivorrebbero indietro

Lavrov ha ricordato che «In seguito al sisma ed allo tsunami dell'11 marzo 2011, che ha provocato l'incidente alla centrale nucleare di Fukushima, il presidente Dmitri Medvedev ed il primo ministro Vladimir Putin si sono pronunciati per fornire un'assistenza alle autorità ed al popolo giapponesi, compreso un aiuto per limitare le sequele di catastrofi ed una cooperazione nella sicurezza nucleare. Speriamo che l'assistenza della Russia aiuterà, almeno in una certa misura, a minimizzare l'impatto psicologico, economico e radioattivo che la catastrofe dell'11 marzo 2011 ha avuto sul popolo giapponese».

Che questo strano intreccio di carbone ed energia riguardi tre Paesi, Cina, Russia e Giappone, che hanno fatto del nucleare un totem (restando pesantemente tributari dalle energie fossili) sembra un dettaglio che non interessa nessuno.

Intanto le compagnie che stanno partecipando allo sfruttamento del grande giacimento gasiero di Chtokman, nell'Artico russo, esaminano la possibilità di fornire gas naturale liquefatto (Gnl) al Giappone. Il giacimento di Chtokman, nella piattaforma continentale del Mar di Barents, è tra i più grandi campi gasieri del mondo, con riserve stimate in 3.800 miliardi di m3 di gas e 37 milioni di tonnellate di condensato di gas. Al suo sfruttamento sta lavorando la compagnia Shtokman Development AG, fondata nel 2008 e con quote ripartite tra Gazprom (51%), la francese Total (25%) e la norvegese StatoilHydro (24%).

Il capo di Gazprom, Alexei Miller, ha detto durante una conferenza stampa: «E' evidente che il Giappone costituisce uno dei possibili mercati per la fornitura di Gnl. Il mercato giapponese del Gnl è il più grosso al mondo. Tenuto conto della decisione del governo giapponese di ridurre la produzione di energia nucleare, il bisogno di quel Paese in Gnl non farà che aumentare. Così la possibilità di fornire al Giappone Gnl, proveniente dal giacimento di Chtokman è esaminata dai partecipanti al progetto».

Tempi duri per il carbone anche negli Stati Uniti: l'Annual Energy Outlook 2012 dell'Energy information agency (Eia) Usa conferma che l'America sta lentamente uscendo dalla dipendenza dal carbone e diminuisce l'importazione di petrolio. Il rapporto Eia evidenzia un calo della quota di mercato del carbone dal 44 al 39% tra il 2010 e il 2035.

I rapporti dell'agenzia Usa solitamente sottovalutano il declino del carbone e queste proiezioni potrebbero suggerire un calo ancora più marcato per le centrali a carbone negli Stati Uniti. L'Eia prevede che, oltre a quelli già in costruzione, nessuna nuova centrale a carbone potrebbe essere costruita negli Usa in questo periodo.

Le cause di questo repentino declino del carbone sono il gas e le energie rinnovabili e pensare che nell'Annual Energy Outlook 2008 si leggeva: «La quota del carbone aumenterà al 49 -54% tra il 2008 e il 2030» e che «Negli Stati Uniti sarà necessario installare 263 GW di nuova capacità produttiva in questo periodo e il 40% sarà a carbone».

Secondo Bruce Nilles, senior director della campagna "Beyond Coal" di Sierra Club, «Però, ancora oggi, le proiezioni dell'Eia sono ancora troppo rosee per il carbone. Mentre l'Eia stima che nel corso dei prossimi 25 anni andranno in pensione circa 33.000 megawatt di centrali a carbone esistenti, Sierra Club ha identificato oltre 38.000 megawatt di centrali a carbone esistenti che sono state chiuse o hanno annunciato un imminente dismissione dal gennaio 2010 e si prevede a breve. Ci sono circa 340 mila megawatt di carbone negli Stati Uniti a partire dal gennaio 2010. I dati dipingono un futuro migliore in cui le miniere di carbone, la combustione e le discariche di ceneri di carbone non mettano a repentaglio migliaia di comunità negli Stati Uniti. Il carbone è stato sostituito con scelte energetiche più pulite. Al Sierra Club stiamo facendo gli straordinari per contribuire ad accelerare questa tendenza, prevenendo la costruzione di nuove centrali a carbone, con il ritiro e la sostituzione degli impianti a carbone esistenti con l'energia pulita e mantenendo le ampie riserve di carbone Usa fuori dei mercati mondiali».

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