[30/01/2012] News

Riforma della legge sui Parchi, ancora botta e risposta tra associazioni

Fai, Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness e Wwf: «La conservazione della natura nostro unico interesse»

Fai, Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness, Wwf, dopo le dure critiche di Legambiente e Federparchi, tornano a difendere il loro appello pubblicato sui maggiori quotidiani nazionali. Per fermare la riforma della legge quadro sulle aree naturali protette e spiegano che «Ha il solo ed esclusivo interesse di garantire la conservazione della natura quale finalità prevalente dell'istituzione dei Parchi. E' questo da sempre il nostro unico interesse". Non condividiamo le proposte di riforma della Legge 394/1991 in discussione alla Commissione ambiente del Senato per almeno 4 motivi:  1.  perché verrebbero rivisti gli equilibri, in modo evidente e comprensibile anche per i non addetti ai lavori, tra coloro che rappresentano negli enti di gestione interessi nazionali generali e chi rappresenta interessi particolari e privati. Nessuno intende contrapporre i legittimi interessi delle comunità locali alle esigenze di tutela della natura ma è quanto mai opportuno nel nostro Paese assicurare il rispetto di quella gerarchia di valori ribadita in più occasioni dalla Corte Costituzionale per la quale la tutela dell'ambiente dovrebbe prevalere sempre su qualunque interesse economico privato.  2. è piena d'insidie la distinzione artificiosa che si vorrebbe introdurre tra attività venatoria e controllo della fauna selvatica, pur con la supervisione dell'Ispra, l'Istituto di ricerca del Ministero dell'Ambiente. Si prevede di fatto un diretto coinvolgimento dei cacciatori nella gestione della fauna all'interno delle aree naturali protette. La normativa attuale già consente interventi da parte degli Enti Parco per la gestione dei problemi che alcune specie, essenzialmente il cinghiale, possono determinare se presenti in sovrannumero. La riforma prevista rischia di aprire le porte alla caccia nei parchi per interessi lontani dalla conservazione della biodiversità nel nostro paese.  3. manca  inoltre, come indispensabile premessa ad ogni ipotesi di riforma della Legge attuale, una seria analisi dei problemi nella gestione dei parchi in relazione al ruolo centrale che dovrebbero svolgere per la tutela della natura. Risale infatti al 2002, cioè alla seconda Conferenza nazionale sulle aree naturali protette di Torino, l'ultima occasione di ampio confronto e dibattito sul nostro sistema nazionale di parchi e riserve naturali.  4. c'è infine da rilevare che in assenza di una seria valutazione sullo stato delle nostre aree naturali protette le proposte di riforma della Legge entrano esclusivamente nel merito delle rappresentanze negli Enti di gestione, delle procedure di nomina di Presidenti e Direttori, di possibili meccanismi di finanziamento attraverso royalty che rischiano di determinare pesanti condizionamenti nella gestione delle risorse naturali dei territori protetti e nella gestione della fauna attraverso un discutibile quanto inopportuno coinvolgimento del mondo venatorio».

Per questo le 5 associazioni «Auspicano una pausa di riflessione nel processo di riforma in atto per dare, nei tempi e modi opportuni, l'avvio ad un serio ed approfondito confronto sul futuro dei parchi con il solo obiettivo di assicurare una loro gestione più efficace per la conservazione del nostro patrimonio naturale».

Ma da due dei protagonisti della riforma della legge, i senatori Ecodem, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, era già venuta una risposta sferzante: «Wwf e Lipu, hanno una storia troppo gloriosa per ridursi a fare il verso alle varie corporazioni che in questi giorni, dagli avvocati ai farmacisti, spendono un sacco di soldi per acquistare pagine di pubblicità sui giornali con cui gridare contro ogni cambiamento dello status quo. Le proposte di modifica della Legge sui parchi servono a valorizzare il ruolo delle comunità locali, a coinvolgere nei progetti di tutela gli agricoltori, a dare più strumenti di finanziamento a chi governa le aree protette. La legge 394 sui parchi è un'ottima legge, che ha consentito di proteggere dal cemento e dal degrado i più bei territori italiani, ma può essere migliorata, mentre le critiche di una parte del mondo ambientalista sembrano considerarla una specie di totem intoccabile. Molte delle accuse rivolte da Wwf e Lipu sono del tutto infondate e andrebbero in realtà rovesciate, per esempio: ridurre i membri degli enti parco di nomina ministeriale vuol dire ridurre proprio la politicizzazione di questi organismi, e quanto alla caccia le modifiche proposte rendono più rigoroso il no all'attività venatoria, prevedendo che qualunque intervento di controllo faunistico nel caso dei parchi debba essere autorizzato dall'ispra. Insomma, se oggi un assessore regionale può autorizzare piani di abbattimento di questa o quella specie anche nei parchi, domani dovrà chiedere il permesso all'organismo pubblico che si occupa di tutela della fauna».

Anche per Marco Ciarafoni, responsabile biodiversità e politiche faunistiche del Pd e portavoce degli Ecologisti Democratici, «Visioni centralistiche e pregiudiziali sono dannose per i parchi italiani. I parchi potranno rafforzare la loro missione e avere futuro, se incrociano non solo i temi della conservazione ma anche quelli dello sviluppo e dell'economia verde. Per questo c'è bisogno di una nuova "governante" che renda esplicito il coinvolgimento e il protagonismo delle popolazioni locali, altro che longa mano dei partiti, e di superare i limiti registrati, per stessa denuncia dei parchi, sulla gestione della fauna. Qualunque soluzione non può naturalmente prescindere dalle indicazioni dell'autorità scientifica. Agricoltori ed enti locali non possono essere considerati un pericolo per i parchi ma importanti alleati per dare più penetrazione e più consenso all'azione degli enti gestori delle aree protette e rilanciarne ruoli e funzioni contro ipotesi, sconfitte durante il governo Berlusconi, di smantellamento e derubricazione. Hanno ragione Federparchi, Coldiretti e Legambiente sulla necessità di arrivare celermente alla modifica di alcune parti della legge 394 e per questo ci auguriamo che sul pacchetto delle proposte all'esame del Senato si possa tornare a dialogare con maggiore serenità e senza prevenzione».

Secondo Vittorio Ducoli direttore del Parco Naturale Paneveggio - Pale di San Martino, la 394/91 «E' stata ed è sicuramente una ottima legge» che ha cambiato in meglio le politiche ambientali del Paese e di molte regioni.  «Non devono essere taciuti, anzi, in una prospettiva di riforma della legge devono essere evidenziati, gli aspetti che hanno meno funzionato, quelli che è stato più difficile attuare. Tra questi a mio avviso una importanza particolare lo riveste il processo di pianificazione. Soprattutto per quanto riguarda i Parchi Nazionali, il Piano del Parco ed il Piano Pluriennale Economico e Sociale rappresentavano, agli occhi del legislatore, i due pilastri su cui basare le linee gestionali dell'area protetta. Oggi si può dire che tali pilastri sono stati costruiti in pochissimi casi, e che anche in molti di quei casi rivelano la loro intrinseca fragilità. Nella maggior parte dei casi i parchi nazionali italiani sono gestiti ancora oggi in assenza di piano e di Piano Pluriennale Economico e Sociale. Dato per assodato che possa esservi stata una incapacità amministrativa e gestionale dei singoli enti ad affrontare un compito così complesso, vale forse la pena cercare di analizzare se non esistano altre motivazioni, intrinseche alla norma ed alle procedure che questa prevede, che hanno determinato tale sostanziale fallimento, soprattutto per cercare di delineare possibili correttivi, anche alla luce di un quadro di protezione dell'ambiente che ha subito profonde modificazioni da quell'ormai lontano 1991».

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