[01/08/2012] News

Un dollaro al giorno di Giovanni Porzio

Le carestie, le guerre, i bambini che muoiono ancora di colera e di altre malattie debellate ormai da decenni nei paesi sviluppati, i quartiere delle bambine prostitute ci appaiono come dei mondi lontani anni luce, quasi paralleli, con cui difficilmente possiamo avere dei legami e condividere un destino umano. In verità, queste disgrazie sono direttamente collegate alle vicende della nostra civiltà, anche ai corsi dell'euro, del petrolio e delle materie prime che danno sostanza agli stili di vita che abbiamo consolidato da decenni. I flussi migratori sempre più massicci causati dai conflitti, dalle carestie, e dallo sviluppo disuguale, di cui ha grande responsabilità il mondo occidentale, sono forse l'esempio più lampante della trasformazione della società che stiamo vivendo.

Grazie al suo nuovo libro intitolato Un Dollaro Al Giorno (titolo suggerito dal dato della Banca Mondiale secondo cui un miliardo e mezzo di abitanti della Terra vive con un solo dollaro al giorno), il giornalista Giovanni Porzio ci fa sentire più vicino a queste terre e a queste persone: lui, infatti, a differenza della maggior parte di noi che si ferma davanti alla tv a guardale - in mezzo a servizi sulle sfilate di moda, dichiarazioni di politici o presentazioni di ricette culinarie-, le va a conoscere direttamente e lo fa da quarant'anni tanto da aver accumulato un'infinità di storie e reportage, anche di valore antropologico, che hanno bisogno di essere raccontate al grande pubblico. Nelle 235 pagine di questo libro, l'analisi alle economie più povere di Africa, Asia, America Centrale e del Sud fa da sfondo al racconto di storie e vicende emblematiche dell'umanità emarginata che, in qualche modo, ci devono riguardare, in un mondo sempre più globalizzato in cui i destini di ogni popolo e civiltà inevitabilmente s'incrociano.

Conosceremo, allora, Salman che vive in una delle discariche di computer e materiali elettronici più grandi del mondo. Dove tutto è tossico e l'unico lavoro possibile è passare ore a smantellare vecchie tastiere, schede madri, hard disk e altro materiale altamente inquinante per recuperare metalli rari da riciclare e guadagnare qualche centesimo. Siamo in un sobborgo di Karachi, Pakistan, e la storia del piccolo Salman non è altro che uno dei tanti volti della povertà di questo paese polveriera diventato la culla dei fondamentalismi.

Aziz, invece, si fa di eroina comprata a prezzi stracciati e abita in una grotta sulla riva del fiume Kabul, divenuto ormai una fogna a cielo aperto. Vende le lattine di Pepsi e aspetta i soldi del fratello Habib, ricercatore di smeraldi in una zona remota dell'Afghanistan. Fatma è palestinese, ha cinquantacinque anni e vive con la famiglia e i suoi numerosi figli in un cimitero di Gaza. Nel claustrofobico lembo di terra con la densità di popolazione più alta del pianeta, Fatma ha dovuto subire il progressivo impoverimento a causa del conflitto e delle vessazioni israeliane. Alla sua famiglia sono state sottratte la casa e la terra e i suoi figli non riescono più a trovare lavoro a causa del blocco e del muro di separazione. Eppoi, le migliaia di bambini che non hanno mai messo piede in una scuola, che trovi, invece, spesso nelle discariche dove scavano tra i rifiuti tossici alla ricerca di materiale riciclabile (e non sono pochi quelli che si accasciano stecchiti sul posto di lavoro). E il sangue che scorre ancora fra le ferite delle terre del Sudan abitato da quasi 600 differenti etnie, la fame e la sete di tutto il popolo etiope segnato dalle lunghe carestie e da un'inutile guerra con l'Etiopia e il femminicidio senza tregua nella narcocittà messicana di Ciudad Juarez, regno assoluto della criminalità e della corruzione, etichettata ormai come la "città della morte".

Dall'Afghanistan all'India, dal Sud Sudan all'Etiopia, dal Messico al Guatemala, un viaggio infernale in tutti i Sud del Mondo che maggiormente risentono del modello di iniqua distribuzione delle ricchezze a livello globale. Un viaggio faticoso ma necessario per il lettore di 235 pagine in cui sono condensate le cronache di questa lunga maratona della sofferenza umana. Un intreccio di storie che, messe una dopo l'altra, compongono una sorta di lungo reportage adatto a descrivere i meccanismi della crisi finanziaria internazionale, del depauperamento e della devastazione delle risorse naturali, dell'inarrestabile processo in atto con i mutamenti climatici. Ma anche nelle situazioni più disperate, in cui la violenza e l'abiezione la fanno da padrone, il tratto che accomuna la narrazione di questo interessante racconto a più voci è la descrizione di una umanità dalle mille sfaccettature, non rassegnata e desiderosa di riscatto.

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